Rigidità miofasciale tibiale posteriore (NON periostite)

Discussioni e domande sugli infortuni e sui metodi per superarli

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Steve J. Roger
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Rigidità miofasciale tibiale posteriore (NON periostite)

Messaggio da Steve J. Roger »

Ciao a tutti!
Scrivo qui per una noia fisica che mi tormenta ormai da qualche mese, nella speranza che qualcuno abbia qualche consiglio da darmi per esperienza diretta (perché dal punto di vista teorico ne ho già sentiti tanti, anche autorevoli).
Premetto che ho preventivamente cercato sul forum, senza trovarne, discussioni esplicitamente dedicate a questo problema. Cercherò dunque di essere più dettagliato possibile, e mi scuso in anticipo per la prolissità.

INIZIO E STOP CAUTELATIVO Da metà ottobre dell’anno scorso (2018) ho cominciato a soffrire di dolori sul lato interno delle tibie; in alcuni periodi più sulla sinistra, in altri più sulla destra, ma in sostanza si tratta di un problema bilaterale. Non avevo cambiato scarpe rispetto ai mesi precedenti e non erano scariche. Dopo un primo confronto con compagni e con la rete, a fine ottobre ho deciso di prendermi una pausa dalla corsa; i sintomi sembravano quelli della temuta periostite tibiale (posteriore): dolore diffuso lungo il margine interno della tibia, in particolare all’altezza di circa 10 cm sopra la caviglia. Nessun gonfiore tuttavia, e il problema si poneva solo nel movimento della corsa. Ho perciò continuato potenziamento in palestra, con qualche uscita in bici, cyclette ed ellittica (nessuna di queste attività mi innescava dolore).

RIPRESA Dopo sei settimane, non avvertendo più nulla nemmeno alla palpazione, decido di riprovare in palestra, su tappetino meccanico (tipo skillmill, non elettrico): quasi subito sento che qualcosa ancora non va. Provo a riprendere su strada nei giorni successivi, ma mi rendo conto che il problema tende a ricostituirsi. Vado dall’ortopedico.

ORTOPEDICO Periostite esclusa, tendiniti escluse. Si tratta di affaticamento muscolare, dovuto al carico importante di lavoro dell’anno passato (2018, il mio primo da competitivo) e dal leggero cavismo del piede, che tiene le strutture un po’ in tensione. Con mia grande sorpresa il consiglio è: non fermarti all’insorgere del dolore, continua ad allenarti normalmente nei limiti del possibile; cura il riscaldamento (sempre fatto), fai esercizi di rafforzamento dei tibiali. Eseguo. Per sicurezza compro anche scarpe fresche (le stesse con cui mi sono trovato benissimo nei primi mesi del 2018), e le alterno con altre di tipo differente, che avevo già in routine (anche queste, non scariche). Abbozzo una preparazione per una 10k a inizio febbraio e finisco per fare il mio personale. I dolori però continuano. Su indicazione di un compagno di squadra, mi rivolgo a un fisioterapista.

FISIOTERAPISTA Persona gentile e competente, giovane e sportivo. Mi visita e fa le prove del caso. Responso, letterale (col sorriso sulle labbra): «Ragazzo, non hai un c@##o» :mrgreen: . Esclude anche lui categoricamente la periostite e mi parla di rigidità miofasciale. Scopro cose: la fascia è un tessuto connettivo che intesse tutto il nostro organismo dalla testa ai piedi; tra le altre cose avvolge come una guaina i muscoli, che “scorrono” in maniera armonica al suo interno. Può capitare che tratti di questa fascia si irrigidiscano, creando le famose aderenze e rendendo doloroso il lavoro dei muscoli. Si tratta dunque “semplicemente” di sciogliere queste rigidità, cosa che – mi dice – spesso si risolve da sola, a volte ha bisogno di aiuto esterno. Anche da lui il consiglio è di continuare, con le cautele del caso, l’attività, evitare il riposo passivo. Faccio da lui qualche seduta di massaggio (con i gomiti, che dolore!) e elettro dry needling (corrente condotta attraverso aghi piantati nei trigger point del tibiale). La situazione migliora un po’, ma il problema non passa.

SITUAZIONE ATTUALE Mi sono dato un paio di mesetti abbondanti per vedere come si evolvesse la situazione seguendo i consigli degli specialisti. Dotatomi di un rullo in foam (non dico la marca, ma si tratta di quello “originale"), sto lavorando quotidianamente di automassaggio; il suo lo fa, ma ad ogni uscita (non frequenti ormai) il dolore si ripresenta. L'intensità della corsa incide in maniera superficiale: può essere una gara tirata o un fondo blando, la corsa innesca il dolore. Essendo passato ormai un po' di tempo, e dato che la situazione è tutto sommato stazionaria (non migliora e non peggiora), mi chiedo se convenga davvero continuare così o non debba pensare a un periodo di stop moooolto più lungo :cry: . La cosa che mi fa dubitare è l'unanimità del consiglio ricevuto da medici e runners di lunga data di proseguire. Forse serve solo ancora tanta pazienza? Ho tanto bisogno di correre, ma non voglio crearmi dei problemi più gravi.

Popolo di Running Forum, a voi! Non cercherei tanto, come dicevo, consigli teorici (comunque ben accetti se ne avete), quanto soprattutto esperienze dirette di chi abbia attraversato una simile situazione e (spero per lui e per me) ne sia venuto a capo.

Speranzosamente,
Steve
5k 19'12" @Race4theCure Bari (19/05/2019)
10k 39'31" @Running Heart Bari (17/02/2019)
21.1k 1h27'47" @Bari21 (27/10/2019)


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