Com'è stata la prima maratona?

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HappyFra Utente donatore Donatore
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Re: Com'è stata la prima maratona?

Messaggio da HappyFra »

Pelle d'oca, per ognuno dei vostri racconti!
@Crop74: non solo fai rivivere le sensazioni, sembra di essere in un quadro, leggendoti!
@monzarun: in bocca al lupo, spero che stavolta ti vada tutto benone!
La varietà di ognuno di voi nel racconto di come è andata evidenzia benissimo quanto differenti siamo, sia fisicamente che emotivamente, è molto prezioso ritrovarsi in questo, anche in uno solo di questi aspetti perché permette di capire che nonostante tutti i timori della prima volta, il traguardo lo si taglia, e molto spesso con un enorme sorriso! Grazie
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Petronio Utente donatore Donatore
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Re: Com'è stata la prima maratona?

Messaggio da Petronio »

Eh beh quella di Crop mi colpisce perché pure io di quei posti... e ne ho fatta una di 33 km qualche anno dopo che si concludeva un po' prima, ad Amalfi... quando parla di salite sono dei trattini che in auto sembrano uno scherzo ma accumulandosi uno dopo l' altro si fanno sentire. Quella prima di Amalfi era a due-tre km dall' arrivo, eravamo tutti zitti per la fatica, mi sembrava di essere uno del Titanic finito in mezzo al mare. :(
PB:
5 km : 19.15 (2009)
10 km: 35.49 (2013)
21 km: 1.24.50 (2007)
30 km: 2.09.12 (2012)
42 km: 2.59.13 (2014)
50 km: 5.21.20 (2007)
webcowboy
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Re: Com'è stata la prima maratona?

Messaggio da webcowboy »

Io alla prima mi sono ritirato al chilometro 33: infortuni muscolari a entrambe le gambe peggiorati strada facendo; doppio vomito; un tizio vestito da pellerossa che all'attraversamento di un paesino olandese mi ha seguito per almeno 200 metri dicendo 'vai, ce la puoi fare, sei un grande, non mollare!'. Infatti dopo 100 metri mi sono ritirato. Fanculo agli adduttori e anche al pellerossa.

Bene, ma non benissimo
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Petronio Utente donatore Donatore
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Re: Com'è stata la prima maratona?

Messaggio da Petronio »

Ma dov'era?
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webcowboy
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Re: Com'è stata la prima maratona?

Messaggio da webcowboy »

Maratona di Leiden, vicino ad Amsterdam
Il paesino a una decina di chilometri da Leiden, immagino: erano tutti vestiti a tema da vecchio far-west
Hanno colto l'occasione per fare una festa paesana
Io che sono misantropo patologico ho gradito meno di zero
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Petronio Utente donatore Donatore
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Re: Com'è stata la prima maratona?

Messaggio da Petronio »

:mrgreen: :mrgreen: :mrgreen: tra l' altro, un pellerossa a incitare webcowboy nun se po' sentì...
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merletto
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Re: Com'è stata la prima maratona?

Messaggio da merletto »

Bellissimo racconto... ho le lacrime 😢 @crop
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zeromaratone
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Re: Com'è stata la prima maratona?

Messaggio da zeromaratone »

webcowboy ha scritto: 27 ott 2018, 14:49 Maratona di Leiden, vicino ad Amsterdam
Il paesino a una decina di chilometri da Leiden, immagino: erano tutti vestiti a tema da vecchio far-west
Hanno colto l'occasione per fare una festa paesana
Io che sono misantropo patologico ho gradito meno di zero
Vedo che la cosa ti ha segnato profondamente tanto che ti chiami webcowboy... se vai a lavoro indossando dei Camperos possiamo parlarne ... dai è stato un trauma brutto l’indiano che ti inseguiva ma c’è di peggio ...
ho già detto che mi faccio sempre seguire da un lupo perché anch’io sono un misantropo ?
Dal 2014:18 maratone, 6 stars finisher; 2018 100km del Passatore, Ironman70:3
I miei libri: Il Passatore da zero https://tinyurl.com/er5tzd3z +il mio blog [url]https://zeromaratone.blogspot.com[/url]
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Mad_da_Genova
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Re: Com'è stata la prima maratona?

Messaggio da Mad_da_Genova »

Padova 2013, 39 km su 42 sotto la pioggia battente, un'energia pazzesca che non è mai venuta meno in tutta la gara, non ho mai camminato, allora mi sembrava un sacrilegio farlo ora so che può aiutare. 4h e 25' di pura felicità.
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fisioandrea
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Re: Com'è stata la prima maratona?

Messaggio da fisioandrea »

ve lo ripropongo.Vecchiotto (18 maratone fa) ma se avete tempo... questa era la mia prima maratona

Sabato 6 Novembre

Ore 10: sono in giro da tre ore e sveglio praticamente da sempre. Ho visto il raduno della friendship run sotto al palazzo dell'ONU e poi sono venuto a Central Park per vedere l'arrivo. Da lontano sento le sirene delle macchine di scorta ed inizio a vedere le bandiere delle varie nazioni. Si avvicinano i corridori ed in testa vedo un ragazzo italiano che prima della partenza ho soprannominato caparezza perchè ha i capelli come lui attorniato da una decina di italiani, l'andatura è da passeggiata. Con lo spannometro direi che stanno intorno ai 7'/km ma anche qualcosa in più (insomma è semplicemente un'occasione per divertirsi e far girare le gambe). Arrivati a Columbus Circle però l'agonismo prende il sopravvento e vedo una trentina (quasi tutti italiani a dire il vero) di persone buttarsi a capofitto verso il traguardo. Non so chi lo ha tagliato per primo ed a dire il vero neanche mi interessa, resto su Central Park South a godermi lo spettacolo. Ci sono due tedeschi con un cappello ed un hot dog sopra, degli olandesi vestiti da mucca. Una ragazza svizzera è una mucca anche senza travestirsi, mentre alcuni messicani cantano (ahi ahi ahi....vabbè avete capito... come si chiama... paloma blanca quella canzone?), i francesi fanno gli spocchiosi come al solito e portano in giro una torre Eiffel di cartone alta quanto quella vera.

Ore 17: ho le gambe pesantissime (lo so che camminare tutto il giorno non è stato molto intelligente ma è la prima volta che sono a NY e mica posso stare chiuso in camera come quando mia madre mi metteva in castigo) e decido che è ora di tornare in camera. Prima però devo comprare la colazione per domani mattina. Per fortuna proprio sotto la camera c'è uno di quei market americani....dai avete capito quali...quelli che su real tv finiscono sempre rapinati (a proposito, il cassiere sembrava guardarmi con aria impaurita. Devo essere stato il primo cliente a tirare fuori delle banconote invece di una pistola. Non se lo aspettava si è spaventato. Bisogna dire che certi posti però invogliano, ti viene proprio voglia di infrangere la legge...di sentirti come Clooney in un road movie). Compro dei muffin, succhi di frutta, qualche banana e della frutta secca. Arrivo in camera e mi assale l'ansia. “Oddio stanotte cambia l'ora legale” penso, “e se l'iphone sbrocca e non mi suona la sveglia?”. Tiro fuori dalla tasca un cellulare con scheda americana e faccio dieci prove. Programmo la sveglia e controllo che suoni. Bene, funziona. “E se non si aggiorna automaticamente l'orario? Forse è meglio che lo regolo manualmente ma se poi lo metto un'ora indietro e quello si aggiorna da solo mi ritrovo col telefono due ore indietro!”. Come faccio ora? In preda ad un attacco di ansia vago per il mini appartamento come un cavallo scosso al palio di Siena fino a quando l'occhio non mi cade su di una radio sveglia. Con un ghigno mi avvicino ed inizio a spippolare per cercare di capire come farla funzionare. Programmo la sveglia altre dieci volte, funziona perfettamente ma questo non placa la mia ansia. Il terrore di non svegliarmi è troppo forte, non mi calmo nemmeno pensando che col jet-lag mi sono alzato sempre alle 3 quindi non ci dovrebbero essere problemi. Mi viene in mente che al market ho visto una sveglia di quelle antiche, di plastica, con la lancettina minuscola e corta per regolare la sveglia e la rotellina zigrinata dietro. Roba anni '70 per capirci. Decido di andarla a comprare. Entro nel market, resisto per la seconda volta alla tentazione di fare una rapina, tiro fuori qualche dollaro e pago la sveglia (questa volta il tipo alla cassa non mi guarda più spaventato ma sbigottito. Venire pagato due volte di seguito deve essere troppo anche per lui). Torno in camera e decido che “a mali estremi, estremi rimedi”. Programmo tutte e quattro le sveglie, ognuna a distanza di un minuto dall'altra. Così, penso, una suonerà all'ora giusta. Speriamo.

Ore 22: ho cenato, preso la melatonina e bevuto molto per idratarmi. Preso da un attacco ossessivo-compulsivo controllo che tutto sia pronto per la vestizione mattutina. In fondo ho controllato solo 85 volte che ci sia tutto. Decido anche di sistemare il pettorale e il d-tag sui lacci delle scarpe. Accendo il portatile e mi guardo una puntata di romanzo criminale senza però capirci niente. Mentre quelli ammazzano decine di persone io nella testa ho solo: scarpe prese, calzini presi, pantaloncini presi...

Ore 23.30: la melatonina aiuta, la sveglia alle 3 la mattina pure....mi addormento.

DOMENICA 7 NOVEMBRE

ore 4.30: I Massive Attack mi svegliano con la loro “Teardrop” come fanno da più di dieci anni, non faccio in tempo a spegnere la sveglia che partono in contemporanea una musichetta midi dal cellulare, un rap orrendo dalla radio sveglia e il più classico dei “tirititi” dalla sveglia anni '70. Nella stanza c'è talmente tanto casino che sembra di stare sul sambodromo di Rio. Avevo paura di non svegliarmi ma così si rischia l'infarto secco....

Mi alzo, spengo le sveglie e vado in bagno. Mi vesto e mentre mi vesto cerco di fare mente locale. Ho tutto? Si, direi proprio di si. Inizio la vestizione a cipolla, nel primo strato (sopra l'intimo) le cose con cui correrò, poi vari strati di cose usa e getta comprate apposta. Infilo nella sacca altre due barrette che non si sa mai, le banane (neanche un gorilla affamato le avrebbe mangiate tutte ma io me le porto) che non si sa mai, una bottiglia d'acqua che non si sa mai e un pacco di biscotti. Sono talmente rinco a quest'ora che potrei dimenticare qualunque cosa senza che me ne accorga, potrei uscire senza calzoni e non me ne accorgerei (una volta mi è successo ma questa è un'altra storia).

Un ultimo giro per la stanza per vedere se ho dimenticato qualcosa. Non mi pare. Andiamo.

Apro la porta, una folata di vento gelido mi intirizzisce. Le gambe mi si gelano all'istante, “oddio ma che so uscito senza calzoni davvero?”. Mi palpo ma i calzoni ci sono, due paia. Che freddo che fa!

Ore 5: arrivo in Atlantic ave dove mi aspettano gli amici ed il taxi, camminare dieci minuti con quel freddo scalda ma che sofferenza. Arriva il taxi, saliamo e gli diciamo dove ci deve portare. Non dico come si fa normalmente con un tassista, gli dobbiamo proprio dire la strada. Gira qui, al semaforo a destra, vai verso quella piazza poi prendi la seconda uscita. Lo spirito del tom tom si sta quasi impossessando di me quando, grazie allo scarso traffico, arriviamo a Central Park, punto di ritrovo per molti pullman di maratoneti. Non riuscendo a trovare il nostro, da buoni italiani saliamo sul primo che capita facendo gli gnorri. Una volontaria sale e ci chiede nomi e pettorali, poi controlla una lista e ci indirizza al nostro pulmino (bella figura!). Saliamo dopo una corsa per non perderlo e non ci sono posti per tutti (colpa di qualche imbucato forse..i soliti italiani che fanno i furbi, non osiamo protestare e si parte).

Ore 7: arriviamo al ponte di Verrazzano, l'avvicinamento è dedicato al doping. Ci si scambiano le marmellate fatte dalle nonne (quella di visciole era favolosa), le fette biscottate e tutto quello che bocca umana possa fagocitare. C'è ovviamente molto traffico, quelli della prima wave sono nervosi ma arriviamo in tempo per la consegna delle borse. Scesi dal pulmino un vento “tipo-bora” ci accoglie insieme a dei volontari sorridenti che ci indicano la strada. Stanno sorridendo o è una “paralisi a frigor”? Questo non lo scoprirò mai perchè la temperatura ed il vento rimarranno così per molte ore.

Ore 9.35: le ultime due ore e mezza le abbiamo passate al villaggio pre-gara cercando di riparaci dal vento e dal freddo. Ho scoperto che le tute da pittore (quelle usa e getta di carta) sono una mano santa contro il freddo. Un amico ne aveva una in più. “Sono disposto a prostituirmi per quella tuta” gli ho detto in preda ad un delirio da freddo, me l'ha data. Spero non mi abbia preso in parola e non venga a cercare di riscuotere.....

nel villaggio c'è tutto il necessario, stand power bar per il gel e le barrette, stand per le ciambelle, stand per il caffè, stand per il thè....ma 'na tenda riscaldata no, eh? Tanto fanno 3 gradi, si stà bene... se sei un pinguino. Se sei un quarantenne abituato al clima mite di Roma, un po meno. Ho tutto gelato, mani, piedi e visto che l'asfalto è freddissimo e siamo seduti in terra, pure il fondoschiena. Con gli altri maratoneti si stringe amicizia, si parla di maratone, si sentono storie incredibili e si cerca di non pensare troppo alla gara ed al freddo. Si fanno i turni per andare a fare pipì, col freddo che fa ci vado quattro volte in due ore, Cesare mi guarda e mi fa “Andrè l'anno prossimo il diuretico non lo prendere”, una risata aiuta ma rischiamo di paralizzarci anche noi come quei volontari all'ingresso. Si depositano le borse e si ripassano le indicazioni degli esperti (non partire troppo forte è la più ricorrente). Una voce petulante emessa dagli altoparlanti ripete di continuo le istruzioni in cinque lingue su cosa fare e sugli orari. Poi all'improvviso il villaggio si trasforma da mercato a chiesa. Dove prima si urlava, si faceva festa e si scherzava cala (una cappa di gelo mi verrebbe da dire ma quella c'era già da prima) il silenzio.

Ore 9.40: nel silenzio assoluto.....BOOOOOOOMMMMMMMM...... dopo pochi secondi si vedono i primi runners sul ponte. Un fiume di gente che sembra non finire mai si riversa sulla salita del Verrazzano mentre quelli della seconda wave si avviano verso i corral. L'emozione è forte per tutti, due ragazze vicino a me si iniziano a spogliare. Dicono che bisogna iniziare per abituare il corpo. Bhò..... però sembrano molto convinte e le seguo. Mi tolgo la tuta di carta, poi dopo cinque minuti mi tolgo la tuta (che sembra di carta pure quella, comprata a 15€ al mercato che pretendi?), poi la felpa e i pantaloni della tuta.

Ore 10: entriamo nel corral e dentro mi tolgo la maglia a maniche lunghe (ve lo avevo detto che ero vestito a cipolla). Siamo nel penultimo corral dell'ultima wave, me potevano dà le chiavi del camion scopa già che c'erano... una volta dentro però c'è la possibilità di avanzare, diciamo che molto è lasciato alla buona volontà dei runners, noi siamo italiani quindi ne approfittiamo subito. Camminiamo su montagne di roba in terra risalendo il plotone finchè è possibile. Mentre risaliamo la corrente come salmoni nel periodo della riproduzione.....BOOOOOOOOOMMMMMMM... parte la seconda wave, questo distrae molti e ne approfittiamo per fare altri dieci metri avanti.

Ore 10.30: ci fanno avvicinare alla partenza, superiamo qualche runner lento nel muoversi e passando sui vestiti accumulati ci portiamo quasi in testa alla wave costeggiando i pullman parcheggiati sulla strada che porta al ponte. Ci fermiamo a dieci metri dalla partenza, c'è silenzio. Qualcuno chiama gli amici, altri si fanno coraggio a vicenda. Lo speaker legge i ringraziamenti e ci dice qualche frase di incoraggiamento

Ore 10.39: ci fanno avvicinare alla linea di partenza, lo speaker (dal villaggio non si sentiva) urla “are you ready to run?” la risposta è uno “yeahhhhhhhhhhhhhhh” di 15000 persone.

Ore 10.40: BOOOOOOOOOMMMMMM

Dopo il colpo di cannone inizia “New York, New York” di Frank Sinatra. Si parte. Faccio in tempo a dare una pacca sulle spalle a Cesare e siamo già sulla salita del ponte. Ragazzi è una salita dura, lunga 1.6 km e il primo km è ripido, poi spiana leggermente. Mentre corro mi volto a destra e mi godo la vista, Manhattan è lì che ci aspetta. Sembra vicina quasi da poterla toccare allungando una mano ma allo stesso tempo la consapevolezza di cosa è appena iniziato la fa apparire quasi irragiungibile. Corro sul ponte, urliamo, salutiamo i fotografi. C'è un vento teso e gelido che ci accompagnerà per tutta la maratona ma ormai non sento più nulla, 3 o 33 gradi in questo momento non mi farebbero nessun effetto. Non mi sembra vero, un anno fa ero sdraiato sul divano a sgranocchiare patatine davanti alla tv e quando hanno fatto vedere la partenza ho pensato ”questi so matti” ed ora il matto sono io. Matto, felice come forse solo un matto può essere. Quando il ponte è quasi finito mi tolgo l'ultima maglia a maniche lunghe e resto in canotta con la maglia aderente sotto. Fa freddo, lo sento ma non mi preoccupa.

L'ingresso a Brooklyn è meraviglioso. Migliaia di persone lungo la strada urlano, tifano, si divertono. Gruppi jazz e blues suonano praticamente ad ogni angolo. Io in mano ho un polsino tricolore, vedo un gruppo di bambini (avranno 5 o 6 anni) ed uno di loro urla “Go Endria!”. Ok, ha storpiato il mio nome ma è il primo che mi incita, mi avvicino e gli tiro il polsino. Vedo che lo prende al volo (penso che sono anni che non vedo fare una parata di quel livello ad un portiere della Roma) e mi urla “wowwwwwwww italiaaaaaaaa”.

Primi 10 km: scesi dal ponte, una via lunga e dritta, praticamente piatta, porta verso nord. Migliaia di persone sulla strada.Tra di noi quello che riscuote più successo è Oscar, tantissimi urlano il suo nome e mentre corriamo ci scherziamo su.La prossima volta mi scrivo Oscar pure io! Ringraziamo con ampi gesti delle mani, diamo il “cinque” ai bimbi che si sporgono, facciamo i buffoni quando urlano “vai italia”, “go italy”, “bravo”. Una ragazza mi indica col dito mentre mi avvicino e urla”italiaaaaaaaaaaaa” e poi “ammore mio” (con due emme chissà chi glielo ha insegnato, magari un vitellone sulle spiagge di Riccione), mi avvicino al ciglio della strada, rallento (oddio non è stessi andando poi velocissimo) e le stampo un bacio scatenando un boato tipo gol di Totti al 90° contro la lazio (la ragazza non era granchè altrimenti mi ritiravo e rimanevo lì). Alcuni ti indicano con la mano e ti urlano di tutto, non sempre capisco cosa dicono ma è emozionante. Le gambe vanno abbastanza bene, nelle ultime tre settimane ho corso cinque volte e da sette giorni non corro e prendo antinfiammatori. Al km 6 mi scappa la pipì, vado dietro ad un palazzo e la faccio insieme ad altri 4/5 runners poi faccio 200 metri molto veloci per riprendere gli altri. Intanto del gruppo di nove che eravamo siamo rimasti in quattro, gli altri si sono staccati praticamente subito. Non bevo niente ai ristori che sono ogni miglio ed hanno acqua e gatorade al limone

Km 10-20: si è ancora a Brooklin. I gruppi musicali tendono più al rock. Correndo riconosco una canzone degli Who, dopo qualche isolato i Guns 'n' Roses poi gli Alice in Chains. Cambia la musica e cambiano le persone ai lati della strada, mi sembrano più fighetti qui. Prima c'erano urla sguaiate, incitamenti e cartelli con sopra scritto di tutto. Ora la folla applaude e urla ma in modo più composto anche se per l'entusiasmo a volte invadono la strada che è più stretta rispetto a prima. C'è una lunga salita dopo l'ottavo miglio, in alcuni punti la gente si sporge in strada riducendo lo spazio in cui passare. Molti mi danno pacche sulle spalle mente passo, novello Pantani controllo per la prima volta il GPS. Ho fatto troppo il simpatico con gli spettatori forse, ma sono fuori media di brutto. Il primo istinto è quello di accelerare per recuperare, ma bastano pochi minuti per farmi dire agli altri “della media me ne frego, io me la voglio godere finchè le gambe reggono”. Incredibilmente sono tutti d'accordo con me e decidiamo di spegnere tutti i GPS. Mi scappa la pipì di nuovo e mi viene in mente che sono stato tutta la mattina a dire agli altri “smettete di bere due ore prima della partenza altrimenti poi vi scappa in gara” e poi io ho continuato a bere. Qui non è possibile farla dietro un angolo, siamo in mezzo a vie strette piene di gente non come prima che eravamo su un vialone periferico. Per fortuna troviamo dei wc chimici messi lì alla bisogna, c'è fila. Aspettiamo tanto abbiamo mollato le ambizioni di crono e la facciamo tutti, perdiamo cinque minuti buoni e ripartiamo. Degli spettatori ci offrono cioccolata, caramelle, fette di torta. Non prendo nulla, sono un po' “schizzinoso”.

Km 21.095: la mezza arriva all'inizio del secondo ponte del percorso. Qualcuno dietro di me lo scambia per il famoso e temutissimo Queensboro (“eccolo il Queensboro” sento alle mie spalle in italiano), io sono ancora abbastanza lucido per poter contare almeno fino a tre. Stiamo salendo sul secondo ponte ed essendo il Queensboro il terzo non può essere... la salita è breve, ripida all'inizio ma lunga 400/500m al massimo.Il ponte segna anche il confine tra Brooklyn e Queens.

Il Queens è quasi anonimo, si percepisce che è un punto di passaggio in attesa di quello che verrà.

Km 26 circa: eccolo il Queensboro, si capisce subito che è duro da scalare. La salita inizia tosta con 500m belli ripidi che nelle gambe si sentono, poi spiana leggermente ma nel momento in cui sembra che la salita stia finendo la strada spiana un poco ma rimane in salita. Circa un km di salita e poi inizia la discesa che diventa anche ripida verso la fine. A questo punto hai fatto 25 km senza quasi accorgertene, circondato dalla gente e da un frastuono incredibili (campanacci, trombe, sirene, urla e chi più ne ha più ne metta) e all'improvviso ti ritrovi solo con te stesso. Solo come un pirlone che non si è accorto della carogna che stava montando nei 25 km precedenti e te la ritrovi lì...sulle tue spalle proprio mentre fai quel ponte. Solo, sei proprio solo perchè molti provano la tua stessa sensazione e sentono la fatica arrivare tutta insieme. Pochi hanno la forza di parlare, non per la salita che impossibile non è ma per questo pugno che ti arriva tutto insieme di colpo sul naso e ti mette KO per qualche minuto. Oscar ce lo siamo perso qualche km fa e siamo rimasti in tre, io sono in mezzo. Mi volto a destra e poi a sinistra e penso “io so' stanco ma pure loro mica stanno bene” ma, come tutte le sofferenze, anche il ponte è destinato a finire e penso che non esiste traguardo ambizioso che non preveda sofferenza lungo il cammino, quindi non mollo. Il ponte finisce, una curva a sinistra stretta e scivolosa e inizia il Maracanà la....

1st Ave: il Maracanà. Urla, cori, cartelli, striscioni, bambini, ragazze, signori, vecchietti tutti impazziti. Alcuni cartelli sono degni di premi per la creatività. A questo punto molti sono in crisi nera e camminano, noi tiriamo dritti anche se il passo non è più fluidissimo le gambe ancora vanno. “Andreaaaaaaaaaaaa”, “go italia”, “you can do it” non smettono mai di incitarci è incredibile (da quando Oscar si è staccato sono diventato il preferito dal pubblico nel nostro gruppetto. L'anno prossimo devo convincere Oscar a non venire), “runners are sexy” è il cartello più gettonato ma anche di “you are crazy” ne ho visti parecchi. Correndo si incontrano molti disabili con relativa guida, i runners non fanno mai mancare un gesto di incoraggiamento e anche noi non ci tiriamo indietro. Molti runners non vedenti, un paio di ragazzi con una gamba amputata e le stampelle...per loro la gente si sgola e fa bene. Questi ragazzi hanno una forza di volontà incredibile, ne supero uno e gli mostro il pollice in su mi risponde con un “forza italia” che non credo volesse essere un messaggio politico. Mentre percorro la 1st capisco perchè Manhattan in lingua dei nativi significa “isola delle colline”, non c'è un attimo di tregua...salitella discesetta...salitella discesetta...le gambe non apprezzano, per nulla. Tutto procede, ce la godiamo fino al 18° miglio

miglio 18: gatorade ed acqua come ad ogni miglio a questa parte ma qui danno anche il gel. Ne prendo uno, ne ho provati un paio di questa marca e quindi vado più o meno tranquillo. Ma tranquillo, come recita un detto romano, ha fatto una brutta fine ed io pure. Nausea, quasi immediata. Chiedo agli altri di rallentare, rallentiamo ma non serve a niente. Faccio un miglio e forse più in questo stato e prima del ponte che porta al Bronx (il quarto della corsa) dico ai due superstiti che si possono sentire esonerati dall'aspettarmi.

Bronx: faccio il ponte (ripido ma corto, 300m o forse poco più) pensando che alla fine mi sarei fermato per vomitare (la scena di me affacciato al parapetto del ponte mentre do di stomaco vorrei evitare di tramandarla ai posteri visto che ci sono dei fotografi appostati) ma finito il ponte c'è parecchia gente e decido di vedere se riesco a resistere. Corro ma se camminassi andrei alla stessa velocità, supero molte persone mentre poche sono quelle che superano me. Questa cosa mi da coraggio, penso che non sono messo peggio di altri e che non devo mollare. Percorro tutto il Bronx a passo di lumaca ma piano piano la pancia sembra andare meglio e provo ad accelerare leggermente. Dopo poco però capisco che non è il caso e rallento di nuovo. Mi avevano detto che nel Bronx non avrei trovato nessuno ed invece c'è gente, meno che negli altri posti ma ce ne è e prima del ponte che mi riporta a Manhattan, un gruppetto di ragazze di colore vedendomi in crisi mi urla “go Andrea, don't walk keep running”. Questa cosa mi scuote, taglio leggermente la curva per dare il cinque a tutte ed accelero. Stavolta va meglio, anzi correndo mi sembra di stare molto meglio. Supero il ponte (il quinto e ultimo), rientro a Manhattan e ritrovo il maracanà.

5th Ave: molti italiani in questo punto, lo capisco perchè finalmente sento pronunciare bene il mio nome. Corro abbastanza sciolto, non velocissimo ma senza problemi di stomaco. Incredibilmente anche le gambe ora sembrano darmi meno fastidio e mi sento benino. Ricomincio a salutare chi mi incita, a dare il cinque a chi sporge la mano, a lanciare baci alle ragazze che urlano il mio nome. Questa cosa mi da nuove energie e mi affianco ad un ragazzo francese, uno sguardo e ci capiamo. Andiamo insieme. Intorno persone che camminano, molte sembrano stare molto male. Sembrano avere gambe molli come gelatina. Io ed il ragazzo francese ci presentiamo dopo qualche km “my name is Didier like Dechamps” mi dice. Gli rispondo “i'm Andrea like....like me” e scoppiamo a ridere (si, non fa molto ridere ma quando sei al 40° km o ridi o piangi e noi preferiamo ridere) e andiamo con un buon passo, rallentiamo solo sul salitone che costeggia Central Park ma manteniamo comunque un passo discreto. Come ho detto prima, sono schizzinoso ma ora metto in bocca qualunque cosa, una fetta di arancia, un pezzo di banana, un pezzo di pizza e non so neanche dove li ho presi e chi me li ha passati.

Central Park: si entra e si fa una tratto in discesa. Molta gente, tanto tifo. A questo punto però vorrei solo che la finissero di dirmi che “looks good” perchè so di essere verde come una mela e con la faccia da fesso stravolto, e sentirmi dire che stò alla grande mi fa quasi rabbia. Cerco di isolarmi ma non è facile. Le urla sono tantissime e fortissime.

Columbus Circle: eccoli i grattacieli che ieri ho visto quando sono venuto a vedere l'arrivo. Ho detto a Cesare “quando li vedi domani sei arrivato” ed oggi che li stò vedendo penso che ieri ho detto 'na boiata grossa come 'na casa. Il traguardo mi sembra ancora così lontano. Un signore sulla sessantina che è davanti a me di 50m cade, forse inciampa sul piede di una transenna o forse cade perchè non ce la fa più non ho visto bene, gli si avvicinano due volontari ma il signore si rialza e ricomincia a camminare verso il traguardo. Mentre lo supero lo guardo, ha una ferita non grandissma sulla fronte dalla quale esce sangue. Gli faccio un gesto, mi risponde “I'm ok”. Una svolta a destra (occhio che c'è un gradino per il marciapiede se non stai bene al centro della strada) e si rientra in Central Park.

300 yard to go: questo cartello su sfondo arancione mi accoglie sulla strada di Central Park. La strada è transennata e sulle transenne hanno messo le bandiere di tutto il mondo. Le tribunette che hanno montato sono ancora piene di gente festante. Non sento più niente, voglio solo il traguardo!

200 yard to go: inizia la salitella che porta al traguardo. In testa non ho nulla. Non penso a nulla. Fisso davanti a me un tizio che ha una falcata sghimbescia che mi precede di dieci metri. Non ne ho molte di forze ma penso che dietro ad uno che corre così non posso arrivare, quindi lo supero.

100 yard to go: il cervello incredibilmente torna lucido e penso che la foto sul traguardo la voglio che mi si veda bene in faccia. Tolgo gli occhiali e li regalo ad un ragazzino, poi tolgo la mia amata bandana gialla e la butto in mezzo alla gente che apprezza il gesto e mi accompagna con un boato (poraccio chi l'ha presa, era sudatissima) e mi preparo mentalmente per il traguardo. Lo vedo, è lì... poche decine di metri e si avvicina. Mesi fa fare la maratona a NY era solo una delle tante cavolate sparate da un mio paziente sul lettino ed ora quella che sembrava una cavolata stà per diventare realtà. Alzo le mani al cielo e sorrido poi abbasso lo sguardo per controllare dove fosse il gradino del rilevatore (guarda se non mi hanno fatto la foto proprio mentre sto con la testa bassa eh!) e la rialzo.

FINISH LINE: Taglio il traguardo e sono felice ed appagato. Non sento la stanchezza, ma tutto insieme arriva il gelo. Inizio a battere i denti; emozione, freddo o entrambi, non lo so e non me ne frega nulla perchè davanti a me c'è una ragazza con una medaglia in mano e sta per metterla sul mio collo. Abbasso leggermente la testa per facilitarle il compito e lei mentre me la mette mi dice “well done”, quando la rialzo devo avere la faccia di un bambino che vede il mare per la prima volta. La abbraccio, bhò mi viene così. Lei non si ribella nonostante sia tutto sudato e si mette a ridere. Mi si avvicina un poliziotto e mi fa i complimenti, gli do il cinque, prendo la copertina di metallo e solo adesso mi rendo conto che gli ultimi 500m li ho fatti da solo, senza Didier. Mi volto per cercarlo e lo vedo che ha appena tagliato il traguardo. Torno indietro e per la prima volta dalle 4:30 di stamattina non sono io ad abbracciare qualcuno, mi abbraccia e scoppia a piangere. Due pacche sulle spalle e si riprende. Bacia la medaglia e dice qualcosa in francese che non capisco... decine di volontari guidano il flusso delle persone e tutti urlano e ci dicono che siamo stati bravi e che è fantastico vederci così felici. Io do il cinque a molti volontari, sono stati grandi tutti. Da quelli alla partenza a quelli ai rifornimenti e all'arrivo. Io ed il mio amico francese facciamo insieme i 40' al gelo che ci separano dai camion delle borse, parliamo poco. Forse non ci diciamo nulla, non ricordo. Siamo entrambi concentrati nel cercar di capire quello che stiamo provando credo. Ritiro la borsa e mi cambio in mezzo alla gente insieme a Didier, poi camminiamo fino all'uscita (un incubo! Organizzazione perfetta ma la restituzione borse da rivedere). Ci salutiamo con una pacca sulle spalle senza dire nulla, so di aver trovato un amico che non vedrò mai più.

Vado al punto stabilito con gli amici per il ritrovo post gara e trovo solo Cesare, mi dice che Roberto è andato avanti e non lo ha più visto. Oscar ce lo siamo perso al 15°, gli altri subito dopo la partenza. Fa troppo freddo per aspettare in strada. Saliamo sulla metro e torniamo ognuno nella propria stanza senza parlare molto, tanto stasera con una bella bistecca ed una birra avremo tempo di raccontarci tutto.

In camera mi faccio una doccia, mi stendo sul letto e prendo il cellulare. Apro il calendario e penso “quando viene la prima domenica di novembre l'anno prossimo?”, scorro il calendario. Il 6, la prima domenica di novembre è il 6. Mi giro sul fianco sinistro e dico a voce alta “allora non prendere impegni per il 6 che c'avemo da fa'”. Mi addormento.

PAGELLONE FINALE

PRE-GARA: lento e laborioso ma organizzato molto bene, andrebbe fatto qualcosa per il freddo e non oso immaginare cosa succederebbe con la pioggia. voto 9

PARTENZA: cerimonia sobria e sbrigativa. Inno americano, due chiacchiere e cannone. Bello ed emozionante, consiglio di rimanere nella pancia del gruppo per godersi Frank Sinatra. voto 9

PERCORSO: nervoso, continui saliscendi mai pesanti ma che si sentono. I ponti sono duretti da affrontare. Ovviamente non c'è il Colosseo o la porta di Brandeburgo da vedere ma è comunque bello. voto 7

VOLONTARI:. si fanno in quattro per i maratoneti. Commoventi! Ai ristori protendono le mani ed urlano water o gatorade in base a cosa hanno nei bicchieri e non fanno mai mancare incoraggiamento e sorrisi. Dalla partenza all'arrivo sono una presenza costante e gentile. voto 10 e lode, bravissimi!

PUBBLICO: tantissimo, festante e divertente. Tempo fa ho letto che Milano odia la maratona mentre Roma la sopporta. Ecco, direi che New York gode con la sua maratona e si vede. Si divertono punto e basta. voto: 10 e lode.

POST-GARA: ovviamente è confusionario e si deve fare di meglio. Un'ora col freddo (3 °C) e tutti sudati per ritirare la borsa ma con 45000 persone non è facile. voto 7

MARATONETI: 10 e lode! Che ve devo da spiegà il motivo?

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