Il ritiro: rinuncia o coraggio?

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grantuking Utente donatore Donatore
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Re: Il ritiro: rinuncia o coraggio?

Messaggio da grantuking »

Belle parole @francescodiani, c'è sempre tempo per fare gli eroi =;
21km 1:33:34 ('18) - 30km 2:45:41 ('16) - 42km 3:27:40 ('19) - 50km 4:57:44 ('19) - 100km 13:20:10 ('19) Finisher: 11 Ultra - 23 Maratone - 50 di Romagna - Pistoia Abetone - Passatore - GTC55 - UMF - LUT
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zeromaratone
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Re: Il ritiro: rinuncia o coraggio?

Messaggio da zeromaratone »

Hai fatto bene Francesco !
Non aggiungi nulla al tuo fantastico curriculum, anzi !
Poi certo a un certa età devi riguardarti ... :D
Dal 2014:18 maratone, 6 stars finisher; 2018 100km del Passatore, Ironman70:3
I miei libri: Il Passatore da zero https://tinyurl.com/er5tzd3z +il mio blog [url]https://zeromaratone.blogspot.com[/url]
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oscar56
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Re: Il ritiro: rinuncia o coraggio?

Messaggio da oscar56 »

Sia in allenamento che in gara se senti il bisogno di fermarti sia per problemi fisici che mentali (anche solo mentali), fermati e non ti fermerai la prossima volta!
dal 2012 5K 24'48 - 10K 52'40"- Mezza 1h57'45
1986 5K 16'15-10k 34'28-Mezza 1h24'14"-30km 2h15'12 (MI-PV)
Adesso 7 al km e amen :thumleft:
http://www.parkrun.it/milanonord/
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shasha74 Utente donatore Donatore
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Re: Il ritiro: rinuncia o coraggio?

Messaggio da shasha74 »

francescodiani ha scritto: 28 mag 2019, 22:46 Nel caso specifico ho comunque portato a casa la medaglia di un’ultramaratona di 48 km e l’attribuzione ufficiale di Supermaratoneta con la mia 50ma Maratona.
Il lato positivo in tutte le cose c'è....come ti ho già detto sei un grande in tutte le situazioni. :mano:
Vado dritto e sicuro, prendo la strada che non fa nessuno. Giuro che vado piano e quando arrivo, promesso, ti chiamo.
dal 11/10/15 36x42
2024 42k Bologna 3h16’03” … Passatore e P-A :afraid:
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tomaszrunning
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Re: Il ritiro: rinuncia o coraggio?

Messaggio da tomaszrunning »

Dal libro di Gastone Breccia La fatica più bella :
"Il momento giusto per abbandonare è prima che sia troppo tardi. Sembra una battuta o un gioco di parole; è invece uno dei migliori consigli che si possano dare a chiunque affronti una maratona. Il momento giusto è tra il ventesimo e il ventottesimo chilometro: ovvero, prima di costringere i muscoli a sopportare uno sforzo tale da danneggiare i tessuti in profondità, e costringere poi l’atleta a un lungo recupero.
Non bisogna dimostrare niente. Nemmeno chi è alla sua prima esperienza: trascinarsi per tutta l’ultima parte della gara serve solo a farsi del male, a volte a perdere il senso stesso della corsa, e sempre a smarrire la bellezza del gesto atletico, che esiste anche alle andature più tranquille, purché si mantenga un certo equilibrio tra affaticamento ed efficienza (...)
Anche se siete in testa alla gara podistica di paese, per la verità, può valer la pena soffrire per godersi poi un arrivo a braccia alzate. Ma non capita spesso, anzi a moltissimi runners non capita mai. Allora datemi retta: non dovete far vedere a nessuno quanto siete «tenaci», quanto siete in grado di sopportare la sofferenza. Se quello è il vostro scopo, ci sono altri modi. Tenete in mano un cerino acceso come fa Peter O’Toole in Lawrence d’Arabia, camminate di qui al Polo Nord trainando una slitta con un cane sopra, mangiate cinquecento uova sode. Divertitevi altrimenti, se vi diverte davvero: il Guinness Book of Records è pieno di esempi più o meno eccentrici di forza, resistenza, caparbietà. Una maratona è un’altra cosa: è atletica, è un gesto naturale portato al suo limite, o meglio al limite a cui ciascun corridore può arrivare sfruttando all’estremo le proprie qualità psicofisiche; è ricerca del bello e del vero, perché questo è il risultato di un allenamento ben concepito e ben eseguito, un corpo che si muove nello spazio in maniera armonica, e che raggiunge dei risultati esclusivamente sulla base delle forze che è in grado di sviluppare con i muscoli e dominare con la mente.
Sbagliare è umano. Capita anche ai più esperti, e in molti modi. Ci si può illudere sulle proprie capacità, impostando la gara su un ritmo troppo rapido; si può sottovalutare l’importanza dell’alimentazione nell’ultima settimana; sbagliare orario di viaggio; bere un caffè di troppo il sabato sera e passare la notte in bianco; mettere scarpe nuove, e soffrire per le vesciche. Il campionario tra cui scegliere è ampio, e non è detto che ci si accontenti di un solo prodotto (...)
Capisco il desiderio di mostrare a se stessi e al mondo la propria forza di volontà: ma è un errore, non soltanto perché mette il fisico del maratoneta a rischio senza alcun vero scopo, ma perché significa snaturare il senso della corsa. Che non è semplicemente arrivare dal punto a al punto b comunque sia, ma di arrivarci il più velocemente possibile in relazione alle proprie capacità. Anche l’amatore più tranquillo, che si è allenato per concludere una maratona in poco più di quattro ore (al ritmo di 6’ al chilometro, quindi), può sbagliare qualcosa, o semplicemente non trovarsi nelle condizioni ottimali per affrontare quella gara in quel giorno, e purtroppo può rendersene conto non prima della partenza, ma verso metà percorso: a quel punto, piuttosto che trascinarsi fino al traguardo a un ritmo più lento, costosissimo in termini sia fisici che mentali, farebbe meglio a fermarsi, analizzare i motivi che gli hanno impedito di rispettare le proprie aspettative, e ritentare qualche settimana o qualche mese dopo (...)
Quello che so, perché l’ho imparato a mie spese – come capita a tutti i maratoneti – è che ci sono giorni in cui è meglio ritirarsi in buon ordine, piuttosto che insistere a tutti i costi. Mi sento di consigliare una regola di facile applicazione: se vi capita di andare in crisi prima del trentesimo chilometro – ovvero: se non riuscite in alcun modo a mantenere l’andatura, e siete costretti a rallentare sensibilmente e bruscamente – allora lasciate perdere. Non continuate a correre male; non è per questo che vi siete allenati. Avete sbagliato qualcosa, non è raro nella vita: cercate di capire l’errore per non ripeterlo, ma non insistete. Never reinforce failure è una delle regole d’oro della strategia, un principio che è saggio applicare in ogni campo. A nessuno fa piacere una sconfitta, è ovvio ed è giusto: ma non dovete farne un dramma, non dovete accusare voi stessi di essere stati poco coraggiosi o poco determinati. Avete soltanto preso atto del fallimento di un giorno. Tornerete ben presto a correre con più entusiasmo e più consapevolezza dei vostri limiti.
La sconfitta fa parte del gioco: quello che importa è non perdere di vista il senso della corsa, che, ripeto, è un corpo umano spinto a muoversi alla massima velocità di cui è capace in relazione alla distanza che deve percorrere. Non lasciatevi catturare dalla retorica del «farcela a tutti i costi»: non appartiene alla disciplina della corsa di resistenza, che è durissima di per sé, e può insegnare molto solo se la si comprende e la si vive nel modo giusto(...)
Immagine
21K 1:35'41" 18/1/15 Torre del Lago
42K 3:27'06'' 14/12/18 Pisa
Pistoia Abetone 6:37'58" 26/06/22
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NicoBo
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Re: Il ritiro: rinuncia o coraggio?

Messaggio da NicoBo »

tomaszrunning ha scritto: 25 dic 2022, 23:33 Dal libro di Gastone Breccia La fatica più bella :
.....
Capisco il desiderio di mostrare a se stessi e al mondo la propria forza di volontà: ma è un errore, non soltanto perché mette il fisico del maratoneta a rischio senza alcun vero scopo, ma perché significa snaturare il senso della corsa.....
Di contro posso dire che il momento migliore per ritirarsi da una gare è semplicemente "non farla".

Chiunque arrivi a correre una maratona (massima stima perchè io sono a zero :mrgreen: ) deve completarla per due motivi:

1) perchè la sconfitta si ripercuote anche nella vita, soprattutto quando sei un ragazzo..farai la stessa scelta anche quando dovrai combattere per qualcosa che ti spetta di diritto.
Lo sport è formativo... devi arrivare al traguardo anche strisciando, ma ci devi arrivare! Devi dare un senso a tutti i sacrifici fatti per partecipare. Non ha importanza il podio ma ha molta importanza terminare l'obiettivo.

2) perchè la seconda volta saprai esattamente a cosa andrai incontro e potrai scegliere di non partecipare.
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CarloR Utente donatore Donatore
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Re: Il ritiro: rinuncia o coraggio?

Messaggio da CarloR »

La sconfitto fa parte della vita ed è importante saperla affrontare.
Forse l'aver fatto per anni sport di squadra, dove si perde o si vince sempre, me la fa vedere in modo diverso ma non ci vedo nulla di drammatico nel ritirarsi nè tantomeno nulla di eroico nel portarla a termine.
Detto questo secondo me tra il ritirarsi e il finirla strisciando è molto più onorevole il ritiro.
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Arla Utente donatore Donatore
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Re: Il ritiro: rinuncia o coraggio?

Messaggio da Arla »

Onorevole nonché salutare!
Lo sport secondo me è molto formativo non perché insegna ad arrivare in fondo a tutti i costi ma proprio perché insegna anche a gestire la frustrazione della sconfitta, dell'imprevisto (vedi infortunio) e della realizzazione dei propri limiti...
La cipolla è un'altra cosa...

Cantiamo a cincifrencia lilleranti!

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