Tor Des Geants - Courmayeur (AO) - 06-15/09/2024
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forna75
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Re: Tor Des Geants - Courmayeur (AO) - 06-15/09/2024
@bianco222 veramente un racconto impressionante. Devi avere una tempra incredibile per proseguire in quelle condizioni.
Niente, il Glacier è corsa di un campionato di altro livello rispetto alla quasi totalità degli altri ultra/endurance trail.
Hai ed avete tutto il mio rispetto e la mia stima
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Jorgelin
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Re: Tor Des Geants - Courmayeur (AO) - 06-15/09/2024
Uau, che viaggio hai fatto @bianco222 ! 
Non so proprio come tu possa aver avuto la forza mentale di proseguire e portare a termine questa gara, nonostante le innumerevoli difficoltà da superare.
Posto che non aspiro a fare gare così lunghe e dure, i racconti come il tuo mi fanno sentire un po' sfigato per essermi ritirato per molto ma molto meno, su gare decisamente più brevi. Ma mi servirà sicuramente per tener duro di più la prossima volta.
Non so proprio come tu possa aver avuto la forza mentale di proseguire e portare a termine questa gara, nonostante le innumerevoli difficoltà da superare.
Posto che non aspiro a fare gare così lunghe e dure, i racconti come il tuo mi fanno sentire un po' sfigato per essermi ritirato per molto ma molto meno, su gare decisamente più brevi. Ma mi servirà sicuramente per tener duro di più la prossima volta.
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offriends
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Re: Tor Des Geants - Courmayeur (AO) - 06-15/09/2024
Grande impresa @bianco! Complimenti di cuore per il viaggio e il racconto!!!
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Corry73
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Re: Tor Des Geants - Courmayeur (AO) - 06-15/09/2024
Volevate il raccontone? E mo son caz vostri!
Due decisioni prese, una settimana prima e il giorno prima della partenza, credo siano state fondamentali. La prima era stata quella di acquistare un nuovo paio di guanti, tipo moffole, parecchio ingombranti ma caldi e impermeabili. La seconda, forse ancora più importante, quando ho tolto dalla borsa gialla, già pronta, una maglia a manica lunga e un pantalone, per sostituirli con i due più pesanti nel mio armadio. Molto pesanti, poco comprimibili ma sicuramente caldi.
Quest’anno albergo in val Ferre, con ristorante annesso così è tutto più semplice. Mi accompagna Ilaria, dopo pranzo vado a ritirare il tagliandino, ne ho davanti più di 300, quindi passeggiata in centro. Quando torno al palazzetto incrocio Guendalina, percepisco la sua preoccupazione per Marco che vuole affrontare il Tor nonostante tutto e tutti. Ritiro borsone, pettorale e gps, trasloco dalla borsa già pronta con l’ansia di non poter cambiare più nulla. Quello che è fatto è fatto. Adesso posso contare solo su me stesso.
Dormo bene fino alle due, poi è un continuo rigirarmi. Mi sforzo a fare colazione e poi scendiamo a Courma dove mi aspettano Martin ed Augusto. Siamo sereni, non piove ancora e ci godiamo la partenza. Il piede mi fa male ma so che scaldandolo passerà, corricchio fino all’imbuto dove lo stop mi sembra più lungo degli altri anni, probabilmente il terreno scivoloso ha rallentato i soliti fenomeni che hanno voluto partire nelle prime file.
Si sale al Col D’Arp ed inizia a piovere, mi sento bene anche con solo maglietta e pantaloncini, fa ancora caldo, prendo un ritmo controllato, mi sento leggero, al contrario del 22, i battiti sono bassi. Bene.
A qualche centinaio di metri dalla cima metto il goretex, discesa verso La Thuille tutta corricchiando, non mi dispiace questa frescura e ci arrivo con 15 minuti di vantaggio sul mio miglior passaggio. Nel frattempo capisco che il copri zaino impermeabile non sta al suo posto, si stacca e penzola. Mi faccio dare una forbice e zac! Peso inutile tanto ho i vestiti nei sacchetti comprimibili ed impermeabili. Saluto Martin ed Augusto, che ne frattempo mi hanno raggiunto e scappo via.
All’uscita c’è una lunga strada in falsopiano, l’ho sempre camminata, stavolta corricchio, così mi tengo caldo. A me non è che sto clima mi dispiaccia poi così tanto. Infatti arrivo bene al Deffeyes e poi al Passo Alto. Mangio volentieri ai ristori, nel frattempo mi sono messo in lungo anche sotto, il clima è fresco ma non freddo, scendo sempre cercando di essere leggero e in salita spingo bene ma senza forzare. Crosatie sempre tosto. Così arrivo a Planaval dove devo elemosinare la seconda tazza di brodo perché mi dicono che tanto la base vita è solo a 5 km “eh ma appunto io ci metto un’ora e ho la nausea”. Approfitto del tratto in piano per una telefonatina alla moglie. Arrivo in base vita con 45 minuti di vantaggio sui mie precedenti. Mangio subito qualcosa e poi passo alle procedure togli e metti dal borsone. I piedi sono cotti ma senza fiacche, li faccio asciugare e metto la fissan, la presto anche ad un francese che è già messo malino, rimangio, arrivano Martin ed Augusto, gli ricordo di controllare i piedi e parto per la seconda tappa. Dentro di me sono ottimista ma so che devo restare molto concentrato.
Non ho cambiato le scarpe come da programma perché non ha ancora smesso di piovere e soprattutto il terreno è bagnato e scivoloso. So che in questa tappa negli altri anni ho perso davvero troppo tempo, quindi cerco, nonostante il buio e il sonno, di continuare a spingere in salita. A dire il vero mi sento leggero, anche in discesa dal Fenetre riesco a corricchiare e arrivo a Rhems con oltre un’ora suoi miei tempi. L’Entrelor è la salita che ho sempre sofferto di più ma questa volta riesco a farla con passo regolare e arrivo in cima quando qualche raggio di sole inizia a bucare le nuvole. Invece non mi ricordavo più la lunga discesa verso Eaux Rousse, mi fermo più volte a togliere strati di vestiti e perdo forse troppo tempo perché non riesco a correre nei tratti dove si dovrebbe. Alla base vita è un mortorio, tanti dormono sui tavoli, gente che sta male, uno vomita, un altro addirittura sviene e vene subito soccorso dai medici. Io ho lo stomaco sottosopra e so che prima di ripartire devo sistemarmelo. Ci metto un bel po’, trovo un ragazzo che ha addirittura due assistenti e dopo due ore di stop vuole provare a ripartire, mi chiede di andare insieme. Perché no? Fino ad ora sono sempre stato da solo e la salita al Loson mi ha sempre provocato allucinazioni da sonno. Saliamo bene, perlomeno nessuno ci sorpassa. Alle baite ci fermiamo a vestirci perché il vento inizia a picchiare. Anche l’ultimo tratto lo faccio senza rallentamenti, sbaglio solo a non mettere i guanti e arrivo in cima con le mani congelate, non riesco nemmeno a fare la foto e scappo in discesa. Adesso l’obiettivo è arrivare a Cogne prima del buio. Al Sella sono in anticipo di un’ora e mezza, faccio lo sborone, ordino caffè espresso, fetta di crostata e mi prendo una tavoletta di cioccolato bianco. Aggiungo qualcosa dal ristoro, forse della moccetta. Uscendo dar rifugio rimango sorpreso perché trovo uno che dorme su una panca, fa abbastanza freddo e non capisco perché non sia entrato, credo abbiano anche letti liberi. Avviso un volontario e vado.
Arrivo a Cogne alle 19’15 e qui forse faccio un errore. Anziché mangiare ed uscire veloce mi faccio la doccia provo a dormire, senza riuscirci ovviamente. Così riparto con il buio per quello che, lo so, sarà un tratto molto duro, non per il percorso ma per la testa.
Iniziano le mutazioni dello spazio-tempo, infatti arrivo al bel ristoro di Lillz dove ci sono bambini entusiasti che mi offrono il loro super caffè, i meno di mezz’ora del mio orologio interno, in realtà verificherò poi di averci messo un’ora e un quarto. Da qui inizia un sentiero infinito su e giù destra e sinistra, fatto apposta per fare perdere il senso dell’orientamento e distruggere la forza di volontà di noi poveri concorrenti. Ma io lo so e non mi faccio fregare, so che lì non è finita, so che lassù non è l’ultimo dosso, so che il rifugio Sogno non esiste e continuo imperterrito a camminare. Non so come arrivo all’attacco del Fenetre di Champorcher, non si sale ma si fanno lunghi avanti e indietro alla base della montagna, credo una cinquantina, ma forse sono cinquemila, prima di attaccare la bocchetta.
Sono sicuro che la discesa è veloce e arriverò facilmente al Dondena, il problema è che la faccio tutta in dormiveglia e non riesco a quantificare le distanze tra luci e bandierine. Passo il rifugio Miserin, chiuso, vedo subito il Dondena, aperto, pensavo più distante…entro e chiedo subito un letto, dopo avermi squadrato un ragazzo mi chiede quanto sonno ho, “tanto” e mi accompagna in camera.
Quest’anno sono attrezzato, tappini super insonorizzanti, metto il conto alla rovescia su 2 ore e più o meno mi addormento. Mi sveglio dopo un’ora e mezza, chiedo da mangiare ma non hanno quasi nulla. Chiedo se c’è un ristoro prima della fine della discesa e mi rispondono “il Dondena”. “Ma il Dondena non è questo?” “No siamo il Miserin” “ah”. E vado.
Arrivo al Dondena giusto a faccio colazione, il mio stomaco però fa fatica a lavorare durante la notte, così arrivo a Chardonney con la nausea. Mi metto 15 minuti su una sdraio sotto ad un fungo riscaldante.
Cerco sempre di non perdere troppo tempo e corricchio tutte le discese. Ovviamente senza forzature ma senza mai rallentare troppo. Arrivo a Pontboset che sto molto meglio, mi spoglio e riparto, il caldo inizialmente fa piacere ma poi inizia a dar fastidio, solito giro assurdo a arrivo a Donnas alle 11’30. Mangio, sistemo i piedi e incontro Simona che mi chiede se ho voglia di salire al Coda insieme. Lei va più forte di me in discesa ma se mi aspetta si può fare. Esco dalla base vita con due ore di vantaggio.
Fa caldissimo, ma caz abbiamo preso freddo fino a stamattina e adesso si muore dal caldo, al Tor non ci sono vie di mezzo, saliamo piano pianino, Simona ci sta mettendo un po’ a carburare ma almeno non faccio fatica, Perloz arriva veloce, faccio merenda e bevo una bella spremuta d’arancia, non so proprio come facciano i volontari a farci trovare queste sorprese. In discesa stacco un pochino Simona, tanto so già che mi riprenderà, infatti prima della Sassa arriva come un treno. Al ristoro ho una fame bestiale, molto bene. Si riparte con l’obbiettivo di vedere il Coda con la luce del sole, ne io ne lei ce l’abbiamo mai fatta. Arriviamo sulla cresta al tramonto, foto stratosferica. Io mi fermo a mettere il goretex con il risultato che a 50 metri dal rifugio mi fermano 10 minuti perché deve arrivare l’elicottero (tra l’altro anche al Dondena l’avevo visto scendere proprio davanti a me) con il risultato che mi raffreddo e arrivo al ristoro intirizzito. Fortuna vuole che il volontario sta accendendo il cannone stufa così mi preparo per la notte indossando indumenti belli caldi, che lusso. Si esce con l’idea di andare a dormire al Barma, in discesa rimango ancora da solo, in questo Tor sarà quasi sempre così, eppur ogni tanto mi lavo. Al Barma non ci sono letti liberi e i due poveri volontari impazziscono per accontentare tutti, devono anche dare la priorità a quelli della 450, io mi metto in lista, vado a a mangiare e scopro con grande gioia che hanno la polenta con lo spezzatino! Torno alle camere ma mi dicono che manca ancora tanto, allora mi trovo una panca imboscata e dormo secco mezz’ora. Mi sveglio e finalmente mi danno un letto, un’ora mezza, nelle altre edizioni mai avevo fatto due ore di sonno in una sola notte! Mangio ancora qualcosa, saluto Simona ed esco bello carico.
Al lago chiaro niente grigliata, colpa mia che sono arrivato troppo presto, punto tutto alla polenta del colle della Vecchia, entro nel tendone augurando a tutti “buon Natale!”, se non faccio il pirla non sono contento. Polenta eccelsa, faccio il bis. Arrivo a Niel bello cotto, non so perché ma non c’è stato un Tor dove sono arrivato in condizioni decenti in questo splendido borgo. Comunque stavolta non ho sonno, non ho acciacchi particolari, devo solo mangiare, andare in bagno e rimettermi in cammino, le simpatiche volontarie mi aiutano con qualche chiacchiera. Mi sono accorto che un elastico della ghetta si è rotto facendola scivolare sopra la scarpa, mi ha pizzicato il tendine e si sta formando una vescica. Sento dolore ma so che è una cosa superficiale, niente a che vedere con il collo bloccato del 22. Chiedo qualcosa al medico e mi da un cerottino microscopico, alla mia faccia perplessa risponde subito con un cerottone, non sono convinto e lo metto nello zaino, butto la ghetta e parto per il Lasoney. A Loo sto meglio ma non sono ancora a 100, non riesco a gustarmi tutte le prelibatezze che mi offrono ma comunque mi faccio una macedonia e qualche tramezzino, poi gestisco la discesa su Gressoney e ci arrivo in buone condizioni.
Due decisioni prese, una settimana prima e il giorno prima della partenza, credo siano state fondamentali. La prima era stata quella di acquistare un nuovo paio di guanti, tipo moffole, parecchio ingombranti ma caldi e impermeabili. La seconda, forse ancora più importante, quando ho tolto dalla borsa gialla, già pronta, una maglia a manica lunga e un pantalone, per sostituirli con i due più pesanti nel mio armadio. Molto pesanti, poco comprimibili ma sicuramente caldi.
Quest’anno albergo in val Ferre, con ristorante annesso così è tutto più semplice. Mi accompagna Ilaria, dopo pranzo vado a ritirare il tagliandino, ne ho davanti più di 300, quindi passeggiata in centro. Quando torno al palazzetto incrocio Guendalina, percepisco la sua preoccupazione per Marco che vuole affrontare il Tor nonostante tutto e tutti. Ritiro borsone, pettorale e gps, trasloco dalla borsa già pronta con l’ansia di non poter cambiare più nulla. Quello che è fatto è fatto. Adesso posso contare solo su me stesso.
Dormo bene fino alle due, poi è un continuo rigirarmi. Mi sforzo a fare colazione e poi scendiamo a Courma dove mi aspettano Martin ed Augusto. Siamo sereni, non piove ancora e ci godiamo la partenza. Il piede mi fa male ma so che scaldandolo passerà, corricchio fino all’imbuto dove lo stop mi sembra più lungo degli altri anni, probabilmente il terreno scivoloso ha rallentato i soliti fenomeni che hanno voluto partire nelle prime file.
Si sale al Col D’Arp ed inizia a piovere, mi sento bene anche con solo maglietta e pantaloncini, fa ancora caldo, prendo un ritmo controllato, mi sento leggero, al contrario del 22, i battiti sono bassi. Bene.
A qualche centinaio di metri dalla cima metto il goretex, discesa verso La Thuille tutta corricchiando, non mi dispiace questa frescura e ci arrivo con 15 minuti di vantaggio sul mio miglior passaggio. Nel frattempo capisco che il copri zaino impermeabile non sta al suo posto, si stacca e penzola. Mi faccio dare una forbice e zac! Peso inutile tanto ho i vestiti nei sacchetti comprimibili ed impermeabili. Saluto Martin ed Augusto, che ne frattempo mi hanno raggiunto e scappo via.
All’uscita c’è una lunga strada in falsopiano, l’ho sempre camminata, stavolta corricchio, così mi tengo caldo. A me non è che sto clima mi dispiaccia poi così tanto. Infatti arrivo bene al Deffeyes e poi al Passo Alto. Mangio volentieri ai ristori, nel frattempo mi sono messo in lungo anche sotto, il clima è fresco ma non freddo, scendo sempre cercando di essere leggero e in salita spingo bene ma senza forzare. Crosatie sempre tosto. Così arrivo a Planaval dove devo elemosinare la seconda tazza di brodo perché mi dicono che tanto la base vita è solo a 5 km “eh ma appunto io ci metto un’ora e ho la nausea”. Approfitto del tratto in piano per una telefonatina alla moglie. Arrivo in base vita con 45 minuti di vantaggio sui mie precedenti. Mangio subito qualcosa e poi passo alle procedure togli e metti dal borsone. I piedi sono cotti ma senza fiacche, li faccio asciugare e metto la fissan, la presto anche ad un francese che è già messo malino, rimangio, arrivano Martin ed Augusto, gli ricordo di controllare i piedi e parto per la seconda tappa. Dentro di me sono ottimista ma so che devo restare molto concentrato.
Non ho cambiato le scarpe come da programma perché non ha ancora smesso di piovere e soprattutto il terreno è bagnato e scivoloso. So che in questa tappa negli altri anni ho perso davvero troppo tempo, quindi cerco, nonostante il buio e il sonno, di continuare a spingere in salita. A dire il vero mi sento leggero, anche in discesa dal Fenetre riesco a corricchiare e arrivo a Rhems con oltre un’ora suoi miei tempi. L’Entrelor è la salita che ho sempre sofferto di più ma questa volta riesco a farla con passo regolare e arrivo in cima quando qualche raggio di sole inizia a bucare le nuvole. Invece non mi ricordavo più la lunga discesa verso Eaux Rousse, mi fermo più volte a togliere strati di vestiti e perdo forse troppo tempo perché non riesco a correre nei tratti dove si dovrebbe. Alla base vita è un mortorio, tanti dormono sui tavoli, gente che sta male, uno vomita, un altro addirittura sviene e vene subito soccorso dai medici. Io ho lo stomaco sottosopra e so che prima di ripartire devo sistemarmelo. Ci metto un bel po’, trovo un ragazzo che ha addirittura due assistenti e dopo due ore di stop vuole provare a ripartire, mi chiede di andare insieme. Perché no? Fino ad ora sono sempre stato da solo e la salita al Loson mi ha sempre provocato allucinazioni da sonno. Saliamo bene, perlomeno nessuno ci sorpassa. Alle baite ci fermiamo a vestirci perché il vento inizia a picchiare. Anche l’ultimo tratto lo faccio senza rallentamenti, sbaglio solo a non mettere i guanti e arrivo in cima con le mani congelate, non riesco nemmeno a fare la foto e scappo in discesa. Adesso l’obiettivo è arrivare a Cogne prima del buio. Al Sella sono in anticipo di un’ora e mezza, faccio lo sborone, ordino caffè espresso, fetta di crostata e mi prendo una tavoletta di cioccolato bianco. Aggiungo qualcosa dal ristoro, forse della moccetta. Uscendo dar rifugio rimango sorpreso perché trovo uno che dorme su una panca, fa abbastanza freddo e non capisco perché non sia entrato, credo abbiano anche letti liberi. Avviso un volontario e vado.
Arrivo a Cogne alle 19’15 e qui forse faccio un errore. Anziché mangiare ed uscire veloce mi faccio la doccia provo a dormire, senza riuscirci ovviamente. Così riparto con il buio per quello che, lo so, sarà un tratto molto duro, non per il percorso ma per la testa.
Iniziano le mutazioni dello spazio-tempo, infatti arrivo al bel ristoro di Lillz dove ci sono bambini entusiasti che mi offrono il loro super caffè, i meno di mezz’ora del mio orologio interno, in realtà verificherò poi di averci messo un’ora e un quarto. Da qui inizia un sentiero infinito su e giù destra e sinistra, fatto apposta per fare perdere il senso dell’orientamento e distruggere la forza di volontà di noi poveri concorrenti. Ma io lo so e non mi faccio fregare, so che lì non è finita, so che lassù non è l’ultimo dosso, so che il rifugio Sogno non esiste e continuo imperterrito a camminare. Non so come arrivo all’attacco del Fenetre di Champorcher, non si sale ma si fanno lunghi avanti e indietro alla base della montagna, credo una cinquantina, ma forse sono cinquemila, prima di attaccare la bocchetta.
Sono sicuro che la discesa è veloce e arriverò facilmente al Dondena, il problema è che la faccio tutta in dormiveglia e non riesco a quantificare le distanze tra luci e bandierine. Passo il rifugio Miserin, chiuso, vedo subito il Dondena, aperto, pensavo più distante…entro e chiedo subito un letto, dopo avermi squadrato un ragazzo mi chiede quanto sonno ho, “tanto” e mi accompagna in camera.
Quest’anno sono attrezzato, tappini super insonorizzanti, metto il conto alla rovescia su 2 ore e più o meno mi addormento. Mi sveglio dopo un’ora e mezza, chiedo da mangiare ma non hanno quasi nulla. Chiedo se c’è un ristoro prima della fine della discesa e mi rispondono “il Dondena”. “Ma il Dondena non è questo?” “No siamo il Miserin” “ah”. E vado.
Arrivo al Dondena giusto a faccio colazione, il mio stomaco però fa fatica a lavorare durante la notte, così arrivo a Chardonney con la nausea. Mi metto 15 minuti su una sdraio sotto ad un fungo riscaldante.
Cerco sempre di non perdere troppo tempo e corricchio tutte le discese. Ovviamente senza forzature ma senza mai rallentare troppo. Arrivo a Pontboset che sto molto meglio, mi spoglio e riparto, il caldo inizialmente fa piacere ma poi inizia a dar fastidio, solito giro assurdo a arrivo a Donnas alle 11’30. Mangio, sistemo i piedi e incontro Simona che mi chiede se ho voglia di salire al Coda insieme. Lei va più forte di me in discesa ma se mi aspetta si può fare. Esco dalla base vita con due ore di vantaggio.
Fa caldissimo, ma caz abbiamo preso freddo fino a stamattina e adesso si muore dal caldo, al Tor non ci sono vie di mezzo, saliamo piano pianino, Simona ci sta mettendo un po’ a carburare ma almeno non faccio fatica, Perloz arriva veloce, faccio merenda e bevo una bella spremuta d’arancia, non so proprio come facciano i volontari a farci trovare queste sorprese. In discesa stacco un pochino Simona, tanto so già che mi riprenderà, infatti prima della Sassa arriva come un treno. Al ristoro ho una fame bestiale, molto bene. Si riparte con l’obbiettivo di vedere il Coda con la luce del sole, ne io ne lei ce l’abbiamo mai fatta. Arriviamo sulla cresta al tramonto, foto stratosferica. Io mi fermo a mettere il goretex con il risultato che a 50 metri dal rifugio mi fermano 10 minuti perché deve arrivare l’elicottero (tra l’altro anche al Dondena l’avevo visto scendere proprio davanti a me) con il risultato che mi raffreddo e arrivo al ristoro intirizzito. Fortuna vuole che il volontario sta accendendo il cannone stufa così mi preparo per la notte indossando indumenti belli caldi, che lusso. Si esce con l’idea di andare a dormire al Barma, in discesa rimango ancora da solo, in questo Tor sarà quasi sempre così, eppur ogni tanto mi lavo. Al Barma non ci sono letti liberi e i due poveri volontari impazziscono per accontentare tutti, devono anche dare la priorità a quelli della 450, io mi metto in lista, vado a a mangiare e scopro con grande gioia che hanno la polenta con lo spezzatino! Torno alle camere ma mi dicono che manca ancora tanto, allora mi trovo una panca imboscata e dormo secco mezz’ora. Mi sveglio e finalmente mi danno un letto, un’ora mezza, nelle altre edizioni mai avevo fatto due ore di sonno in una sola notte! Mangio ancora qualcosa, saluto Simona ed esco bello carico.
Al lago chiaro niente grigliata, colpa mia che sono arrivato troppo presto, punto tutto alla polenta del colle della Vecchia, entro nel tendone augurando a tutti “buon Natale!”, se non faccio il pirla non sono contento. Polenta eccelsa, faccio il bis. Arrivo a Niel bello cotto, non so perché ma non c’è stato un Tor dove sono arrivato in condizioni decenti in questo splendido borgo. Comunque stavolta non ho sonno, non ho acciacchi particolari, devo solo mangiare, andare in bagno e rimettermi in cammino, le simpatiche volontarie mi aiutano con qualche chiacchiera. Mi sono accorto che un elastico della ghetta si è rotto facendola scivolare sopra la scarpa, mi ha pizzicato il tendine e si sta formando una vescica. Sento dolore ma so che è una cosa superficiale, niente a che vedere con il collo bloccato del 22. Chiedo qualcosa al medico e mi da un cerottino microscopico, alla mia faccia perplessa risponde subito con un cerottone, non sono convinto e lo metto nello zaino, butto la ghetta e parto per il Lasoney. A Loo sto meglio ma non sono ancora a 100, non riesco a gustarmi tutte le prelibatezze che mi offrono ma comunque mi faccio una macedonia e qualche tramezzino, poi gestisco la discesa su Gressoney e ci arrivo in buone condizioni.
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Francesco1973
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Re: Tor Des Geants - Courmayeur (AO) - 06-15/09/2024
Wow che racconti e che emozioni, grazie @Corry73 e @bianco222
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LUT 120K 06/2026
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bianco222
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Re: Tor Des Geants - Courmayeur (AO) - 06-15/09/2024
Grazie a tutti!
Il ginocchio va meglio. Si è sgonfiato relativamente in fretta. Ancora non ho provato a correre ma questo fine settimana un po' di bici l'ho fatta e mi dà solo un leggero fastidio. Credo non sia nulla di grave, o meglio: il solito... Dovrò lavorare ancora molto su queste maledette bandellette!
Il ginocchio va meglio. Si è sgonfiato relativamente in fretta. Ancora non ho provato a correre ma questo fine settimana un po' di bici l'ho fatta e mi dà solo un leggero fastidio. Credo non sia nulla di grave, o meglio: il solito... Dovrò lavorare ancora molto su queste maledette bandellette!
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Francesco1973
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Re: Tor Des Geants - Courmayeur (AO) - 06-15/09/2024
Per esperienza personale post TOR
, se riesci a fare una RM forse sarebbe meglio , io mi sono rovinato un tendine continuando a correre male e con il fastidio.
Ho preparato, MALE, una mezza Maratona.
Poi ho fatto la LUT120K peggiorando la situazione e aggiungendo infiammazione all'osso.
Insomma l'ortopedico mi ha guardato con gli occhi quasi gonfi di lacrime dicendomi: sta fermo.
Almeno capisci se c'è solo un problema o più di uno.
Naturalmente se è un problema che conosci bene, butta pure via sto post
Ho preparato, MALE, una mezza Maratona.
Poi ho fatto la LUT120K peggiorando la situazione e aggiungendo infiammazione all'osso.
Insomma l'ortopedico mi ha guardato con gli occhi quasi gonfi di lacrime dicendomi: sta fermo.
Almeno capisci se c'è solo un problema o più di uno.
Naturalmente se è un problema che conosci bene, butta pure via sto post
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bianco222
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Re: Tor Des Geants - Courmayeur (AO) - 06-15/09/2024
Grazie mille del consiglio! Il problema è probabilmente lo stesso dell'altro ginocchio. Sono comunque già andato dal fisioterapista a farmi vedere che, giustamente, mi ha detto che comunque correre 450km difficilmente fa bene alle ginocchia! Come biasimarlo...
Comunque farò altri accertamenti, poi in fondo il bello del TOR è che è a fine stagione (o quasi) e quindi c'è il tempo di recuperare con calma!
Comunque farò altri accertamenti, poi in fondo il bello del TOR è che è a fine stagione (o quasi) e quindi c'è il tempo di recuperare con calma!
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Beppogo
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Re: Tor Des Geants - Courmayeur (AO) - 06-15/09/2024
Bellisimi racconti, grazie della condivisione, adesso aspettiamo la seconda parte del "giretto in montagna" di @Corry73
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simonerun
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Re: Tor Des Geants - Courmayeur (AO) - 06-15/09/2024
@Corry73 e @bianco222, bello leggere i vostri racconti ma soprattutto tanti complimenti per aver portato a termine il Tor!!! 
5 x 42 strada - 2 x 42 trail
Pistoia Abetone'22- Passatore'22- GTC55 '24- Malatrà '24
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