Tor Des Geants - Courmayeur (AO) - 06-15/09/2024

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bianco222
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Re: Tor Des Geants - Courmayeur (AO) - 06-15/09/2024

Messaggio da bianco222 »

Ecco il mio racconto del TOR de Glacier. È un po’ lungo. Come la gara d'altronde… :beer:

Come al solito tutto inizia intorno al mio compleanno. Quello è il periodo in cui si aprono le iscrizioni al TOR, quello è il periodo in cui ho iniziato a fare trail running. Volevo riprovare il TOR dopo l’esperienza dell’anno scorso ed ero indeciso tra rifare il TOR de Geants puntando ad un tempo migliore, o fare il TOR de Glacier. Mi vengono a trovare due amici per un weekend di scialpinismo, e dopo 2 o 3 birre mi ritrovo iscritto al TOR de Glacier (ho davvero delle brutte amicizie! :smoked: ). Lì per lì tranquillo. Alla fine sono solo 120 km in più. Il fatto che i percorsi non siano tracciati e che siano più tecnici non mi spaventa. Ho un ottimo senso dell’orientamento e vengo dall’alpinismo, per me quello non è un problema. Realizzo solo dopo che la grande difficoltà del Glacier però sta nell’assenza di assistenza. Si parte e per 160 km non c’è nulla. Per qualunque cosa ti devi arrangiare: una storta, una scarpa rotta, uno sfregamento di troppo. Fino a Cogne sei solo. Poi la parte centrale ha qualche appoggio in più, ma poi da Gressoney in poi la stessa cosa. Altri 160 km da soli, senza nessun supporto. Questa è e sarà la vera difficoltà della gara.

La preparazione procede bene. Lavoro molto sul ginocchio malconcio e mi alleno bene. Nelle ultime settimane di carico faccio i miei record su praticamente tutte le mie salite di riferimento, dai tre minuti all’ora e più. Arrivo ai giorni pre-partenza consapevole di essere in ottima forma e senza particolari acciacchi. Paradossalmente questo mi mette un po’ di pressione (o meglio, me la metto io!).
Ultimi giorni con un po’ di stress per finire le cose al lavoro e non doverci più pensare. (Per fare bene il TOR ci vorrebbero tre settimane libere. Una prima, una durante e una dopo!). Finisco le ultimissime cose alle 14 del venerdì. Zaino un po’ di corsa e si parte. Non vedo l’ora di partire ed entrare in quella dimensione parallela che è il TOR.
Iscrizione, preparazione della borsa, un passaggio di rito dai massaggiator e siamo pronti per un’ultima frugale focaccia prima di partire. La ragazza della focacceria me ne regala una tagliata in quattro da portarmi dietro. Non potremmo cominciare meglio!

Pronti via! Attraversiamo Courma tra due ali di folla. Come al solito i primi due km sono a tutta! Poi finalmente si imbocca il sentiero e si prende un ritmo più umano.
Primi km nel serpentone di gente, percepisco un po’ di nervosismo intorno, più che al TOR. Al primo ristoro mi devo già fermare per mettere della vasellina tra le gambe. Ho già un accenno di irritazione dopo appena 5 km. Di solito non metto mai creme nemmeno per allenamenti di 40-50 km e non capisco come possano, gli stessi pantaloncini di sempre, avermi fatto già irritazione. Di sicuro non è di buon auspicio. Questa irritazione mi darà noia per tutta la settimana, riuscirò a tenerla “sotto controllo” grazie a delle creme e a una particolare attenzione all’igiene ma mi porterà via diverso tempo e diverse energie, soprattutto mentali.
Non appena superiamo i 2000m entriamo in una fitta nebbia e la visibilità è massimo un paio di metri. La luce della frontale riflette e rende il tutto ancora più accecante. Inoltre questa nebbiolina si deposita sugli occhiali e per me che corro con degli occhiali da vista è una rottura in più. Il sentiero non è segnato e quindi non è facile districarsi ma siamo un gruppetto e insieme è più facile. Nel gruppo però non vige una atmosfera serena. Sembrano tutti caricati a mille e ansiosi di non fermarsi anche solo 10” a controllare meglio il percorso, nonostante manchi una infinità all’arrivo. Io me la prendo abbastanza con calma e in un paio di occasioni mi fermo a controllare di essere sicuro sul percorso. Scoprirò poi che un gruppo davanti si è perso e ha allungato di non poco.
Ad un certo punto siamo a mezzacosta su un pendio abbastanza ripido e mi viene istintivo tenere il bastoncino destro in uso “normale” mentre il sinistro lo tengo nel vuoto. Sento che il bastoncino viene colpito più volte da dietro. Lì per lì penso involontariamente e poi un ragazzo dietro mi urla in modo aggressivo di non tenere il bastoncino così. La prima cosa che mi verrebbe da dirgli è che può stare anche mezzo metro più lontano visto che mancano 430km. Poi un monaco zen si impadronisce del mio corpo e semplicemente lo faccio passare. Ho solo la premura di ricordarmi il nome: arriverà a Donnas 14 ore dopo di me, per ritirarsi. Forse un po’ più di tranquillità non gli avrebbe fatto male… :twisted:
Arriviamo nella notte al Deffeyes dove ci danno un piatto di pasta in bianco. Qui comincio un po’ a preoccuparmi del cibo. Fino ad ora siamo in giro da 6-8 ore e di cibo ne abbiamo visto ben poco. Se tutti i rifugi sono così sarà davvero dura. Riparto nella notte e supero una parte un po’ tecnica con delle corde fisse per poi arrivare al col Planaval con i primi raggi di luce. In cima al colle trovo un portoghese fermo ad aspettare. Aspetta qualcuno che gli spieghi come si mettano i ramponcini che lui non li ha mai messi. Quel qualcuno sono io. E poi ci avviamo in discesa insieme. Lui è oggettivamente imbranato e scivola ogni tre passi. Ad un certo punto scivola da sopra di me e mi travolge falciandomi come nelle migliori scene di Fantozzi sugli sci. Io faccio un volo carpiato ma fortunatamente non mi faccio nulla. Lui è mortificato e mi chiede scusa 20 volte ma io non ho nemmeno un graffio e proseguo senza problemi.
Nella discesa verso Planaval inizia a farmi irritazione lo zaino. Anche in questo caso è lo zaino di sempre che non mi dà mai problemi. Davvero strano. A Planaval trovo dei ragazzi che hanno del nastro e me lo applico sulla schiena e non avrò più problemi fino all’arrivo.
La salita al Rifugio degli Angeli è bella e assolata. Molto piacevole. Ma al rifugio siamo di nuovo alla fame. Solo un piatto di pasta. Compro a spese mie un pezzo di formaggio (5 euro per quattro fette di fontina) e “rubo” del pane e me lo porto via. La discesa è bella e veloce. Si corre bene. In fondo alla valle noi dovremmo andare a sinistra e invece ci fanno fare un “ricciolo” assurdo verso destra. Corro per più di un’ora a 50m dal sentiero che dovrò percorrere un’ora dopo il che è un po’ frustrante. (Magari ci farò un post a parte, questa cosa della ricerca dei km extra alle volte è un po’ innecessaria e demoralizzante secondo me).
La giornata comunque è buona e si prosegue bene, nonostante i rifugi continuino a dare solo miseri piatti di pasta in bianco o al pomodoro. Verso sera arrivo al Benevolo: quasi 100 km il primo giorno! Sono ben oltre le più rosee aspettative!
Al Benevolo (ennesimo pasto misero) incontro Mike, un americano che sarà il mio compagno di viaggio per i prossimi 200km. Abbiamo un ritmo molto simile. Andiamo molto bene in salita e siamo un po’ più conservativi in discesa: entrambi con una storia di ginocchia malandate. La nota buffa è che Mike è un chirurgo specializzato in ginocchia…
Saliamo al col Rosset che non facevo da una vita e che non ricordavo così duro. È una salita senza tregua, talmente ripida che a momenti ti sbilanci quasi indietro. Scolliniamo nella nebbia e scendiamo verso il colle del Nivolet e il rifugio Savoia dove finalmente troviamo un pasto decente. Patate e spezzatino e dolce. Dopo 110 km finalmente mangiamo qualcosa di più sostanzioso. Ci riposiamo mezz’ora e ripartiamo. Quando ripartiamo ci dicono che siamo intorno alle 20esima posizione. Io rimango di sasso, sapevo che stavamo andando bene ma non mi sarei mai aspettato di essere così davanti! Sono partito senza la minima ambizione di piazzamento ma certo che ritrovarsi nei primi 20 al Glacier un po’ mi gasa. Ma devo rimanere calmo che siamo nemmeno a un quarto di strada!
Attraversiamo la piana del Nivolet insieme a due francesi molto simpatici. Questa zona la conosco a memoria e mi aiuta, se non altro mentalmente. Sappiamo che è prevista una perturbazione e che dalle 11 in poi dovrebbe piovere. Decidiamo quindi di non fermarci al Vittorio Emanuele e di proseguire per passare il Gran Neyron prima della pioggia. Allo Chabot ci danno uova, formaggio e pane e burro e ottimo caffè. Iniziamo a vedere la luce in fondo al tunnel della fame nei rifugi! Saliamo al colle del Gran Neyron molto bene. Dal colle in poi c’è la ferrata. Thibout (uno dei due francesi) lo aveva detto subito che lui lì sarebbe stato in difficoltà. Ma io non pensavo così tanto. La ferrata è oggettivamente in condizioni un po’ critiche perché ci sono 10cm di neve fresca e la nebbiolina umida rende le corde bagnate, anche se ancora non piove. Ci sono due guide in una tenda ma non escono nemmeno a vedere se siamo vivi. Thibout è nel panico. Nonostante abbia fatto il Glacier l’anno scorso e sia venuto questa estate a provare il passaggio è in seria difficoltà. Io e Mike abbiamo entrambi esperienza alpinistica e lo aiutiamo. Ci mettiamo uno davanti e uno dietro e lo guidiamo passo passo. Ci mettiamo un’ora a fare forse 100 o 200 metri. Ma non me la sarei mai sentita di lasciare Thibout lì con quelle condizioni. E poi in fondo lui è quello con il passo migliore di tutti e praticamente ci ha aspettato tutta la notte. In ogni caso siamo fuori prima che inizi a piovere. Mentre scendiamo la ferrata ci supera Abele Blanc (guida alpina di Valsavaranche, 14 ottomila scalati in carriera) che urla alle guide nella tenda che quelle corde lì le ha messe lui 50 anni fa. Fortuna che Thibout non capisce. (Anche qui magari con un post a parte si potrebbe discutere se fosse il caso di fare quella ferrata o no).
Risaliamo il Col Louson sotto la pioggia e poi ci fiondiamo giù verso il Sella dove finalmente ci danno da mangiare come si deve! Pane, prosciutto, formaggio, polenta, pasta, minestrone, caffè, tutto!
Ben rifocillati partiamo verso Cogne. Anche qui, con decine di sentieri che vanno dal Sella a Cogne ci fanno passare da quello più largo e inutile e, oggettivamente un po’ pericoloso. Il sentiero passa a mezzacosta sotto a dei balzi rocciosi di rocce rotte. Si vedono le scariche di sassi recenti e, sotto il temporale, sarebbe un sentiero da evitare come la peste. Lo passiamo abbastanza velocemente e indenni e scendiamo veloci verso Cogne. Mentre scendiamo tutto d’un tratto succede l’imprevisto e imprevedibile. Il ginocchio destro (quello buono) comincia a farmi male. Così, di colpo, senza preavviso. Un dolore lancinante all’esterno del ginocchio. Sembra dolore simile alla bandelletta ma di solito non viene così immediato. Questo dolore invece mi colpisce di colpo. E tutto d’un tratto, da correre allegramente e senza pensieri, mi ritrovo impossibilitato anche a camminare. Saluto Mike e scendo zoppicando verso Cogne. Nella sfiga, la fortuna di essere vicini alla base vita. Ma mancano ancora 300 km. Questa cosa mi distrugge mentalmente. Come posso pensare di continuare con un ginocchio così per 300 km? Fossero 50 o 100 forse potrei farcela. Ma manca praticamente tutto un TOR! Come farò?
Negli ultimi km facili verso Cogne faccio un paio di chiamate a casa disperato. Sono ormai convinto che dovrò abbandonare. Ovviamente mi dicono di non mollare. Di provare a proseguire che ho quasi un giorno di margine sul cancello. Ma io faccio fatica a camminare in piano. Come faccio? E di nuovo, mancano 300 km!
In base vita non c’è nemmeno l’acqua calda e non riesco a farmi una doccia decente. Tutto sembra contro di me. Mi fiondo dai massaggiator sperando in un loro miracolo. C’è Sergio e in lui ho fiducia. Mi affido a lui. Mi toglie i nastri vecchi e mi rifà una nastratura per la bandelletta su entrambi i lati. Mi dice di riposare un po’ e poi riprovare. Male che vada posso sempre ritirarmi a Chardonney.
All’imbrunire ripartiamo. Mike mi ha aspettato. Il ginocchio mi fa male ma sembra che riesca almeno a camminare. La notte è di nuovo fredda e buia e con la nebbiolina che non fa vedere nulla. Fino al rifugio Grouson e i suoi ottimi gnocchetti al bleu va tutto abbastanza bene, poi il sentiero diventa meno segnato. Mi metto davanti e tra GPS e intuito troviamo la via. Per la strada raccattiamo anche un tedesco che si era perso e che si mette dietro di noi. Tutto sommato perdiamo pochissimo tempo e presto siamo alla finestra di Champorcher sferzati da pioggia e vento. Io comincio ad avere qualche piccola allucinazione, niente di ché ma vedo pali che si muovono e forme strane intorno a me. Devo dormire. Continua a piovere e tira un vento gelido. Scendiamo veloci verso il rifugio Miserin dove le stufe a legna sono un invito a nozze. Mangio e dormo un’ora. Mike decide di proseguire. Gli dico che secondo me sbaglia, qui si sta da dio e le previsioni dicono che dovrebbe smettere di piovere tra poco. Meglio riposare con la pioggia e il buio che non tirare dritto per poi dover riposare di giorno con il sole. Ma lui prosegue.
Io dopo un’ora proseguo e sto molto meglio. Mangio e riparto. Non piove più e sta uscendo il sole. Arrivo veloce al Dondena dove mi raggiunge Marmissolle che a quel punto è il primo della 330. Ingozza due crostatine sbriciolandosi tutto, lo vedo affannato e agitato. Poi riparte. Riparto anche io dietro di lui. La discesa verso Chardonney è tecnica ma io sto bene e il ginocchio anche va benone. Parecchio dopo mi raggiunge Francois D’Haene. Scende ad un ritmo tutt’altro che impressionante, tanto che gli sto dietro per un km o forse due. Lui però a differenza di Marmissolle sembra che sia appena uscito dalla doccia. Va giù regolare e tranquillo e ha l’aria di chi sta con il freno a mano tirato. Il mio primo pensiero è “questo a Gressoney apre il gas e piazza un tempone!” e in effetti così sarà! 8)
Poco prima di Chardonney raggiungo Mike che, dopo un’altra ora di pioggia e freddo, si è trovato costretto a fermarsi al Dondena ieri sera. Proseguiamo insieme. Io sono di ottimo umore perché il ginocchio sembra miracolosamente ritornato a funzionare. A Chardonney passiamo dal ristoro dei 330 ma non possiamo mangiare nulla. Un’anima pia ci dà un caffè. Ci mancano 25 km al prossimo rifugio. Saliamo bene al col Fricolla e poi giù verso Pontboset e poi di nuovo su e poi giù e su e giù. Per tutto il giorno facciamo su e giù su dei colli abbastanza insignificanti intorno a Donnas. Praticamente siamo costantemente sopra Donnas ma non scendiamo mai. È un continuo saliscendi che mi distrugge il ginocchio. Poi finalmente dopo 40 km di su e giù si scende verso Donnas in una discesa nel bosco umido davvero odiosa. Non riesco a correre neanche un po’. Cammino in questo bosco caldo e umido. Mike mi è poco avanti. Il ginocchio mi fa malissimo ma riesco comunque a mantenere la calma e la lucidità. So che ora il mio obbiettivo è solo Donnas e non devo pensare ad altro. Raggiungo Donnas alle 21 e ci sono i Omar e Fede e le bimbe. Questo mi tira su di morale tantissimo. Rimango con loro un po’ a chiacchierare. Omar mi ha portato della crema per gli sfregamenti e delle medicine per il ginocchio. La piccola Nina dice “sembra che hai una mela dentro il ginocchio” e in effetti è bello gonfio. Saluto tutti e vado dentro. Doccia e un’ora di sonno. Poi vado dai massaggiator per farmi sistemare i nastri ma non mi sembrano bravissimi questi. E poi ci mettono un’ora. Chiacchierano e perdono tempo e io sono qui che smanio di ripartire. Ci stanno letteralmente più di un’ora per mettermi due nastri al ginocchio e un po’ di fasciatura al piede. Mi innervosisco e riparto nervoso. Il primo tratto è di nuovo in un bosco umido e un continuo saliscendi in un sentiero che si perde più volte. Perdo un po’ di tempo a ritrovarlo e perdo più volte la calma. Poi, con le prime luci dell’alba, inizia la salita verso il Coda e finalmente ritrovo il buon umore e il buon passo. Arrivo al Coda in quattro ore e di ottimo umore! Il ginocchio non mi fa male e ho un ottimo passo. Finalmente ho ritrovato le mie gambe da salita! Al Coda ritrovo Mike. Mangio un boccone e riparto. Tra il Coda e la Barma mi fermo a bordo di un fiume per mettere le ginocchia a bagno. Lo sto facendo fin da Cogne, non appena posso mi fermo e faccio “ghiaccio” per 10’. Ginocchia e, già che ci sono, anche i piedi. Non mi accorgo però di aver appoggiato lo zaino su un sasso che ha un buco e in quel buco ci cade lo spallaccio dello zaino con il telefono che quindi finisce nel fiume e si fa anche lui i suoi 10’ di ghiaccio…
Tolgo subito la batteria e provo a salvarlo. Alla Barma mi danno un sacchetto dei limoni e due fascette e provo a tenerlo così legato fuori. In modo da fargli prendere il sole. Ma non servirà a nulla. Sono senza telefono. Il che significa essere senza le mappe (se non quelle dell’orologio), senza la possibilità di chiamare amici a casa (per l’emergenza sono apposto c’è il GPS) e senza poter ricevere le informazioni dall’organizzazione.
Al lago chiaro faccio un pisolino di 30’ e poi riparto e raggiungo Neil insieme a Mike. Il ginocchio continua a non darmi tregua nelle discese. Ripartiamo insieme nella nebbia e nel freddo. Il sentiero non è semplicissimo, ma così come due notti fa mi metto davanti e con GPS e esperienza non ci perdiamo quasi mai. Quasi in cima vediamo una luce che ci viene incontro. È un ragazzo indiano che si era perso. Ci dice che stava vagando da 5 ore, che aveva l’orologio scarico e che “senza di voi sarei morto”. Si accoda e lo “scortiamo” fino al sentiero del TOR che è segnato. Da lì inizia la discesa verso Gressoney e il mio ginocchio è completamente fuori uso. Non riesco più a camminare. Dico ai ragazzi di andare e loro lo fanno. Per carità glie lo ho detto io ma io mi innervosisco a pensare che li ho aiutati quando loro avevano bisogno e ora che ho bisogno io mi lasciano lì. Il mio obiettivo è il ristoro del Loo. Lì c’è un ragazzo che conosco e un viso conosciuto può solo farmi bene. Ma non muovo più la gamba destra. Il ristoro non arriva più. Mi trascino fino al Loo nel freddo e nel buio. Arrivo in condizioni pietose. Dentro c’è caldo e poi di sotto c’è una cantina dove si può riposare. Dormo un’ora (malissimo, il dolore alla gamba non mi fa dormire) e con le prime luci dell’alba riparto. Dal Loo a Gressoney sono 7 km. La maggior parte su stradina poderale in discesa. Io arrivo a Gressoney con la media dei 26’/km. 26 minuti al km! Su poderale in discesa. Non mi muovo. Sono completamente bloccato dall’anca al piede destro. Probabilmente per salvare il ginocchio ho iniziato a muovermi male e il risultato è che mi si è infiammato ogni singolo muscolo e/o legamento della gamba. Quasi a Gressoney una signora che portava a spasso il cane mi supera. È il colpo morale definitivo. Mi superano le vecchiette che portano a spasso il cane! È finita. Ci ho provato ma non c’è modo. Non ho nemmeno il telefono per chiamare qualcuno. L’unica cosa che posso fare è arrivare a Gressoney e fermarmi. Non ho altra scelta. Il mio viaggio finisce qui.
Mi trascino fino a Gressoney e non appena entro nella base vita la prima cosa che noto è una montagna di borsoni blu in attesa dei proprietari. Questa vista mi dà un briciolo di morale: c’è ancora una marea di gente che è messa forse peggio di me!
Provo un ultimo disperato tentativo e anziché comunicare subito il mio ritiro provo prima un passaggio da massagiator. C’è di nuovo Sergio, ma è tutta la notte che massaggia ed è in preda ad una crisi di sonno. Non riesce a tenere gli occhi aperti e a malapena mi riconosce. Mi manda da una sua collega, tal Emanuela, che ricordo vagamente dall’anno scorso. Emanuela mi prende come se fossi suo figlio o suo fratello. Mi mette sul lettino e per più di due ore mi massaggia, mi stira, mi fascia. Mi mette su una impalcatura di tape sulle gambe che praticamente sembro robocop. Mi mette il nastro ai piedi, mi incita e mi dà morale. Insieme a suo marito (anche lui corridore) mi consigliano sulle scarpe da mettere. Mi dice di non mollare e che ce la posso fare.

Esco dalla base vita con un briciolo di speranza. Sarà dura. Da qui in avanti ci sono 160 km senza nessun supporto. Per 100 miglia dovrò vedermela da solo. Spero che i nastri tengano e che il ginocchio regga. Vado dentro Gressoney a cercare una farmacia dove comprare il burro di cacao che ho perso. Mi fermo in un bar dove mi offrono il caffè. Il supporto dei valdostani per i corridori del TOR è sempre qualcosa che scalda il cuore e le gambe. La stradina verso La Trinité è noiosa e monotona. Non posso correre e quindi non mi passa più. A La Trinité provo anche un pisolino su una panchina ma niente. Inizia la salita. Ci metto un po’ a carburare ma poi ritorno in me. E in pochi minuti sono di nuovo carico a mille. In salita vado ancora come un treno! In cima al colle della Bettolina avrò recuperato almeno 6-7 posizioni. Salto tutti con facilità. Le gambe in salita ci sono ancora. Davanti a me ho ancora tante discese ma posso comunque contare sulle salite per recuperare. Forse ce la posso fare! :rambo:
La discesa è tecnica e guadagno anche lì. Raggiungo un ragazzo, Giancarlo, con cui arriverò fino al rifugio Guide di Frachey. Lì trovo Omar che mi porta un telefono nuovo e un sorriso! Mangia con noi una zuppa di lenticchie (i cui risultati saranno qualcosa che ci tiene allegri tutta la notte con Giancarlo), poi noi facciamo 30’ di sonno e ripartiamo. Abbiamo deciso di fare la notte insieme fino allo Stambecco. Saluto il mitico Omar con un forte abbraccio e ripartiamo. La notte passa veloce. Ci sono sempre le nuvole ed è freddo. Il percorso fa schifo e sono contento di farlo di notte. Siamo nella devastazione delle piste da sci sopra Cervinia. Le nostre frontali inquadrano di continuo piloni della funivia, mucchi di attrezzi abbandonati, un paio di caterpillar lasciati lì. La solita devastazione delle piste da sci. Arriviamo allo Stambecco alle 4 del mattino. Giancarlo conosce la volontaria che è molto gentile, ma il cibo è davvero poco. Le stanze sono quelle di un hotel, ma con il riscaldamento spento da marzo…
Un paio di ore al gelo e ripartiamo. La colazione è ancora più misera. Due mini-brioche e un caffè. E davanti abbiamo 21 km prima del prossimo rifugio. Al freddo del mattino il mio ginocchio non ne vuole sapere. Al Duca degli Abruzzi dico a Giancarlo di andare, io zoppico e non riesco minimamente a tenere il passo. Facciamo un lungo giro intorno alla conca di Cervinia e poi saliamo verso il Perruca. In salita sto di nuovo bene e recupero posizioni e tempo. Al Perruca mangio e riparto verso il colle. Discesa tecnica e recupero ancora. Poi giù in basso sto bene e corricchio anche un po’. Arrivo al Prarayer dove c’è solo pasta al ragù, ma sono gentili e ne puoi avere quanta ne vuoi. Ne prendo tre piatti! Poi decido di dormire un’ora. Quando mi sveglio è stata comunicata una variazione di percorso. Non si farà il Mont Gelé ma un lunghissimo traverso su asfalto fino ad Oyace. La cosa mi destabilizza. L’ultima cosa che il mio ginocchio vuole è l’asfalto. E ci hanno fatto fare il Gran Neyron con la neve e ora solo per il vento e il freddo ci deviano?! E poi è infinitamente più lunga (sono circa 10 km in più). Inoltre io credo di avere molto margine sul cancello dello Champillon, ma qui molti sono un po’ in ansia per quel cancello. Ora con il percorso allungato credo ancora di farcela bene, ma certo era meglio di no (poi allungheranno il cancello di due ore ma io lo saprò solo una volta raggiunto lo Chapillon stesso). Se non avessi dormito sarei andato sulla corta. La cosa non mi va giù. Parto molto scazzato. Incontro lungo la strada un cinese che non ha la traccia nuova e non sa come fare. Gli spiego come arrivare a Oyace e poi da lì dovrà farsi dare la traccia da qualcuno. Io non la ho sul cellulare e non so come passargliela. La ho solo sull’orologio. Il cellulare nuovo non ha mappe né tracce (né programmi con cui leggerle). Ma c’è anche da dire che ci avevano detto di caricarle tutte prima!
Sopra Oyace trovo anche altri due ragazzi che si sono persi. Sono un ragazzo giovane di Cuneo e uno spagnolo. Anche loro senza chiara idea di dove andare. Ma in realtà siamo ancora sulla traccia vecchia. Bisogna saper seguire le tracce OK, ma bisogna anche sapere un minimo capire come e quando cambiarle e, soprattutto, seguire i sentieri, l’alpe Berrier (da dove inizia la nuova traccia) è segnata con delle paline chiare e semplici. Non è difficile.
Arrivo a Oyace, mangio e riparto. Salgo per un po’ con un catalano che avevo già incontrato prima. All’alba ci ricongiungiamo sul sentiero del TOR che va verso il colle Berria che raggiungiamo agevolmente. Nella tendina a metà via ritrovo l’indiano che avevo salutato dopo Niel. Sta lì in un angolo intirizzito dal freddo che chiede se il passaggio in alto è tecnico o meno.
Raggiungiamo il colle e poi scendiamo. C’è un bel vento gelido e forte. Nulla di tremendo ma dopo 5-6 giorni in giro si fa sentire. Ricomincia la salita e io vado di nuovo bene. Stacco il catalano e anche un gruppetto che si era formato. Quasi in cima al colle incontro un ragazzo che viene in giù. Ha gli occhi terrorizzati. “Io mi ritiro, c’è troppo vento, è troppo pericoloso”. Io arrivo al colle bene. C’è vento sì. Ma nulla di più di una normale gita invernale in Appennino. Ancora una volta credo che molti approccino queste gare con magari grandissima esperienza di corsa ma poca esperienza di montagna.
Si scende un po’ e poi inizia l’eterno traverso verso lo Champillon. Sono quasi 10 km su strada sterrata perfettamente in piano. A correrli vanno via in un baleno ma a camminare non finiscono più. Inoltre dopo 6 giorni che si va solo sue e giù ho come la sensazione che le mie gambe non siano più abituate e mi vengono dolori un po’ ovunque.
Finalmente dopo un paio di ore di agonia (e di fame visto che ormai ho finito tutte le barrette!) arrivo allo Champillon dove mi danno primo, secondo e dolce! Poi dormo un’ora e riparto nella neve.
Supero il colle bene e poi giù verso la valle del Gran San Bernardo. Poi la risalita verso il colle, dove arrivo con il buio. La temperatura percepita al colle è di -16! In alto c’è un vento gelido che alza la neve e si vede davvero poco. All’hotel Italia c’è un bel caldo e ci danno da mangiare tutto quello che vogliamo. Prendo zuppa più polenta più dolce! Sono sì e no le 10 di sera e finalmente realizzo che ce la farò!
Mi mancano solo 30 km e ho più di 20 ore di tempo. Mi basta fare i 40’ al km! Anche sui gomiti in qualche modo arrivo!!! :rambo:
Faccio due conti. Ho dormito poco fa. Potrei andare subito e guadagnare qualche posizione ma significherebbe farsi tutta la notte fuori, passare al Malatrà e alla balconata del Bianco con il buio e arrivare a Courma alle 6 del mattino nel deserto più assoluto. Ma alla fine 40esimo o 50esimo non mi cambia assolutamente nulla e dopo una settimana in giro voglio godermi il finale. Dormire al Frassati non se ne parla, ci sarà il delirio. Quindi mi faccio altre 3 ore di sonno e poi riparto.
Nel frattempo la bufera è sempre peggio. Quando esco non si vede davvero nulla. Dietro all’hotel Italia c’è un dedalo di sentieri (tutte le tracce dei turisti che girano intorno alle varie statue e monumenti) e dopo un po’ mi perdo. Torno indietro. Chiedo al signore dell’hotel che mi dice “tieni sempre la destra”. Ovviamente tenendo sempre la destra giro in tondo, non serve essere degli esperti cartografi! Mi ritrovo di nuovo al colle.
Controllo la mappa e vedo che il sentiero può anche essere preso dalla strada un tornante sotto. Decido allora di fare un pezzo di strada. Allungo un po’ ma vado sul sicuro. E infatti al tornante riallaccio il sentiero e poi non lo perderò più. Salgo nella bufera e arrivo in un attimo al Frassati dove, come previsto, c’è il delirio. Il gestore gentilissimo mi dà i pankakes e riparto. La guida alpina fa uscire tutti solo a gruppi di quattro e con i ramponcini ai piedi. Ma qui non servono a nulla. Quindi appena fuori me li tolgo e inoltre sono molto più veloce degli altri tre e quindi salgo da solo. Poco sotto il colle rimetto i ramponcini e salgo bello spedito. Alle corde c’è un ragazzo completamente imbambolato. Lo aiuta un po’ la guida. Per fortuna che il tratto attrezzato è breve. Il passaggio al colle all’alba è davvero suggestivo. Chiedo alla guida di farmi una foto, facciamo due chiacchiere. Mi dice che il loro termometro segna i -8. A cui va aggiunto il vento.
Scendo veloce. Al Pas Entre Deux Sauts il vento si sta portando via il ristoro. Letteralmente. Tiro dritto. Risalgo al Col Sapin. Sulla cresta il vento è così forte che mi sbilancia. Ma la vista è mozzafiato! Ho tutto il bianco davanti con la neve fresca e la luce del mattino! È davvero magico!!! E sono contento di passare ora e non di notte. Scendo verso il Bertone. Poco prima mi fermo a legarmi una scarpa e mi cade il cellulare nuovo che si frantuma su un sasso. Questo trail mi è costato due cellulari e un ginocchio…
Arrivo comunque al Bertone di buon umore. Mi siedo con calma e mangio una tonnellata di mocetta e poi mi fiondo verso Courma. La discesa è un po’ bastarda ma ormai si sente l’odore della birra e non mi ferma nessuno. Supero diverse persone del 330 poi a Parco Bollino rallento per non disturbare nessuno nel loro arrivo. Ho una distanza davanti e dietro da potermi godere con calma il corso di Courmayeur.
Peccato che non tutti hanno questa galanteria e, a 100m dall’arrivo due youtuber giapponesi mi superano a tutta velocità circondati dal loro staff e una persona addirittura mi spinge via per fare spazio al loro arrivo. Così arrivo in un momento di caos assoluto in cui nessuno nemmeno si accorge che io sono della 450 e mi mandano dalla parte sbagliata.
Così mi ritrovo un po’ scazzato (anche lo speaker se ne accorge e dice “tu hai l’aria un po’ sconsolata”), i miei amici arriveranno solo tra un’ora, non ho il telefono per chiamare nessuno e non mi sono nemmeno potuto godere l’arrivo. Sicuramente sono io a dare troppo peso agli ultimi 100m di un viaggio di 450 km ma fosse per me proibirei le riprese e gli show in un evento del genere!
In ogni caso la mia sconsolazione dura poco. Thibout (il francese che ho aiutato al Gran Neyron) è arrivato ieri e mi sta aspettando per un abbraccio e una birra! E in un attimo mi ritrovo con una bella birra in mano e in buona compagnia e felice di quello che ho fatto!
Il giorno dopo alla premiazione ritroverò Emanuela (la massaggiator di Gressoney) che è venuta su da Ovada apposta per salutarmi all’arrivo! Dicendomi che sono stato la “sua più grande scommessa” e che non avrebbe mai pensato che potessi arrivare veramente!
E invece eccomi qui! Gigante di Ghiaccio! :D
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Re: Tor Des Geants - Courmayeur (AO) - 06-15/09/2024

Messaggio da mimmo68 »

Racconto avvincente, letto tutto d'un fiato. Complimenti per la tua impresa @bianco222, esemplare per resilienza, tenacia e determinazione :hail:
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gambacorta Utente donatore Donatore
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Re: Tor Des Geants - Courmayeur (AO) - 06-15/09/2024

Messaggio da gambacorta »

che viaggio hai fatto, grandissimo @bianco222 🔝🔝
…”quando l’uomo ha mete da raggiungere non può invecchiare” … cit. EF
fai correre anche tu il :pig: scopri->qui<-come!
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monzarun
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Re: Tor Des Geants - Courmayeur (AO) - 06-15/09/2024

Messaggio da monzarun »

Bellissimi racconti e ringrazio per le vostre condivisioni che mi fanno togliere dalla mente anche solo l’ipotesi di iscrivermi al ballottaggio :D
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fai correre anche tu il porcellino :pig: di Running Forum, scopri qui come! viewtopic.php?t=46765
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CMauri
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Re: Tor Des Geants - Courmayeur (AO) - 06-15/09/2024

Messaggio da CMauri »

bianco222 ha scritto: 20 set 2024, 22:08 Ecco il mio racconto del TOR de Glacier. È un po’ lungo. Come la gara d'altronde… :beer:
Bellissimo racconto!!!
Ho già due tor alle spalle e una decina d'anni di alpinismo in gioventù. Ma il glaciers credo resterà per me sempre off limits.
Bravissimo
CV: 10xResegUp, MoRe, MoMot, UD80, GTC, UTCC, TOR30, TOR130, 2xTOR330, 2xLUT, UTLAC250, UMS, SwissPeaks360, UTMB, BY winner, Ultrabalaton, Spartathlon, 48h winner
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Re: Tor Des Geants - Courmayeur (AO) - 06-15/09/2024

Messaggio da HappyFra »

Che esperienza pazzesca, direi che il tuo nick non poteva essere più azzeccato @bianco222 !! :D :hail: Grazie mille del tuo racconto così dettagliato, mi piace un sacco leggere tutto quello che vivete in queste giornate veramente intense, emerge molto anche la tua esperienza e capacità di gestirti in alta montagna, penso che faccia veramente la differenza e che sia imprescindibile in prove del genere, se penso ai 160k a botta senza alcuna assistenza mi viene male!!! Sei stato veramente un grande! :hail: =D> :king:
21: 1:50:49 - 2024 Verona
42: 3:58:33 - 2024 Barcellona
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Moran
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Re: Tor Des Geants - Courmayeur (AO) - 06-15/09/2024

Messaggio da Moran »

=D> =D> =D> Applausi infiniti, per il bellissimo racconto @bianco222 e per la prova di resistenza dimostrata! Chapeau!
5k: 23'44" (all. 2022)
HM: 1h51'59" (Cagliari Respira 2021)
30k: 3h00'18" (passaggio Padova 2017)
Maratona: 4h14'26" (Padova 2017)
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M_Pasinelli
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Re: Tor Des Geants - Courmayeur (AO) - 06-15/09/2024

Messaggio da M_Pasinelli »

Grazie mille @bianco222!

Racconto bellissimo ed emozionante!
Non preoccuparti della lunghezza, anzi!
Ho letto tre libri su Tor e Glacier, se il tuo racconto si allunga sarei felice di salire a quattro :D

Condivido appieno i tuoi pensieri sull'arrivo, sono momenti "sacri" e di emozione, inoltre cosa cambiano 30 secondi su una gara di una settimana...


Infine: Ora come sta il tuo ginocchio?
PB 10K 40'59'' (Diecimila sul Brembo, 01.25)
PB 21K 1h29'45” (G&R Half Marathon, Verona, 02.24)
ULTRA: V
25: Ledro Trail 44k
24: Eiger 51k, Tenerife Bluetrail 73k, LMIT 44k
23: UTLO 55k
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dragonady
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Re: Tor Des Geants - Courmayeur (AO) - 06-15/09/2024

Messaggio da dragonady »

Bellissimo racconto Bianco, di un viaggio unico e fantastico, grazie della condivisione. Hai saputo affrontare le tante difficoltà in maniera lucida, che è sicuramente una dote fondamentale per queste imprese. Bravissimo :hail: e grazie tante
"...Se saprai confrontarti con Trionfo e Rovina
E trattare allo stesso modo questi due impostori..."
Corry73 Utente donatore Donatore
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Re: Tor Des Geants - Courmayeur (AO) - 06-15/09/2024

Messaggio da Corry73 »

@bianco222 Grandissimo racconto e grande prestazione! Complimenti davvero, ho fatto parecchi tratti con “voi” della 450 e ho dovuto ammettere che siete di un’altra categoria. Immagino di averti incrociato sul percorso perché all’arrivo avevamo solo una manciata di minuti di differenza. Peccato non averti riconosciuto.

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