Finalmente trovo anch'io un po' di tempo per il racconto "esteso".
Per me - e per il cognato eterno complice - prima Ultrabericus. Per il classico milione di motivi che tutti sappiamo, l'allenamento è stato piuttosto scarsetto. Unica attenuante, lo scialpinismo, che dai, se non è dislivello quello! Comunque l'ultimo lungo davvero lungo (32 km) risaliva per entrambi a fine dicembre; io ero riuscito a infilare diverse settimane consecutive sui 40-50 km complessivi, lui qualcosa di meno ("Ma, oh, lo scialpinismo! Quello vale doppio!"). Insomma, il motto delle settimane precedenti è stato: "Abbiamo fatto una ca**ata!" Di qui la decisione: non importa quanto ci mettiamo; stabiliamo dei paletti minimi: 1) non arrivare ultimi - 2) arrivare entro le 13 ore.
Con questo spirito ci troviamo a Vicenza la sera del venerdì con @marcounpapachecorre, tirato a lucido e reduce da un weekend da 85 km. Il suo obiettivo: intorno alle 8h30'. Finirà invece intorno alle 7h45', tanto per dire il livello. Comunque tutto ok: sabato mattina ci punzoniamo pure noi e riusciamo anche a salutare @casalingadisp. Parola d'ordine: ANDARE PIANO! A 100 metri dalla partenza già sgrido il cognato: "Oh, ma qui stiamo andando a 6'30", rallenta, per Giove!" Più che le salite, comunque, il vero nemico è la distanza, quindi decidiamo di impostare un ritmo super prudente per evitare di scoppiare in un qualsiasi punto X che non sia Piazza dei Signori.
La forma, almeno fino al terzo ristoro, sembra tenere. A parte quel bizzarro ingorgo sul pezzo verticale (gli esperti guardano noi neofiti che scalpitiamo e ci assicurano che è una cosa normale, anzi, tradizionale), si riesce a correre piuttosto bene, il tracciato non è difficile, i panorami non saranno quelli dolomitici, ma correre nella natura è sempre piacevole. Al quarto ristoro sono finiti i sali, allora sai che faccio? Mi attacco a birra e soppressa, che poi rutterò per i seguenti 20 km. All'ennesima espulsione di gas il cognato mi richiama all'ordine, ma rispondo con un perentorio: "Il galateo è morto al 30° km, adesso siamo tutti delle bestie!" E giù rutti al salame!
Il quinto ristoro è quello della vestizione e del lampadamento. Se non fosse per la stanchezza accumulata, la cosa del correre al buio mi piacerebbe anche di più. Per me è un esordio, non ho mai fatto gare che richiedessero l'uso della frontale. La gioia della novità passa rapidamente alla prima radice centrata con l'alluce, ovviamente. Da qui in poi la testa comincia a cedere. Il cognato va in allarme: "Oh, qui arriviamo ultimi, ci superano tutti!" I risultati diranno poi che, negli ultimi 20 km, abbiamo perso UNA posizione, ma si sa, "le ombre ed i fantasmi della notte sono alberi e cespugli..." (cit.).
I cinque km finali sono ridicolmente lunghi. Il cognato, il cui GPS è morto da ore, mi chiede: "Quanto manca?" "Cinque km", dico io, che ho ricaricato il Garmin al volo. Poi corriamo per quelle che ci sembrano tre ore e mi richiede: "Quanto manca?" - "Cinque km" - "Ma sei scemo? Mancavano cinque km tre ore fa! Adesso chiediamo all'alpino. ALPINO! ALPINO! Quanto manca?" - "Cinque km" - (Bestemmione in aramaico del cognato). Dopo altre tre ore (percepite), chiediamo a un altro alpino. "ALPINO! ALPINO! Quanto manca?" - "Un km di salita e due di discesa!" - (Bestemmione in uzbeko del cognato). Di colpo partono dei calcolli complicatissimi, sembriamo Totò e Peppino che scrivono la famosa lettera. "Ma questa era la salita da un km?" - "Boh, secondo me non abbiamo fatto un km" - "Ma se corriamo da settantadue ore!" - "Mancheranno cinque km, a occhio" - "Ma sei scemo? Guarda, è Vicenza quella?" - "Boh, secondo me è piccola per essere Vicenza. Adesso chiediamo all'alpino" (REPEAT).
Alla fine, dopo avere salutato tutti i santi del calendario sulla deliziosa scala della Corazzata Potiomkin e sull'ultimo mortale ponticello, tagliamo il traguardo in 10h26'! Obiettivi perfettamente centrati! "E adesso dove si prende la birra?" - "Eh, non lo so, chiediamo all'alpino!"
