16.
stamattina uscito presto. Il Tomtom ha fatto i capricci: non mostrava i dati, solo due liniette --:-- su tutti i dati, per cui ero convinto che non stesse registrando. Ho tentato il reset ma perdendo un pezzo...
Per il resto un lentissimo di proposito, per non esagerare troppo dopo ieri e l'altro ieri che ho tentato di andare un po' più veloce. Finalmente sono riuscito a riportarmi sulla mattina presto. C'era un bel sole arancione all'alba quando sono uscito. Prima uscita in maglietta dell'anno, anche se ero praticamente l'unico... Certo ho perso tanta abitudine al freddo. Ho l'impressione che in realtà da più giovani o da... "adulti" la resistenza sia la stessa. E' l'atteggiamento che cambia. Ora rifiuto il freddo. Ma qquando lavoravo in Antartide era una sfida fra tutti mostrare indifferenza al freddo. Durante l'inverno antartico del 2003 passai un sacco di tempo all'esterno. La mattina mi svegliavo "all'ora dovuta", secondo il tempo siderale, che anticipa ogni giorno di 4 minuti. A metà dell'inverno era verso le 2 di notte, ma tanto l'ora è solo un concetto convenzionale lì. Dovevo fare un km buono a piedi tra la base e l'osservatorio, al buio completo. Le temperature arrivavano a -78 C, spesso col vento, che portava il windchill sotto i -100 C. Non si potevano portare nemmeno gli occhiali, per quanto da sci e di ottimo modello, sotto la balaclava, perché il vapore della pelle formava dopo pochi secondi uno strato di ghiaccio che li rendeva del tutto opachi.
Arrivavo nella sala di controllo deserta, dopo avere attraversato la pista di decollo per gli aerei che raggiungono la base solo da Ottobre a Febbraio. Ero l'unico a passare tutto il tempo in osservatorio, e comunque ero anche l'unico a servire quel radiotelescopio in particolare. Gli altri strumenti, molto più automatizzati, potevano essere controllati più o meno senza problemi dalla base stessa. Una volta data un'occhiata di routine alla strumentazione per registrare eventuali problemi e dare un'occhiata veloce ai dati acquisiti in mia assenza, dovevo uscire a controllare lo specchio e il ricevitore. Attraverso una botola strettissima entravo "dentro" al telescopio e con una scopa, una semplice scopa, rimuovevo il ghiaccio accumulato eventualmente sullo specchio primario. C'era sempre una montagna di neve ovunque all'esterno, soprattutto se c'era stato vento. Sottile e assolutamente incoerente. Era un'operazione che richiedeva 5 minuti e che andava fatta il più spesso possibile. Nonostante le temperature spesso uscivo in maglietta. Cominciavo a sentire freddo progressivamente, ma sapevo di avere il tempo di rientrare senza troppi problemi.
Ogni 2-3 giorni andavo sulla terrazza dell'osservatorio, spostavo a mano una lunga passerella per accedere allo strumento dall'esterno, spostavo a mano, nella neve, un dewar di elio liquido da 80 litri, e dopo avere immesso il tubo nel ricevitore, girato varie valvole e interruttori, iniziavo il trasferimento.
Richiedeva 20 minuti, al buio e al vento. All'inizio era una sensazione terribile. Sentivi la vita andarsene letteralmente. Se fossi svenuto per un piccolo incidente in pochi minuti sarei morto congelato. Alla fine dell'anno invece mi sembrava un'operazione come un altra, anche se a quelle temperature non c'era protezione che salvasse dal freddo, che prima o poi ti entrava nelle ossa. In tutto passavo almeno un'ora all'aperto ogni giorno, forse più, per 330 giorni consecutivi in cui non ebbi un solo giorno di pausa. Sabati, domeniche, natale, capodanno etc. inclusi (ma ero pagato BENE...). Sempre avanti e indietro dalla base all'osservatorio. A metà mattinata di solito mi mettevo a dormire, per terra, sul parka morbidissimo e di fronte agli amplificatori dei motori che gettavano fuori un vento caldo e secco come un sahara. Dormivo un'oretta e poi c'era davanti una giornata che di solito arrivava all'ora di cena, quando dovevo fare ritorno alla base.
Adesso, 13 anni dopo, quando sento un po' di freddo sulle braccia non mi sento a mio agio. Vorrei reagire e tornare ai livelli di una volta. Oggi è stato bello anche per questo, per riascoltare quella sensazione sulla pelle di leggera sfida, così familiare una volta.

(manutenzione al telescopio, MAPO Observatory, South Pole Station, 25/3/2003).

(durante un "refilling" dell'elio liquido, in agosto, quando le temperature raggiungono il punto più basso)