Improvvisamente ci accorgemmo di quanto poco poco minestrone era rimasto, ma per fortuna ci eravamo sbagliati.
Il fato ci aiutò, per fortuna. La lucertola annegò, presi il piatto e a malincuore lo rovesciai nella pattumiera ma nel fondo del piatto trovai spalmata una ditata di grasso, bruciato per giunta, al che il fratello della mia amata sorella, cioè mio fratello - quel bischero - decise che non si poteva continuare così e buttò tutto. Così prese la rincorsa, e con una capriola da circo equestre, lanciò fuori dalla finestra il piatto con risolutezza forse eccessiva, ma qualcosa andò storto ed il postino di passaggio si prese tutto in faccia e sputò un ranocchio.
"Ma che schifo!" - esclamò lo sventurato.
Nel frattempo in cucina, un topo con le orecchie grandi come padelle, stava trafficando nel ripiano inferiore della credenza, quando all'improvviso un gattone si avventò sulla ciotola dei cereali rimasta sul ripiano superiore incustodita.
"Ma che storia"...disse il topo, guardandolo con commiserazione; il gattone noncurante continuava a divorare i cereali senza nemmeno accorgersi del fumo che usciva dalle orecchie del cagnaccio ringhiante che avanzava correndo verso di lui.
Improvvisamente, la centrale nucleare esplose con un fragoroso boato e la scodella saltò giù, rompendosi in mille pezzi. Tutti si nascosero sotto il letto della nonna...e trovarono una grande scatola.
Che sorpresa! Dentro, ben avvolto in un antico sudario si trovava un manoscritto con strane pagine! Sembravano fatte di carta pesta, ed erano tutte colorate e profumate, le lettere erano scritte con una calligrafia che sembrava di altri tempi.
Iniziando a leggere mi emozionai perchè mi resi subito conto che era stata scritta da Mario Setragno, un poeta forse incompreso ma molto ironico, che disquisiva di torte alla fragola, acido lattico, soglie, ripetute e lunghi, quanto il suo proverbiale intuito lavorativo.
Ma osservando attentamente , si resero conto ( ma il soggetto della farse non era singolare ? n.d.r....fa lo stesso


Mentre stava pensando passò di lì un brutto ceffo,