
L'efficienza Tecnica - Appoggio & Rullata
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Re: L'efficienza Tecnica - Appoggio & Rullata
Dopo aver letto il studio di Larsen non mi preoccupo piu... eseguo tutti gliesercizi pero non mi fascio la testa per forzare cambio di atterrare 

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Re: L'efficienza Tecnica - Appoggio & Rullata
personalmente tanti anni fa usavo correre sull'avampiede, fino a quando durante una maratona la stanchezza dei polpacci e dei vasti laterali non mi costrinse ad adottare una tecnica più umana. Infortuni a iosa, efficacia di corsa zero. Questo per vari motivi:
1) appoggiando sull'avampiede l'ammortizzazione dell'impatto è nettamente in frenata, si spende energia per rallentare il baricentro e poi va spesa di nuovo per spingersi
2) il tendine d'Achille non si rilassa mai
3)non interviene quasi per niente il bicipite femorale e poco il gluteo, che invece sono muscoli fondamentali per la corsa e la deambulazione. Sono i muscoli adatti a lavori di resistenza, divenuti molto più trofici nei primati scesi dagli alberi.
4) lavora moltissimo il quadricipite, che non è un muscolo fisiologicamente adatto a lavori di durata. Come il tricipite del braccio, sono muscoli che le scimmie usano per arrampicarsi di scatto su un tronco d'albero, quindi adatte a lavori anaerobici di potenza: per sfuggire ad un predatore, ad esempio.
Attualmente tendo a dolori ai muscoli tibiali dovuti ad appoggi del piede troppo avanti rispetto al baricentro, e sto cercando di correggere la tecnica di corsa. Le immagini dei corridori professionisti non devono portare gli amatori a voler imitare troppo la postura, in quanto la distribuzione del peso varia molto con la velocità. Nelle foto di Baldini et al. vediamo poggiare molto marcatamente il tallone, con la gamba molto stesa, ma alla loro velocità il peso è caricato molto più avanti di quanto sembri nelle foto da fermi
1) appoggiando sull'avampiede l'ammortizzazione dell'impatto è nettamente in frenata, si spende energia per rallentare il baricentro e poi va spesa di nuovo per spingersi
2) il tendine d'Achille non si rilassa mai
3)non interviene quasi per niente il bicipite femorale e poco il gluteo, che invece sono muscoli fondamentali per la corsa e la deambulazione. Sono i muscoli adatti a lavori di resistenza, divenuti molto più trofici nei primati scesi dagli alberi.
4) lavora moltissimo il quadricipite, che non è un muscolo fisiologicamente adatto a lavori di durata. Come il tricipite del braccio, sono muscoli che le scimmie usano per arrampicarsi di scatto su un tronco d'albero, quindi adatte a lavori anaerobici di potenza: per sfuggire ad un predatore, ad esempio.
Attualmente tendo a dolori ai muscoli tibiali dovuti ad appoggi del piede troppo avanti rispetto al baricentro, e sto cercando di correggere la tecnica di corsa. Le immagini dei corridori professionisti non devono portare gli amatori a voler imitare troppo la postura, in quanto la distribuzione del peso varia molto con la velocità. Nelle foto di Baldini et al. vediamo poggiare molto marcatamente il tallone, con la gamba molto stesa, ma alla loro velocità il peso è caricato molto più avanti di quanto sembri nelle foto da fermi
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R: Re: L'efficienza Tecnica - Appoggio & Rullata
Sbaglio o se si viaggia a 3'30" e si appoggia il tallone il tempo di transizione e di contatto al suolo è talmente breve che attenua lo scarico del peso rendendo meno traumatica la corsa rispetto a chi percorre la stessa distanza a 5' ?rodrigotardegardo ha scritto: Nelle foto di Baldini et al. vediamo poggiare molto marcatamente il tallone, con la gamba molto stesa, ma alla loro velocità il peso è caricato molto più avanti di quanto sembri nelle foto da fermi
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Re: L'efficienza Tecnica - Appoggio & Rullata
Non sono un integralista della corsa su avampiede, ma nel post di @rodrigotardegardo ci sono delle affermazioni molto contestabili, oppure sono valide per il suo modo errato di correre, da qui i problemi...In breve:
- non è vero che nell'appoggio di avampiede (ma sarebbe meglio dire mesopiede) l'appoggio avviene in frenata. Il piede quando appoggia è già in fase di richiamo sotto al corpo
- il tendine non si rilassa mai se non ti sei abituato gradualmente
- poggiare il piede molto avanti rispetto al ginocchio è sempre deleterio, anche se ti chiami Baldini...
Eccetera eccetera....
- non è vero che nell'appoggio di avampiede (ma sarebbe meglio dire mesopiede) l'appoggio avviene in frenata. Il piede quando appoggia è già in fase di richiamo sotto al corpo
- il tendine non si rilassa mai se non ti sei abituato gradualmente
- poggiare il piede molto avanti rispetto al ginocchio è sempre deleterio, anche se ti chiami Baldini...
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Itadakimasu (con umiltà ricevo).
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Re: L'efficienza Tecnica - Appoggio & Rullata
Si, si parlava di queste cose pagine fà...
Purtroppo ci sono le persone che hanno fretta di scrivere senza aver letto la discussione, peccato
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Re: L'efficienza Tecnica - Appoggio & Rullata
@rodrigotardegardo
Dei 4 punti che hai segnato condivido solo il 4.
Sugli altri 3 sono completamente in disaccordo.
@tutti
L'ho già detto in passato, ma lo ribadisco:
a) Provare da soli a correggere la tecnica di corsa porta facilmente ad infortuni, ci vuole qualcuno esperto che vi segua
b) Ognuno ha una propria tenica, quello che va bene a me, non va bene a tutti. Non c'è una tecnica perfetta o più efficiente in assoluto.
Michael Johnson correva da schifo (come diceva Mennea come un cameriere).
Dei 4 punti che hai segnato condivido solo il 4.
Sugli altri 3 sono completamente in disaccordo.
@tutti
L'ho già detto in passato, ma lo ribadisco:
a) Provare da soli a correggere la tecnica di corsa porta facilmente ad infortuni, ci vuole qualcuno esperto che vi segua
b) Ognuno ha una propria tenica, quello che va bene a me, non va bene a tutti. Non c'è una tecnica perfetta o più efficiente in assoluto.
Michael Johnson correva da schifo (come diceva Mennea come un cameriere).
PBs:880yd 2.24-1km 3.03-1500m 4.54-1mi 5.14-3km 10.36-5km 18.32-10km 41.03-21km 1.27.52-42km 4.24.57
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Re: L'efficienza Tecnica - Appoggio & Rullata
ecco cosa ha scritto Arcelli in libro Voglio Correre
«SOLLEVA le ginocchia», «Alza di più il sedere», «Non appoggiare a terra i talloni ma solo l’avampiede», «Fa’ il passo più lungo», «Estendi bene il ginocchio nella fase di spinta». Io stesso, da quando corro, me lo sono sentito dire tante volte, anche se per la verità nell’ultimo periodo un po’ meno che in passato.
Alcuni di quelli che danno questi consigli (e sono i più pericolosi) hanno magari anche una certa conoscenza dell’atletica ma pensano alla maniera di correre degli sprinter o, nella migliore delle ipotesi, dei mezzofondisti di valore mondiale, che nelle gare tengono velocità doppie di quelle della maggior parte degli amatori e dei principianti. Altri, probabilmente, da ragazzi hanno imparato dai loro insegnanti di educazione fisica che si deve correre con un passo alto, ampio e svolazzante. Tutti, in ogni caso, si sentono in dovere di offrire questi suggerimenti a chi ha una tecnica diversa rispetto al modello che hanno in mente e faticano ad accettare l’idea che esista un’alternativa.
Qualche volta, forte dei miei studi di biomeccanica della corsa con Rodolfo Margaria e Giovanni Cavagna (studiosi di fama mondiale), ho cercato di spiegare a queste persone che chi corre a lungo, soprattutto se non è fra quei pochi che hanno un ritmo di 3 minuti al chilometro o poco più, commette un grosso errore non appoggiando il tallone o alzando molto le ginocchia; questo modo di correre, infatti, è antieconomico e traumatizzante. Ma è difficile convincere chi sostiene fermamente un’opinione, per quanto assurda possa essere.
L’amatore che si dedica alle lunghe distanze e, a maggior ragione, il principiante, non devono mai ascoltare chi propone loro di correre come Usain Bolt, o come i più forti atleti del mondo nello sprint, o come i campioni italiani dei 3.000 e dei 5.000 metri. Le varie fasi della corsa, del resto, sono molto legate alla velocità; non ha senso, dunque, che chi corre a un’andatura inferiore imiti chi lo fa a un ritmo molto superiore al suo. Nella parte lanciata dei 100 metri (quella dopo i 40 o i 50 metri), per esempio, i migliori superano i 40 chilometri l’ora; tali velocità sono possibili solo se la spinta è molto elevata, e ciò porta a una grande apertura del passo e a un notevole innalzamento delle ginocchia. Proprio per il fatto che l’andatura è così sostenuta, poi, il tempo di permanenza del piede al suolo è minimo e il contatto con il terreno è necessariamente limitato all’avampiede. Anche nei 5.000 metri i corridori ai massimi livelli mantengono ritmi vicini ai 24 chilometri l’ora e, in qualche momento della gara, li superano. Andando al 50% di questa velocità (12 chilometri l’ora, pari a 5 minuti al chilometro), si termina una maratona in poco meno di 3 h e 31’, un tempo che farebbe felice la maggior parte dei principianti e degli amatori al di sopra di una certa età. Se l’andatura è decisamente più bassa, dunque, anche la tecnica di corsa non può essere la stessa: le spinte devono essere nettamente più limitate, e questo non richiede certo l’estensione completa dell’arto. Di conseguenza, il passo risulta assai meno aperto, le ginocchia possono essere molto più basse (questo consente di risparmiare l’energia che si spenderebbe se le cosce fossero sollevate di più), la durata di ciascun appoggio a terra risulta maggiore perché la velocità è minore, quindi il tallone ha tempo per toccare terra e così via.
Premesso che nella maggior parte dei casi solo un tecnico valido (e che abbia la possibilità di seguire da vicino il corridore) può fornire i consigli giusti per correggere il gesto atletico, quali suggerimenti si possono dare in generale a un amatore che si cimenta nelle prove dai 10 chilometri in su e, soprattutto, a un principiante?
Eccoli:
Avere una corsa piatta, vale a dire con la fase di volo il più breve possibile e senza sollevamenti del tronco a ogni spinta. Chiunque è in grado di valutare da solo se ha questo difetto: con la coda dell’occhio, infatti, ci si può rendere conto se si hanno grosse oscillazioni verticali quando si corre vicino a un muro, a una cancellata o a una siepe. C’è chi crede che un’azione aerea e rimbalzante sia da preferire a quella piatta, forse basandosi sull’erronea convinzione che l’elasticità muscolare si utilizzi al meglio quando c’è un’ampia escursione dell’angolo fra la caviglia e la gamba. Se si segue questa strada, però, oltre ad aumentare enormemente il rischio di infortuni, si ha una corsa poco economica, dal momento che i muscoli sono sì in grado di accumulare energia elastica (proprio come fa un elastico quando viene tirato), ma ne restituiscono soltanto una parte. È come se ogni volta spendessimo 100 euro e ce ne fossero restituiti soltanto 40 o 50; quanti più ne sborsiamo, quindi, tanti più ne perdiamo.
Sollevare poco le ginocchia. Avere la corsa piatta significa anche alzare il meno possibile le ginocchia e tenere i piedi sempre molto vicini al terreno, sia davanti sia dietro il corpo. Solo se si corre ben più forte dei 15 chilometri l’ora (vale a dire a meno di 4 minuti al chilometro) si può prendere in considerazione la possibilità di sollevare un po’ le ginocchia, senza però avere innalzamenti sensibili del tronco a ogni spinta.
Appoggiare con il retropiede. È importante che il piede arrivi a terra con il tallone, anche se solo per un istante. Quando, alle basse velocità di corsa, il contatto con il suolo avviene soltanto con la parte anteriore del piede, in genere si può ritenere che questo non sia un gesto spontaneo, ma appreso magari da un insegnante di educazione fisica vecchio stampo. Oltre tutto, in chi corre appoggiando esclusivamente l’avampiede gli infortuni sono molto più frequenti.Non fare il passo molto lungo. È del tutto errato cercare di fare il passo lungo, dato che di solito questo fa aumentare la spesa; è invece preferibile correre a passi agili. Ovviamente, c’è anche chi fa il passo troppo breve; fra i due difetti, però, quest’ultimo è sempre preferibile, sia perché determina un incremento più contenuto del costo della corsa, sia perché non accresce il rischio di lesioni da sovraccarico.
Mantenere il busto verticale. È sbagliato sia tenere le spalle arretrate rispetto al bacino, sia il busto inclinato in avanti. Talvolta l’errore nasce da problemi alla colonna vertebrale e/o alla muscolatura addominale (anche in questi casi, è utile che un bravo tecnico studi il problema e trovi i migliori rimedi). Spesso, però, per ottenere un buon assetto del tronco è sufficiente adottare un «trucco» che utilizzo da molti anni e ho sempre trovato molto efficace: si deve cercare di correre tenendo il più possibile il petto alto e contemporaneamente il mento «in dentro», cioè vicino all’estremità superiore dello sterno, guardando 8-10 metri avanti a sé. Dapprima questa posizione può sembrare difficile da mantenere, ma nel giro di poche settimane (o, addirittura, di poche sedute) diventa spontanea.
Tenere le spalle sciolte e basse. Per farlo, non è sufficiente cercare di essere decontratti nella parte alta del tronco e nelle braccia; talvolta è necessario fare specifici esercizi di mobilità delle spalle.
Muovere bene i gomiti e tenerli vicino al corpo. I gomiti devono andare avanti e indietro, rimanendo sempre accanto al tronco. L’angolo fra il braccio e l’avambraccio deve essere di poco inferiore ai 90°. Le mani devono incrociarsi davanti al corpo, muovendosi quasi come se dovessero raggiungere il lobo dell’orecchio del lato opposto, anche se in realtà non ci si avvicinano nemmeno.
Rilassare le mani. Le mani devono essere semichiuse; di solito suggerisco di tenere le dita come se si avessero due castagne nel palmo. È molto meglio che le mani non siano né completamente aperte, né troppo strette (a pugno), perché in entrambi i casi ci sarebbe la tendenza a una maggiore tensione muscolare degli arti superiori e delle spalle. La muscolatura di tutto il corpo, infine, deve essere il più possibile sciolta, rilassata e decontratta.

«SOLLEVA le ginocchia», «Alza di più il sedere», «Non appoggiare a terra i talloni ma solo l’avampiede», «Fa’ il passo più lungo», «Estendi bene il ginocchio nella fase di spinta». Io stesso, da quando corro, me lo sono sentito dire tante volte, anche se per la verità nell’ultimo periodo un po’ meno che in passato.
Alcuni di quelli che danno questi consigli (e sono i più pericolosi) hanno magari anche una certa conoscenza dell’atletica ma pensano alla maniera di correre degli sprinter o, nella migliore delle ipotesi, dei mezzofondisti di valore mondiale, che nelle gare tengono velocità doppie di quelle della maggior parte degli amatori e dei principianti. Altri, probabilmente, da ragazzi hanno imparato dai loro insegnanti di educazione fisica che si deve correre con un passo alto, ampio e svolazzante. Tutti, in ogni caso, si sentono in dovere di offrire questi suggerimenti a chi ha una tecnica diversa rispetto al modello che hanno in mente e faticano ad accettare l’idea che esista un’alternativa.
Qualche volta, forte dei miei studi di biomeccanica della corsa con Rodolfo Margaria e Giovanni Cavagna (studiosi di fama mondiale), ho cercato di spiegare a queste persone che chi corre a lungo, soprattutto se non è fra quei pochi che hanno un ritmo di 3 minuti al chilometro o poco più, commette un grosso errore non appoggiando il tallone o alzando molto le ginocchia; questo modo di correre, infatti, è antieconomico e traumatizzante. Ma è difficile convincere chi sostiene fermamente un’opinione, per quanto assurda possa essere.
L’amatore che si dedica alle lunghe distanze e, a maggior ragione, il principiante, non devono mai ascoltare chi propone loro di correre come Usain Bolt, o come i più forti atleti del mondo nello sprint, o come i campioni italiani dei 3.000 e dei 5.000 metri. Le varie fasi della corsa, del resto, sono molto legate alla velocità; non ha senso, dunque, che chi corre a un’andatura inferiore imiti chi lo fa a un ritmo molto superiore al suo. Nella parte lanciata dei 100 metri (quella dopo i 40 o i 50 metri), per esempio, i migliori superano i 40 chilometri l’ora; tali velocità sono possibili solo se la spinta è molto elevata, e ciò porta a una grande apertura del passo e a un notevole innalzamento delle ginocchia. Proprio per il fatto che l’andatura è così sostenuta, poi, il tempo di permanenza del piede al suolo è minimo e il contatto con il terreno è necessariamente limitato all’avampiede. Anche nei 5.000 metri i corridori ai massimi livelli mantengono ritmi vicini ai 24 chilometri l’ora e, in qualche momento della gara, li superano. Andando al 50% di questa velocità (12 chilometri l’ora, pari a 5 minuti al chilometro), si termina una maratona in poco meno di 3 h e 31’, un tempo che farebbe felice la maggior parte dei principianti e degli amatori al di sopra di una certa età. Se l’andatura è decisamente più bassa, dunque, anche la tecnica di corsa non può essere la stessa: le spinte devono essere nettamente più limitate, e questo non richiede certo l’estensione completa dell’arto. Di conseguenza, il passo risulta assai meno aperto, le ginocchia possono essere molto più basse (questo consente di risparmiare l’energia che si spenderebbe se le cosce fossero sollevate di più), la durata di ciascun appoggio a terra risulta maggiore perché la velocità è minore, quindi il tallone ha tempo per toccare terra e così via.
Premesso che nella maggior parte dei casi solo un tecnico valido (e che abbia la possibilità di seguire da vicino il corridore) può fornire i consigli giusti per correggere il gesto atletico, quali suggerimenti si possono dare in generale a un amatore che si cimenta nelle prove dai 10 chilometri in su e, soprattutto, a un principiante?
Eccoli:
Avere una corsa piatta, vale a dire con la fase di volo il più breve possibile e senza sollevamenti del tronco a ogni spinta. Chiunque è in grado di valutare da solo se ha questo difetto: con la coda dell’occhio, infatti, ci si può rendere conto se si hanno grosse oscillazioni verticali quando si corre vicino a un muro, a una cancellata o a una siepe. C’è chi crede che un’azione aerea e rimbalzante sia da preferire a quella piatta, forse basandosi sull’erronea convinzione che l’elasticità muscolare si utilizzi al meglio quando c’è un’ampia escursione dell’angolo fra la caviglia e la gamba. Se si segue questa strada, però, oltre ad aumentare enormemente il rischio di infortuni, si ha una corsa poco economica, dal momento che i muscoli sono sì in grado di accumulare energia elastica (proprio come fa un elastico quando viene tirato), ma ne restituiscono soltanto una parte. È come se ogni volta spendessimo 100 euro e ce ne fossero restituiti soltanto 40 o 50; quanti più ne sborsiamo, quindi, tanti più ne perdiamo.
Sollevare poco le ginocchia. Avere la corsa piatta significa anche alzare il meno possibile le ginocchia e tenere i piedi sempre molto vicini al terreno, sia davanti sia dietro il corpo. Solo se si corre ben più forte dei 15 chilometri l’ora (vale a dire a meno di 4 minuti al chilometro) si può prendere in considerazione la possibilità di sollevare un po’ le ginocchia, senza però avere innalzamenti sensibili del tronco a ogni spinta.
Appoggiare con il retropiede. È importante che il piede arrivi a terra con il tallone, anche se solo per un istante. Quando, alle basse velocità di corsa, il contatto con il suolo avviene soltanto con la parte anteriore del piede, in genere si può ritenere che questo non sia un gesto spontaneo, ma appreso magari da un insegnante di educazione fisica vecchio stampo. Oltre tutto, in chi corre appoggiando esclusivamente l’avampiede gli infortuni sono molto più frequenti.Non fare il passo molto lungo. È del tutto errato cercare di fare il passo lungo, dato che di solito questo fa aumentare la spesa; è invece preferibile correre a passi agili. Ovviamente, c’è anche chi fa il passo troppo breve; fra i due difetti, però, quest’ultimo è sempre preferibile, sia perché determina un incremento più contenuto del costo della corsa, sia perché non accresce il rischio di lesioni da sovraccarico.
Mantenere il busto verticale. È sbagliato sia tenere le spalle arretrate rispetto al bacino, sia il busto inclinato in avanti. Talvolta l’errore nasce da problemi alla colonna vertebrale e/o alla muscolatura addominale (anche in questi casi, è utile che un bravo tecnico studi il problema e trovi i migliori rimedi). Spesso, però, per ottenere un buon assetto del tronco è sufficiente adottare un «trucco» che utilizzo da molti anni e ho sempre trovato molto efficace: si deve cercare di correre tenendo il più possibile il petto alto e contemporaneamente il mento «in dentro», cioè vicino all’estremità superiore dello sterno, guardando 8-10 metri avanti a sé. Dapprima questa posizione può sembrare difficile da mantenere, ma nel giro di poche settimane (o, addirittura, di poche sedute) diventa spontanea.
Tenere le spalle sciolte e basse. Per farlo, non è sufficiente cercare di essere decontratti nella parte alta del tronco e nelle braccia; talvolta è necessario fare specifici esercizi di mobilità delle spalle.
Muovere bene i gomiti e tenerli vicino al corpo. I gomiti devono andare avanti e indietro, rimanendo sempre accanto al tronco. L’angolo fra il braccio e l’avambraccio deve essere di poco inferiore ai 90°. Le mani devono incrociarsi davanti al corpo, muovendosi quasi come se dovessero raggiungere il lobo dell’orecchio del lato opposto, anche se in realtà non ci si avvicinano nemmeno.
Rilassare le mani. Le mani devono essere semichiuse; di solito suggerisco di tenere le dita come se si avessero due castagne nel palmo. È molto meglio che le mani non siano né completamente aperte, né troppo strette (a pugno), perché in entrambi i casi ci sarebbe la tendenza a una maggiore tensione muscolare degli arti superiori e delle spalle. La muscolatura di tutto il corpo, infine, deve essere il più possibile sciolta, rilassata e decontratta.
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Re: L'efficienza Tecnica - Appoggio & Rullata
Bella lettura e in gran parte la condivido ,anche se non è facile mettere bene in pratica tutto ciò che ha scritto Arcelli.
Io sono passato involontariamente da un appoggio come scrive lui ad uno esclusivamente di mesopiede e in effetti gli infortuni si sono triplicati,inoltre mi sto accorgendo sempre di più che tendo a supinare ,specialmente nei lenti,entrambi i piedi in modo accentuato ,cosa mai fatta in passato ( solo solo 2 anni che corro),penso che questo sia uno dei motivi della mia periostite che nonostante stop e cose varie si ripresenta puntualemte.Il fatto è che non riesco più a modificare la mia corsa.
Io sono passato involontariamente da un appoggio come scrive lui ad uno esclusivamente di mesopiede e in effetti gli infortuni si sono triplicati,inoltre mi sto accorgendo sempre di più che tendo a supinare ,specialmente nei lenti,entrambi i piedi in modo accentuato ,cosa mai fatta in passato ( solo solo 2 anni che corro),penso che questo sia uno dei motivi della mia periostite che nonostante stop e cose varie si ripresenta puntualemte.Il fatto è che non riesco più a modificare la mia corsa.
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Re: L'efficienza Tecnica - Appoggio & Rullata
E' stato già proposto in questo 3D il video (in inglese) ma lo ripropongo perché le immagini parlano da sole:
https://www.youtube.com/watch?v=zSIDRHUWlVo
Trovo il video uno dei più belli per "capire" come andrebbe gestita la rullata.
Quello che noto e di cui mi stupisco, non è tanto che l'atleta del video appoggi di mesopiede (e non con il tallone come scrive Arcelli) ma dove gli arrivi la suola della scarpa quando riprende la gamba. Tocca quasi il gluteo.
Basta vedere come corre un keniano che riesce a fare la stessa cosa. Però sono atleti....
Stupefacente!

https://www.youtube.com/watch?v=zSIDRHUWlVo
Trovo il video uno dei più belli per "capire" come andrebbe gestita la rullata.
Quello che noto e di cui mi stupisco, non è tanto che l'atleta del video appoggi di mesopiede (e non con il tallone come scrive Arcelli) ma dove gli arrivi la suola della scarpa quando riprende la gamba. Tocca quasi il gluteo.
Basta vedere come corre un keniano che riesce a fare la stessa cosa. Però sono atleti....
Stupefacente!


Dal 2014:18 maratone, 6 stars finisher; 2018 100km del Passatore, Ironman70:3
I miei libri: Il Passatore da zero https://tinyurl.com/er5tzd3z +il mio blog [url]https://zeromaratone.blogspot.com[/url]
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