BravoDaddi ha scritto:@Andrea1969 hai tutta la mia approvazione, infatti in questi ultimi gg ho provato solo a "pensare" di allungare gli allenamenti inserendo qualche lungo per fare la maratona a febbraio ma leggendo te e riflettendo bene su "come" mi sono fatto male (x me la maratona ha dato il colpo di grazie al tda) dico "col cavolo" che farò più una maratona, non ci penso proprio....

Secondo me il concetto è questo : per fare quello che vorremmo (così come per farsi male) c'è sempre tempo; per fare invece quello che potremmo (e NON farsi male), di tempo potrebbe in qualsiasi momento non essercene abbastanza.
Sono settimane, ormai, nelle quali mi sto rendendo conto che "curare" questo male significa innanzitutto imparare a conviverci; conviverci significa cercare di domarlo, di metterlo al guinzaglio; e a sua volta domarlo significa auscultarlo (ripeto "auscultarlo", non "ascoltarlo"), ossia tenerci sopra uno stetoscopio esattamente come fa un medico col cuore, o un pennino come fanno i sismologi con la bocca di un vulcano per scrutarne le viscere.
Il tendine è forse uno degli organi che più di altri manda messaggi ricorrendo a uno spettro cromatico quanto mai ampio. Per decifrarlo occorre riconoscerne le vibrazioni, le sfumature, le differenze, le anomalie, le evoluzioni. Cose quasi sempre impercettibili in quanto simili ad ultrasuoni : con le orecchie ed il normale ascolto - il più delle volte superficiale e distratto - non si riconoscono.
D'altro canto proprio come un cane al guinzaglio c'è da aspettarsi che a più riprese questo male cerchi di fuggire e di riprendersi la sua libertà, ossia di ripresentarsi come prima, nelle sue forme più selvatiche e quindi più scorbutiche.
E' una bestia selvatica che va tenuta a bada alternando il bastone e la carota.
Il bastone significa ad esempio provare di volta in volta a dominare tale bestia superando una soglia, un limite, per vedere se di fronte a questo la bestia resta docile e non reagisce; la carota vuol dire viceversa rispettare quella soglia o quel limite se essi si confermano tali in quanto la bestia digrigna immediatamente i denti e ce lo fa magari capire anche col dolore di un morso: e allora serve tornare immediatamente sotto.
Per quanto mi riguarda tutto questo mi sta portando da settimane a fare un lavoro certosino di "identificazione" su ciò che posso e ciò che non posso permettermi : il tipo di fondo, le soglie di durata, le soglie di frequenza, le soglie di velocità.
E credo di essere appunto arrivato a dare un'identità a ciascuna di esse.
Ad esempio, ho concluso in modo ormai inoppugnabile (il che significa a suon di dolori, bruciori, strascicamenti) che l'asfalto è un killer. Ho concluso che in questo momento la mia soglia limite sta sui 4'40" / km. , ovvero poco sopra quella che avevo prima dell'infiammazione. L'ho capito andandoci sotto per due volte fino a sfiorare i 4'30" per poi ritrovarmi entrambe le volte a provare di nuovo lo zoppicamento, i bruciori e le sensazioni di un reinnesco dell'infiammazione (e si può immaginare la strizza). Ho capito che la mia durata limite sta sull'ora / ora e un quarto. E che posso permettermi al massimo 2 uscite settimanali (più un'eventuale terza ma questa solo al trotto).
Poi ci sarebbe tutto un discorso sul rispetto delle sensazioni. Faccio un esempio solo per rendere l'idea. Anch'io ho provato (parlo dell'estate 2014, all'inizio dell'odissea) i famigerati esercizi eccentrici. Li ho fatti per non più di un paio di settimane, per il semplice motivo che mi davano la netta sensazione di acuire ancora di più l'infiammazione ed il dolore anziché lenirli. Certo, ero e resto consapevole che il tendine necessita di essere in qualche modo "stirato", altrimenti perde elasticità. Ma avvertivo chiaramente che nel mio specifico caso non era quello il modo di farlo. Cosicché lambiccandomi il cervello me ne sono trovato un altro : il cammino lento e a passo lungo. Se provate a fare passi più lunghi del normale noterete che per forza di cose il tendine della gamba che di volta in volta rimane indietro deve per forza allungarsi. Se il passo oltre che lungo è anche abbastanza lento e controllato, lo stiramento che ne deriva è del tutto analogo : lento e controllato. Ecco: il fine era lo stesso degli esercizi eccentrici, ma il mezzo con il quale ho cercato di ottenerlo è stato abbastanza diverso. E lo sentivo molto più cucito e calzante sulle mie necessità e sensazioni.
Insomma, è come se, uscito di prigione (perché un autentico carcere sono stati i 15 mesi passati), ora mi trovassi in libertà condizionata. E dovessi definire io stesso i limiti di tale libertà, e ovviamente rispettarli, proprio come dover tenere una buona condotta. Sapendo che al minimo sgarro, rischio di tornare dentro.
Insomma, ci vuole il coraggio abbinato alla prudenza, che significa non aver timore di provare, purchè senza salti in avanti, senza eccessi, restando sempre pronti a fermarsi all'istante e - se necessario - anche a tornare indietro.