[DIARIO] L'improbabile corridore.
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Re: [DIARIO] L'improbabile corridore.
08 DICEMBRE 2019
MARATONA DI REGGIO EMILIA
La gara “quasi” perfetta. Già, è andata proprio così. E a dire il vero, non so nemmeno se sia giusto e soprattutto corretto usare quel “quasi”. Perché alla fine credo sia importante inquadrare bene le cose e dare ad ogni aspetto la giusta rilevanza. Mettersi al nastro di partenza di una maratona, coprire tutti i fatidici 42195 metri (me lo devo tatuare ‘sto numero), tornare a casa stanchi, ma in buone, anzi ottime condizioni, essersi divertito, aver provato adrenaliniche sensazioni e scoprirsi il giorno dopo a programmare il calendario per le nuove corse da fare nell’anno che sta arrivando, beh… non basta questo per dire che è stata una gara perfetta? Via, fuori dalle scatole quel “quasi”..
Una lepre di campagna è ferma in mezzo alla strada. E’ proprio un bel leprotto. I fari della mia carriola lo illuminano quando sono ancora a circa 100 metri da lui e inizialmente lo scambio per un gatto. Ma invece no, le inconfondibili lunghissime orecchie dissipano ben presto ogni dubbio. E’ una lepre. Ce ne sono qui dove abito, ma ormai anche il mio è diventato una paese congestionatissimo dal traffico ed è diventato raro avere di questi incontri. Ma evidentemente non di notte. Sono le 5:45 di domenica mattina e c’è sta lepre in mezzo alla strada. Rallento la carriola, arrivo fino a pochi metri e niente, ‘sto leprotto resta lì bello fermo in mezzo alla strada. Mi tocca proprio fermarmi. “Adesso smonto e porto a casa il pranzo, con la polenta è la morte sua” scherzo per un attimo fra me e me. Niente da fare, non si muove, l’avrò impaurito, che ne so… Dopo qualche secondo comincio a pensare che sarà meglio spezzare questa situazione di stallo, ho una maratona da correre, caro il mio bel leprotto. E allora, riesco a tirar fuori il più leggero dei colpi di clacson che si siano mai sentiti. E il leprotto, svegliatosi dal torpore, piazza uno scatto che lo fa scomparire dalla mia vista nel giro di qualche microsecondo, dileguato nel campo adiacente. “Beh, caro JJ” mi dico “direi che miglior segno del destino non poteva esserci. Oggi corri!! E corri forte!”. La gara perfetta.
Ho appuntamento con il mitico Francesco “Shasha” di RF al casello di Carpi, arrivo con un paio di minuti di ritardo. Ci presentiamo, due chiacchiere veloci e partiamo subito in direzione Reggio Emilia. Nel tratto tra Carpi e Reggio mi viene fame, ma lo sapevo, mi conosco e mi sono preparato. A casa, appena sveglio, ho mangiato una fetta della ormai tradizionale crostata di fragole commissionata alla mia stupenda dolce metà che, pur brontolando un po’, me l’ha fatta trovare pronta. Oh… fa una crostata di fragole che per me è da pasticceria. E prima di una gara, altroché barrette, integratori e robe varie… Ok, lo so, il mio regime alimentare non è proprio da prendere ad esempio. E infatti, alla crostata, nel tratto Carpi-RE seguono due panini con… ehm… ehm… soppressa. Embè… sa gh’è? (Cosa c’è? Trad.) Io il carboload finale lo faccio così. E dopo l’esperienza di Padova e quella di ieri a Reggio Emilia, direi che funziona.
Arriviamo a Reggio, parcheggiamo le auto ad un 1 km circa dalla partenza, Francesco saggiamente mi consiglia di memorizzare, e ci provo pure a memorizzare. Ma figurarsi, ho già tutta la (poca) capacità di concentrazione rivolta alla gara. Comunque, andiamo, qualche punto di riferimento mi sembra di averlo preso, siamo vicini al parcheggio Zucchi, in qualche modo ritroverò la carriola al ritorno.
Il palazzetto è già abbastanza vivo quando entriamo, sono circa le 7.30. Provvedo a ritirare pettorale e pacco gara, i ragazzi della maratona di Reggio Emilia sono un esempio di efficienza e si procede molto velocemente. Saluto Francesco, deve incontrarsi con quelli del suo gruppo e prendo posto in una delle file più in basso degli spalti del palazzetto (mai prendere quelle in alto, non si sa mai in che condizioni si arriva alla fine, farsi 20 gradini dopo una maratona è volersi male). Mi cambio con calma e scelgo anche abbigliamento giustissimo per me, termica maniche corte, maglietta, ciclisti, calza alta non compressiva, manicotti, scaldacollo e buff da mettere in testa. Resterò vestito così fino al 37 km, non soffrendo mai né caldo né freddo. La gara perfetta.
Esco dal palazzetto alle 8:25 e raggiungo il punto di incontro per il mini raduno con gli altri ragazzi di RF. Mini. Si fa per dire. Siamo tantissimi, non ho contato ma almeno 16-18 c’eravamo tutti. Conosco tanti forumer che per me sono stati fonte di motivazione e mi sento onorato di fare, seppur minimamente, parte di loro. Si scherza, si ride, è una bellissima compagnia. La gara perfetta.
Ma il tempo corre. E ognuno di noi comincia a realizzare che, ok, tutto bello, ma c’è da correre un pochino per le prossime ore. E così, dopo rituale mega foto di gruppo, ci si separa. Alcuni, molti fanno un po’ di riscaldamento. Io sinceramente non me la sento. Non ho freddo, sto bene e più di qualche saltello sul posto non faccio. Il mio riscaldamento sarà il primo km quando, nella ressa iniziale, si andrà un po’ più piano.
Sono le 8:50 quando entro nella mia griglia, emozione al momento dell’inno nazionale con la bandiera italiana che corre sulle teste dei runner. Accensione del Garmin. E’ un attimo. Chiudo gli occhi, mi torna in mente la lepre. Oggi si corre. E si corre forte!
Baaam… Partiti! Transito sotto l’arco di partenza circa 40 secondi dopo lo sparo. L’inizio di una gara così partecipata è sempre momento di tensione per me, ho paura di cadere, di incespicare, di subire un involontario sgambetto e mandare all’aria tutto dopo pochi metri. E allora, l’attenzione è ai massimi livelli, continuo a guardare avanti, dietro e di fianco. Ci sono un po’ di contatti, ma per fortuna niente di grave. Si procede lentamente, le vie dei primi metri non sono strette, ma nemmeno larghissime e il ritmo è necessariamente dettato da quelli un po’ più lenti che stanno davanti.
Il primo km passa in 5:23, molto bene, anche un filo più veloce di quello che avevo immaginato con tutta quella gente. Già al secondo km riesco a mettermi ad un ritmo deciso da me e non imposto dal traffico. E comincio a correre su sensazioni di corsa facile. La strategia di gara è tanto semplice quanto impegnativa. Si corre facile, molto facile almeno fino alla mezza maratona, poi si prova a vedere come stanno le due J, si fa un altro check dopo qualche km e infine si spara tutto negli ultimi 12-14 km. Se ce n’è. E sennò si tira alla meglio fino al traguardo.
Ho il lap automatico disattivato perché uso Race Screen. E quando passo ai km 2, 3 e 4 non me ne accorgo. Ma non mi faccio grossi problemi. Sensazioni, sensazioni, sensazioni. Questa è la parola d’ordine. Al quinto km, miracolo, riesco a vedere il cartello e ad essere abbastanza lucido da premere il tasto del lap manuale. Guardo il tempo staccato nei primi 5 km. E ci resto un po’ di sasso. Chiusi i primi 5000 in 24:58. Sono sotto i 5 min/km nonostante il km iniziale e una corsa assolutamente priva di qualsiasi difficoltà, per qualche attimo penso di essere anche troppo sotto ritmo e mi torna in mente l’esperienza di NY. Ma è maggiore il senso di euforia che mi pervade, sono al ritmo maratona desiderato senza fatica.
Prima di uscire da Reggio Emilia passiamo davanti alla banda dei bersaglieri, altro momento di carica emozionale, la loro fanfara mi ricorda antichi episodi dell’infanzia e qualche brivido corre lungo la schiena. Continuo con il mio passo, vedo davanti a me i palloncini rossi dei pacer delle 3 ore e 30, non distano più di 200 metri. E ad ogni minuto li vedo sempre più vicini. Considerando che loro corrono sul tempo allo sparo e che avevano molti secondi di vantaggio rispetto a me, beh.. questo non può significare che una cosa: sto andando ben più veloce dei 5/km prefissati. Sto pensando giusto a questo quando arrivo a prendere Shasha e il mitico Max “Grantuking”. Sono partiti nella griglia prima della mia e prima del decimo km li ho raggiunti. “Ehi, Gianni, non è che stiamo andando troppo forte? Guarda che l’è un attimo longhetta la maratona, eh? Così giusto per… “ E allora sto con loro, con Francesco e Shasha e corriamo insieme chiacchierando piacevolmente. I pacer sono sempre là, 100 – 150 metri avanti, non si avvicinano, ma non si allontanano. Va bene così. La strada è in continua, seppur lieve salita. Niente di che. Però un pochino c’è. Il secondo 5000 passa in 24:20, ma il terzo il ritmo scende un po’ anche a causa del ristoro al quindicesimo che ho voluto fare tranquillo per poter bere con calma un buonissimo bicchiere di the caldo. Terzo 5000 in 25:43, media 5:06. Ma non mi preoccupo per nulla. Oggi è la gara perfetta. La compagnia perfetta. Il clima perfetto. Il percorso perfetto. Non c’è niente che può andar male.
Alla ripartenza dal ristoro del 15 km, Max rallenta e poi si ferma. Da qualche minuto lo vedevo un po’ preoccupato. E purtroppo correre con il male non è facile. Shasha si ferma anche lui ad aspettarlo. Li saluto: “Ragazzi, io vado, ci provo”. Sento Shasha che mi dice: “Vai, vai, che ne hai, vai…” E vado. Comincio di nuovo al mio passo, ora sento che sto tenendo un ritmo un po’ più sostenuto. Ma ancora senza alcuna difficoltà. La pendenza aumenta impercettibilmente nei km dopo il 17, mi tornano in mente le salite in Sardegna di questa estate e siccome sto andando su senza grossi problemi, mi dico, ecco, vedi, hai fatto bene a fare quegli allenamenti, ora torna tutto indietro. E proprio in quel momento mi riprende Shasha. “Ciao. Che ci fai qui? E Max?” gli chiedo “Va da solo, è uno duro, ci metterà qualcosa in più ma arriva in fondo, mi ha detto, vai, ci vediamo dopo” E così ci troviamo io e Francesco. Andiamo bene. Tranquilli e beati. Poco prima del ristoro successivo provo a prendere un gel, uno di quelli che ci hanno dato nel pacco gara. Provo a aprirlo. Niente. Riprovo. Niente. Provo con i denti. Niente da fare. Sembra chiuso come Fort Knox. O più semplicemente e probabilmente, sono io che sono imbranato come una rana. Mi viene un momento di nervoso e butto il gel a lato sul ciglio della strada. E Francesco giustamente mi riprende: “No, dai, tienilo, no? Lo butti via al prossimo ristoro.” Hai ragione, shasha, ragione da vendere, mi son fatto innervosire da una cazzata. Penso, ti prometto che non succederà mai più, ma non solo oggi, in tutte le gare che avrò la fortuna di correre in futuro. Promesso. E le promesse, JJ le mantiene, contaci!
Passiamo ai 20 km e mi dimentico di premere il pulsantino. No problem. Aspettiamo al mezza. E alla mezza passo in 1:44:34. Perfetto. Proprio il tempo che mi ero prefissato. Altra botta di morale. La gara perfetta…
[continua]
MARATONA DI REGGIO EMILIA
La gara “quasi” perfetta. Già, è andata proprio così. E a dire il vero, non so nemmeno se sia giusto e soprattutto corretto usare quel “quasi”. Perché alla fine credo sia importante inquadrare bene le cose e dare ad ogni aspetto la giusta rilevanza. Mettersi al nastro di partenza di una maratona, coprire tutti i fatidici 42195 metri (me lo devo tatuare ‘sto numero), tornare a casa stanchi, ma in buone, anzi ottime condizioni, essersi divertito, aver provato adrenaliniche sensazioni e scoprirsi il giorno dopo a programmare il calendario per le nuove corse da fare nell’anno che sta arrivando, beh… non basta questo per dire che è stata una gara perfetta? Via, fuori dalle scatole quel “quasi”..
Una lepre di campagna è ferma in mezzo alla strada. E’ proprio un bel leprotto. I fari della mia carriola lo illuminano quando sono ancora a circa 100 metri da lui e inizialmente lo scambio per un gatto. Ma invece no, le inconfondibili lunghissime orecchie dissipano ben presto ogni dubbio. E’ una lepre. Ce ne sono qui dove abito, ma ormai anche il mio è diventato una paese congestionatissimo dal traffico ed è diventato raro avere di questi incontri. Ma evidentemente non di notte. Sono le 5:45 di domenica mattina e c’è sta lepre in mezzo alla strada. Rallento la carriola, arrivo fino a pochi metri e niente, ‘sto leprotto resta lì bello fermo in mezzo alla strada. Mi tocca proprio fermarmi. “Adesso smonto e porto a casa il pranzo, con la polenta è la morte sua” scherzo per un attimo fra me e me. Niente da fare, non si muove, l’avrò impaurito, che ne so… Dopo qualche secondo comincio a pensare che sarà meglio spezzare questa situazione di stallo, ho una maratona da correre, caro il mio bel leprotto. E allora, riesco a tirar fuori il più leggero dei colpi di clacson che si siano mai sentiti. E il leprotto, svegliatosi dal torpore, piazza uno scatto che lo fa scomparire dalla mia vista nel giro di qualche microsecondo, dileguato nel campo adiacente. “Beh, caro JJ” mi dico “direi che miglior segno del destino non poteva esserci. Oggi corri!! E corri forte!”. La gara perfetta.
Ho appuntamento con il mitico Francesco “Shasha” di RF al casello di Carpi, arrivo con un paio di minuti di ritardo. Ci presentiamo, due chiacchiere veloci e partiamo subito in direzione Reggio Emilia. Nel tratto tra Carpi e Reggio mi viene fame, ma lo sapevo, mi conosco e mi sono preparato. A casa, appena sveglio, ho mangiato una fetta della ormai tradizionale crostata di fragole commissionata alla mia stupenda dolce metà che, pur brontolando un po’, me l’ha fatta trovare pronta. Oh… fa una crostata di fragole che per me è da pasticceria. E prima di una gara, altroché barrette, integratori e robe varie… Ok, lo so, il mio regime alimentare non è proprio da prendere ad esempio. E infatti, alla crostata, nel tratto Carpi-RE seguono due panini con… ehm… ehm… soppressa. Embè… sa gh’è? (Cosa c’è? Trad.) Io il carboload finale lo faccio così. E dopo l’esperienza di Padova e quella di ieri a Reggio Emilia, direi che funziona.
Arriviamo a Reggio, parcheggiamo le auto ad un 1 km circa dalla partenza, Francesco saggiamente mi consiglia di memorizzare, e ci provo pure a memorizzare. Ma figurarsi, ho già tutta la (poca) capacità di concentrazione rivolta alla gara. Comunque, andiamo, qualche punto di riferimento mi sembra di averlo preso, siamo vicini al parcheggio Zucchi, in qualche modo ritroverò la carriola al ritorno.
Il palazzetto è già abbastanza vivo quando entriamo, sono circa le 7.30. Provvedo a ritirare pettorale e pacco gara, i ragazzi della maratona di Reggio Emilia sono un esempio di efficienza e si procede molto velocemente. Saluto Francesco, deve incontrarsi con quelli del suo gruppo e prendo posto in una delle file più in basso degli spalti del palazzetto (mai prendere quelle in alto, non si sa mai in che condizioni si arriva alla fine, farsi 20 gradini dopo una maratona è volersi male). Mi cambio con calma e scelgo anche abbigliamento giustissimo per me, termica maniche corte, maglietta, ciclisti, calza alta non compressiva, manicotti, scaldacollo e buff da mettere in testa. Resterò vestito così fino al 37 km, non soffrendo mai né caldo né freddo. La gara perfetta.
Esco dal palazzetto alle 8:25 e raggiungo il punto di incontro per il mini raduno con gli altri ragazzi di RF. Mini. Si fa per dire. Siamo tantissimi, non ho contato ma almeno 16-18 c’eravamo tutti. Conosco tanti forumer che per me sono stati fonte di motivazione e mi sento onorato di fare, seppur minimamente, parte di loro. Si scherza, si ride, è una bellissima compagnia. La gara perfetta.
Ma il tempo corre. E ognuno di noi comincia a realizzare che, ok, tutto bello, ma c’è da correre un pochino per le prossime ore. E così, dopo rituale mega foto di gruppo, ci si separa. Alcuni, molti fanno un po’ di riscaldamento. Io sinceramente non me la sento. Non ho freddo, sto bene e più di qualche saltello sul posto non faccio. Il mio riscaldamento sarà il primo km quando, nella ressa iniziale, si andrà un po’ più piano.
Sono le 8:50 quando entro nella mia griglia, emozione al momento dell’inno nazionale con la bandiera italiana che corre sulle teste dei runner. Accensione del Garmin. E’ un attimo. Chiudo gli occhi, mi torna in mente la lepre. Oggi si corre. E si corre forte!
Baaam… Partiti! Transito sotto l’arco di partenza circa 40 secondi dopo lo sparo. L’inizio di una gara così partecipata è sempre momento di tensione per me, ho paura di cadere, di incespicare, di subire un involontario sgambetto e mandare all’aria tutto dopo pochi metri. E allora, l’attenzione è ai massimi livelli, continuo a guardare avanti, dietro e di fianco. Ci sono un po’ di contatti, ma per fortuna niente di grave. Si procede lentamente, le vie dei primi metri non sono strette, ma nemmeno larghissime e il ritmo è necessariamente dettato da quelli un po’ più lenti che stanno davanti.
Il primo km passa in 5:23, molto bene, anche un filo più veloce di quello che avevo immaginato con tutta quella gente. Già al secondo km riesco a mettermi ad un ritmo deciso da me e non imposto dal traffico. E comincio a correre su sensazioni di corsa facile. La strategia di gara è tanto semplice quanto impegnativa. Si corre facile, molto facile almeno fino alla mezza maratona, poi si prova a vedere come stanno le due J, si fa un altro check dopo qualche km e infine si spara tutto negli ultimi 12-14 km. Se ce n’è. E sennò si tira alla meglio fino al traguardo.
Ho il lap automatico disattivato perché uso Race Screen. E quando passo ai km 2, 3 e 4 non me ne accorgo. Ma non mi faccio grossi problemi. Sensazioni, sensazioni, sensazioni. Questa è la parola d’ordine. Al quinto km, miracolo, riesco a vedere il cartello e ad essere abbastanza lucido da premere il tasto del lap manuale. Guardo il tempo staccato nei primi 5 km. E ci resto un po’ di sasso. Chiusi i primi 5000 in 24:58. Sono sotto i 5 min/km nonostante il km iniziale e una corsa assolutamente priva di qualsiasi difficoltà, per qualche attimo penso di essere anche troppo sotto ritmo e mi torna in mente l’esperienza di NY. Ma è maggiore il senso di euforia che mi pervade, sono al ritmo maratona desiderato senza fatica.
Prima di uscire da Reggio Emilia passiamo davanti alla banda dei bersaglieri, altro momento di carica emozionale, la loro fanfara mi ricorda antichi episodi dell’infanzia e qualche brivido corre lungo la schiena. Continuo con il mio passo, vedo davanti a me i palloncini rossi dei pacer delle 3 ore e 30, non distano più di 200 metri. E ad ogni minuto li vedo sempre più vicini. Considerando che loro corrono sul tempo allo sparo e che avevano molti secondi di vantaggio rispetto a me, beh.. questo non può significare che una cosa: sto andando ben più veloce dei 5/km prefissati. Sto pensando giusto a questo quando arrivo a prendere Shasha e il mitico Max “Grantuking”. Sono partiti nella griglia prima della mia e prima del decimo km li ho raggiunti. “Ehi, Gianni, non è che stiamo andando troppo forte? Guarda che l’è un attimo longhetta la maratona, eh? Così giusto per… “ E allora sto con loro, con Francesco e Shasha e corriamo insieme chiacchierando piacevolmente. I pacer sono sempre là, 100 – 150 metri avanti, non si avvicinano, ma non si allontanano. Va bene così. La strada è in continua, seppur lieve salita. Niente di che. Però un pochino c’è. Il secondo 5000 passa in 24:20, ma il terzo il ritmo scende un po’ anche a causa del ristoro al quindicesimo che ho voluto fare tranquillo per poter bere con calma un buonissimo bicchiere di the caldo. Terzo 5000 in 25:43, media 5:06. Ma non mi preoccupo per nulla. Oggi è la gara perfetta. La compagnia perfetta. Il clima perfetto. Il percorso perfetto. Non c’è niente che può andar male.
Alla ripartenza dal ristoro del 15 km, Max rallenta e poi si ferma. Da qualche minuto lo vedevo un po’ preoccupato. E purtroppo correre con il male non è facile. Shasha si ferma anche lui ad aspettarlo. Li saluto: “Ragazzi, io vado, ci provo”. Sento Shasha che mi dice: “Vai, vai, che ne hai, vai…” E vado. Comincio di nuovo al mio passo, ora sento che sto tenendo un ritmo un po’ più sostenuto. Ma ancora senza alcuna difficoltà. La pendenza aumenta impercettibilmente nei km dopo il 17, mi tornano in mente le salite in Sardegna di questa estate e siccome sto andando su senza grossi problemi, mi dico, ecco, vedi, hai fatto bene a fare quegli allenamenti, ora torna tutto indietro. E proprio in quel momento mi riprende Shasha. “Ciao. Che ci fai qui? E Max?” gli chiedo “Va da solo, è uno duro, ci metterà qualcosa in più ma arriva in fondo, mi ha detto, vai, ci vediamo dopo” E così ci troviamo io e Francesco. Andiamo bene. Tranquilli e beati. Poco prima del ristoro successivo provo a prendere un gel, uno di quelli che ci hanno dato nel pacco gara. Provo a aprirlo. Niente. Riprovo. Niente. Provo con i denti. Niente da fare. Sembra chiuso come Fort Knox. O più semplicemente e probabilmente, sono io che sono imbranato come una rana. Mi viene un momento di nervoso e butto il gel a lato sul ciglio della strada. E Francesco giustamente mi riprende: “No, dai, tienilo, no? Lo butti via al prossimo ristoro.” Hai ragione, shasha, ragione da vendere, mi son fatto innervosire da una cazzata. Penso, ti prometto che non succederà mai più, ma non solo oggi, in tutte le gare che avrò la fortuna di correre in futuro. Promesso. E le promesse, JJ le mantiene, contaci!
Passiamo ai 20 km e mi dimentico di premere il pulsantino. No problem. Aspettiamo al mezza. E alla mezza passo in 1:44:34. Perfetto. Proprio il tempo che mi ero prefissato. Altra botta di morale. La gara perfetta…
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Ultima modifica di JJruns il 9 dic 2019, 12:15, modificato 2 volte in totale.
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Re: [DIARIO] L'improbabile corridore.
Ora la strada scende. Le discese sono anche abbastanza importanti, si fa presto a prendere velocità. Ma cerco di far andar le gambe senza spingere, è il momento di sfruttare la gravità universale, a parità di sforzo ogni passo è lungo qualche centimetro in più, ma non voglio cedere alla fortissima tentazione di aumentare ancor di più, è troppo presto. E poi Reggio Emilia l’ho corsa anche l’anno scorso. Ricordo bene che al 25° km c’è uno strappo tosto in salita, è quello di cui ho raccontato l’aneddoto del keniano che c’è in te nel post descrittivo della gara disastro di un anno fa. Ma stavolta è tutto diverso. Tutto. Ho 2400 km in più nelle gambe, ho maggior coscienza di me stesso, dei miei limiti (tanti) ma anche dei miei punti di forza. E lo strappo me lo mangio come se fosse niente. Ho imparato come devo fare in salita. E alla fine non è che ci siano segreti. Accorcio il passo, non mi devo forzare a tenere la velocità pre-salita, ma solo ad andare su regolare. Passo corto, frequenza alta, ora la gravità gioca contro, ma non è per sempre. E cominciare a sorpassare tanti runner che invece hanno probabilmente esagerato comincia a far salire l’adrenalina.
Scolliniamo al 25 km, premo il lap manuale, ultimi 4 km in 19:18, quindi media di 4:49/km. Tra il 26 e il 28 km si sale ancora un po’, sono i km in cui scambio le ultime parole con Shasha, mi parla della sua prossima esperienza come possibile pacer e comincio a pensare che un giorno piacerebbe anche a me provare ad aiutare qualche runner ad ottenere il suo risultato. Si, mi piacerebbe, e un giorno ci proverò. Sempre se mi vorranno. Verso il 28 km vedo Shasha con la coda dell’occhio per l’ultima volta, per parecchia strada penserò che sia dietro di me, ma ora comincio a chiudermi in me stesso, a pensare ai segnali che percepisco e a come affrontare l’ultimo quarto di gara. Scoprirmi in pieno controllo, con una facilità di corsa che non mi aspettavo di aver una volta giunti a ridosso dei 30 km mi porta in uno stato di euforia che provo per la prima volta da quando faccio queste gare. Anche a NY ho vissuto attimi entusiasmanti, ma erano dovuti alla cornice. Ora no, ora è tutta roba auto prodotta, sono io che corro e che mi sento fortissimo e che trovo stupendi anche i paesaggi della campagna reggiana. E parto. Ora sto superando tutti, uno dietro l’altro sorpasso corridori stanchi, in crisi o che semplicemente stanno andando al loro passo. Tengo una velocità spaventosa per i miei limiti. I km dal 31 al 34 lo corro praticamente a quello che è il ritmo in mezza maratona. Parziali di 4:24, 4:33, 4:28 e 4:28. Incredibile. Incredibile soprattutto per il fatto che non sto spingendo al limite. Sento di avere tantissime energie. Guardo per la prima volta Race screen e alla fine del 34 km mi da una proiezione finale che ci quasi ci rimango secco: 3:25:50! Non ho idea dei valori di adrenalina, ma di certo sono ai massimi livelli. In piena trance agonistica, non vedo altro che il prossimo corridore davanti a me, voglio solo andare a prenderlo il prima possibile, lo prendo e guardo subito dov’è quello dopo. Sono talmente sicuro di scendere sotto le 3 ore e 25 che al ristoro del 35 km me la prendo con calma. Mi fermo a corricchiare e bere bene per prepararmi agli ultimi 7 km. Scopro che una feroce determinazione si sta impossessando di me. Mai provato uno stato mentale del genere. Mai. Fino a questo momento, la gara perfetta!
Riparto dal ristoro del 35 km e copro bene il km successivo, 4:40. Il maledettissimo sottopasso del 36 km, anche questo lo ricordo bene dall’anno scorso, me lo fumo, nonostante lo strappo in salita chiudo il km in 4:44. “Ora vai, Gianni, ora spingi, sputa, urta, corri, sbuffa, mena, ma vai, vai, quando ti ricapita una giornata così, vaiiiiii…” E vado. Vado. Quasi. Ecco il maledetto quasi. Un filo di fastidio verso metà del 37 km. Fianco destro, appena sotto le costole della cassa toracica. E’ solo impercettibile all’inizio e non ci penso nemmeno a rallentare. Ma la situazione degenera abbastanza velocemente. Sono all’ingresso del parco finale, inizio del 38° km, quando nel giro di 50 metri l’entità del fastidio si tramuta in vero e proprio dolore. Una fitta. Male, proprio male. Comincio a pensare: ma che stracacchio c’è a destra? Milza o fegato? Ma soprattutto, ma chi cacchio se ne frega di cosa c’è? Mi fa un male cane. E devo rallentare. Cristo benedetto, sto così bene in tutto il resto, ma devo rallentare. Rallentare. Camminare. Si. Sono costretto a fare 30-40 metri al passo. E’ l’unico modo per far diminuire il dolore. Guardo di nuovo Race Screen. Matematicamente impietoso mi dice che la media si è alzata. Ovvio. Tempo uguale spazio diviso velocità. Ora sono con proiezione 3:26:30. Mi prende un attimo di sconforto. La gara “quasi” perfetta.
Ma sono bravo, sono forse più bravo qui che in tutto il resto della gara. Qui ci vuole testa, mi dico, non solo gambe. Mancano 3 km abbondanti alla fine. Se molli adesso i minuti corrono via e rischi di rovinare tutto. E allora, mi do come obiettivo il ristoro del 40 km. Anche perché ora ho pure tanta sete. Forse la causa del dolore. Mah… chissà. Corro piano per 2-300 metri poi ancora un po’ al passo. Non molto, solo 30-40 metri, ma sufficienti per abbassare il dolore. Riparto. E quando riparto mi viene di nuovo anche un po’ di nervoso, perché mi rendo conto che riesco a riprendere quasi subito un ritmo veloce. Ma poi dopo un po’, ancora male. Altra piccola camminata. Al ristoro bevo un paio di bicchieri di coca cola, zuccheri venefici per gli ultimi 2 km. Corro con una mano sul fianco, premendo il dolore sembra un po’ attenuarsi. Riguardo Race Screen, proiezione 3:27:40. Oh, Gianni, datti una mossa, sotto le 3 ore e 30 ci devi stare, dai, smidollato, un po’ di male, non è nient’altro che un po’ di dolore, da sopportare per 10 minuti, mica è un travaglio, avanti!!
Entro a Reggio Emilia, e c’è un po’ di pubblico, riesco a trovare un po’ di lucidità per battere il 5 a qualche bambino, bravi ragazzi, penso, bravi, battete il 5 a tutti che adesso ne abbiamo bisogno. Sono al 41mo km quando devo ritornare al passo di nuovo, ok, non è un travaglio, ma fa un male boia, non riesco proprio a correre. Altri 50 metri, cammino, guardo il Garmin, proiezione alza pericolosamente oltre le 3 ore e 28. E no, eh.. No, no, no… niente da fare, riparti con quelle gambette, Gianni. Se cammini fino alla fine non ce la fai. Dai che non manca molto, sono gli ultimi 7-800 metri. E riparto di corsa. 500 metri. Ancora di corsa. 400 metri. Al passo per qualche metro. Un runner appoggiato alla transenna sta tirando fuori liquidi sconosciuti. Quello sta più male di te, mi dico. E poi non si finisce una maratona camminando. Magari piano ma si corre. 300 metri. Corro. Passo i 42 km, restano solo i famosi maledetti 195 metri. Grazie al cielo c’è un bel pubblico e anche abbastanza caloroso. Mi ci aggrappo per non tornare a camminare. 100 metri. Vedo l’arco, un papà prende per mano il suo bambino e cominciano a corricchiare insieme verso il traguardo. I papà runner di questo forum sanno cosa si prova. E mi gusto la scena, mi aiuta a non pensare al male e a continuare a correre. 30 metri, 20 metri, 10 metri. Fine! Riesco a stoppare il cronometro. 3:28:43. Andata!!! Ho fatto sub 210. Ma l’attimo di felicità lascia spazio a 2 minuti di malessere. 2 minuti, non di più. Ma pesantini, ne esco rimanendo accovacciato per un po’, respirando profondamente. E quando mi alzo, magia, dolore al fianco sparito. Ma che ti venisse un cagott… Prendo la medaglia, sorprendentemente mi cambio senza grosse difficoltà nel palazzetto, solo qualche brivido di freddo, classico per me dopo uno sforzo pesante.
Esco dalla struttura e… Dove cacchio abbiamo messo la macchine stamattina? E niente, non ci si crede, non riuscivo più a trovarla, avrò camminato per altri 5 e passa km prima di trovarla. Poco prima di riuscirci mi sono fermato su una panchina, ridendo fra me e me per essere riuscito a perdermi a Reggio Emilia, mica a Kinshasa. Colgo l’attimo di pausa nella ricerca della carriola e riguardo il Garmin. Media finale 4:55/km. Sorprendente. La gara “quasi” perfetta. Ma sai che c’è? A quel paese il quasi. La mia gara perfetta!
Scolliniamo al 25 km, premo il lap manuale, ultimi 4 km in 19:18, quindi media di 4:49/km. Tra il 26 e il 28 km si sale ancora un po’, sono i km in cui scambio le ultime parole con Shasha, mi parla della sua prossima esperienza come possibile pacer e comincio a pensare che un giorno piacerebbe anche a me provare ad aiutare qualche runner ad ottenere il suo risultato. Si, mi piacerebbe, e un giorno ci proverò. Sempre se mi vorranno. Verso il 28 km vedo Shasha con la coda dell’occhio per l’ultima volta, per parecchia strada penserò che sia dietro di me, ma ora comincio a chiudermi in me stesso, a pensare ai segnali che percepisco e a come affrontare l’ultimo quarto di gara. Scoprirmi in pieno controllo, con una facilità di corsa che non mi aspettavo di aver una volta giunti a ridosso dei 30 km mi porta in uno stato di euforia che provo per la prima volta da quando faccio queste gare. Anche a NY ho vissuto attimi entusiasmanti, ma erano dovuti alla cornice. Ora no, ora è tutta roba auto prodotta, sono io che corro e che mi sento fortissimo e che trovo stupendi anche i paesaggi della campagna reggiana. E parto. Ora sto superando tutti, uno dietro l’altro sorpasso corridori stanchi, in crisi o che semplicemente stanno andando al loro passo. Tengo una velocità spaventosa per i miei limiti. I km dal 31 al 34 lo corro praticamente a quello che è il ritmo in mezza maratona. Parziali di 4:24, 4:33, 4:28 e 4:28. Incredibile. Incredibile soprattutto per il fatto che non sto spingendo al limite. Sento di avere tantissime energie. Guardo per la prima volta Race screen e alla fine del 34 km mi da una proiezione finale che ci quasi ci rimango secco: 3:25:50! Non ho idea dei valori di adrenalina, ma di certo sono ai massimi livelli. In piena trance agonistica, non vedo altro che il prossimo corridore davanti a me, voglio solo andare a prenderlo il prima possibile, lo prendo e guardo subito dov’è quello dopo. Sono talmente sicuro di scendere sotto le 3 ore e 25 che al ristoro del 35 km me la prendo con calma. Mi fermo a corricchiare e bere bene per prepararmi agli ultimi 7 km. Scopro che una feroce determinazione si sta impossessando di me. Mai provato uno stato mentale del genere. Mai. Fino a questo momento, la gara perfetta!
Riparto dal ristoro del 35 km e copro bene il km successivo, 4:40. Il maledettissimo sottopasso del 36 km, anche questo lo ricordo bene dall’anno scorso, me lo fumo, nonostante lo strappo in salita chiudo il km in 4:44. “Ora vai, Gianni, ora spingi, sputa, urta, corri, sbuffa, mena, ma vai, vai, quando ti ricapita una giornata così, vaiiiiii…” E vado. Vado. Quasi. Ecco il maledetto quasi. Un filo di fastidio verso metà del 37 km. Fianco destro, appena sotto le costole della cassa toracica. E’ solo impercettibile all’inizio e non ci penso nemmeno a rallentare. Ma la situazione degenera abbastanza velocemente. Sono all’ingresso del parco finale, inizio del 38° km, quando nel giro di 50 metri l’entità del fastidio si tramuta in vero e proprio dolore. Una fitta. Male, proprio male. Comincio a pensare: ma che stracacchio c’è a destra? Milza o fegato? Ma soprattutto, ma chi cacchio se ne frega di cosa c’è? Mi fa un male cane. E devo rallentare. Cristo benedetto, sto così bene in tutto il resto, ma devo rallentare. Rallentare. Camminare. Si. Sono costretto a fare 30-40 metri al passo. E’ l’unico modo per far diminuire il dolore. Guardo di nuovo Race Screen. Matematicamente impietoso mi dice che la media si è alzata. Ovvio. Tempo uguale spazio diviso velocità. Ora sono con proiezione 3:26:30. Mi prende un attimo di sconforto. La gara “quasi” perfetta.
Ma sono bravo, sono forse più bravo qui che in tutto il resto della gara. Qui ci vuole testa, mi dico, non solo gambe. Mancano 3 km abbondanti alla fine. Se molli adesso i minuti corrono via e rischi di rovinare tutto. E allora, mi do come obiettivo il ristoro del 40 km. Anche perché ora ho pure tanta sete. Forse la causa del dolore. Mah… chissà. Corro piano per 2-300 metri poi ancora un po’ al passo. Non molto, solo 30-40 metri, ma sufficienti per abbassare il dolore. Riparto. E quando riparto mi viene di nuovo anche un po’ di nervoso, perché mi rendo conto che riesco a riprendere quasi subito un ritmo veloce. Ma poi dopo un po’, ancora male. Altra piccola camminata. Al ristoro bevo un paio di bicchieri di coca cola, zuccheri venefici per gli ultimi 2 km. Corro con una mano sul fianco, premendo il dolore sembra un po’ attenuarsi. Riguardo Race Screen, proiezione 3:27:40. Oh, Gianni, datti una mossa, sotto le 3 ore e 30 ci devi stare, dai, smidollato, un po’ di male, non è nient’altro che un po’ di dolore, da sopportare per 10 minuti, mica è un travaglio, avanti!!
Entro a Reggio Emilia, e c’è un po’ di pubblico, riesco a trovare un po’ di lucidità per battere il 5 a qualche bambino, bravi ragazzi, penso, bravi, battete il 5 a tutti che adesso ne abbiamo bisogno. Sono al 41mo km quando devo ritornare al passo di nuovo, ok, non è un travaglio, ma fa un male boia, non riesco proprio a correre. Altri 50 metri, cammino, guardo il Garmin, proiezione alza pericolosamente oltre le 3 ore e 28. E no, eh.. No, no, no… niente da fare, riparti con quelle gambette, Gianni. Se cammini fino alla fine non ce la fai. Dai che non manca molto, sono gli ultimi 7-800 metri. E riparto di corsa. 500 metri. Ancora di corsa. 400 metri. Al passo per qualche metro. Un runner appoggiato alla transenna sta tirando fuori liquidi sconosciuti. Quello sta più male di te, mi dico. E poi non si finisce una maratona camminando. Magari piano ma si corre. 300 metri. Corro. Passo i 42 km, restano solo i famosi maledetti 195 metri. Grazie al cielo c’è un bel pubblico e anche abbastanza caloroso. Mi ci aggrappo per non tornare a camminare. 100 metri. Vedo l’arco, un papà prende per mano il suo bambino e cominciano a corricchiare insieme verso il traguardo. I papà runner di questo forum sanno cosa si prova. E mi gusto la scena, mi aiuta a non pensare al male e a continuare a correre. 30 metri, 20 metri, 10 metri. Fine! Riesco a stoppare il cronometro. 3:28:43. Andata!!! Ho fatto sub 210. Ma l’attimo di felicità lascia spazio a 2 minuti di malessere. 2 minuti, non di più. Ma pesantini, ne esco rimanendo accovacciato per un po’, respirando profondamente. E quando mi alzo, magia, dolore al fianco sparito. Ma che ti venisse un cagott… Prendo la medaglia, sorprendentemente mi cambio senza grosse difficoltà nel palazzetto, solo qualche brivido di freddo, classico per me dopo uno sforzo pesante.
Esco dalla struttura e… Dove cacchio abbiamo messo la macchine stamattina? E niente, non ci si crede, non riuscivo più a trovarla, avrò camminato per altri 5 e passa km prima di trovarla. Poco prima di riuscirci mi sono fermato su una panchina, ridendo fra me e me per essere riuscito a perdermi a Reggio Emilia, mica a Kinshasa. Colgo l’attimo di pausa nella ricerca della carriola e riguardo il Garmin. Media finale 4:55/km. Sorprendente. La gara “quasi” perfetta. Ma sai che c’è? A quel paese il quasi. La mia gara perfetta!
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gambacorta
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Re: [DIARIO] L'improbabile corridore.
…”quando l’uomo ha mete da raggiungere non può invecchiare” … cit. EF
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lablinux
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Re: [DIARIO] L'improbabile corridore.
PS magari ti interessa per il quasi https://www.runtastic.com/blog/it/12-co ... _7_2000003
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Miro 69
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Re: [DIARIO] L'improbabile corridore.
Cominci a ricordarmi Gerri_Pa Giovanni
Complimenti !
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21,097 Km -1h56'07"-Garda Trentino HM 2013
29 Km -2h57'18"- Corsa del Principe 2017
42,195 Km - 4h29'36"- XXI Maratona di Ravenna 2019
Ho letto di cose già vissute e pensato di cose già scritte.
Miro
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JJruns
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Re: [DIARIO] L'improbabile corridore.
Bell'articolo, leolinux. Qualcosa di azzeccato c'è, vediamo un po' che dice:
2. Ehm bis... un piccolo snack da 3 etti va bene?
Anche questo potrebbe essere una causa.
3. No, scartato, direi che dopo 38 km il riscaldamento l'avevo fatto
4. Mah... ero in progressione, ci stavo picchiando dentro come un fabbro. Può essere.
5. Indiziato numero 1, io l'upper body devo usare gugol transletor per capire cos'è. Sono deficitario in questo, io corro e basta, buon proponimento per il 2020. Fare esercizi di potenziamento. Difficilissimo per me, mi annoio da morire.
6. No, scartato, respiravo benissimo.
7. Vedi punto 5, i miei sono addominali di... ricotta, elastici, espandibili, aspetta un po' che non corra per due settimane e vedi la fine che fanno.
9. Fatto. E in effetti funziona.
10. Fatto. E in effetti funziona.
11. Seee... fuori discussione. Mi fermo e faccio stretching. E poi? Thè caldo con i biscottini no? Magari una bella copertina in pile e 4 coccole da una gentil fanciulla del pubblico non ce le vogliamo mettere?
12. Aridajeeeeee..... Non mi fermooooo!!!!!
Vabbè, ho scherzato un po' dai... Vedrò di capire cos'è successo, è stata la prima volta, mi ha colto alla sprovvista.
1. Ehm... vedi racconto, proprio leggera non l'ho fatta. Può essere.COME SI PREVIENE IL DOLORE AL FIANCO?
1. Colazione: leggera, a basso contenuto di fibre o grassi.
2. Colazione bis: da fare 2 o 3 ore prima della partenza. Un piccolo snack poco prima della gara, una banana per esempio, va bene.
3. Riscaldamento: è indispensabile per preparare i muscoli e favorire una buona respirazione. Ecco gli esercizi per farlo al meglio.
4. Lento ma costante: meglio iniziare lentamente e aumentare dopo il ritmo. Il dolore è un segnale che indica che il corpo è sotto pressione.
5. Focus sull’upper body: il dolore si verifica soprattutto negli sport che coinvolgono la parte superiore del corpo come corsa, nuoto o equitazione. Un busto forte riduce i movimenti rotatori e supporta gli organi interni diminuendo il verificarsi dei crampi. Un torace forte diminuisce il rischio di infortuni e inoltre migliora anche la performance di running. Ecco come rinforzare la parte superiore del corpo.
6. Controllo del respiro: più veloce corri, più il corpo ha bisogno di ossigeno. Se il respiro è irregolare, ci sono più possibilità che si verifichi il dolore al fianco, così come una falcata efficiente.
7. Addominali di ferro: dei muscoli obliqui degli addominali ben allenati prevengono il dolore al fianco. Sono sufficienti dai 5 ai 10 minuti al giorno di allenamento di questa parte.
2. Ehm bis... un piccolo snack da 3 etti va bene?
3. No, scartato, direi che dopo 38 km il riscaldamento l'avevo fatto
4. Mah... ero in progressione, ci stavo picchiando dentro come un fabbro. Può essere.
5. Indiziato numero 1, io l'upper body devo usare gugol transletor per capire cos'è. Sono deficitario in questo, io corro e basta, buon proponimento per il 2020. Fare esercizi di potenziamento. Difficilissimo per me, mi annoio da morire.
6. No, scartato, respiravo benissimo.
7. Vedi punto 5, i miei sono addominali di... ricotta, elastici, espandibili, aspetta un po' che non corra per due settimane e vedi la fine che fanno.
8. Detto prima, respiravo bene. Relativamente a quanto lo si possa fare al 37mo km in piena spinta. Ma non avevo problemi.COME SI CALMA IL DOLORE?
8. Respira: respirare in modo corretto aiuta a rilassare il diaframma e i muscoli respiratori. Due passi per l’inspirazione e il terzo per l’espirazione: in questo modo migliora la profondità del respiro e il rilassamento dei muscoli.
9. Fai pressione con le mani: premi con la mano sulla parte che ti fa male e rilascia quando espiri. Quando provi questa strategia, concentrati sul respiro e respira profondamente.
10. Rallenta il ritmo: allenta o fai una pausa camminando.
11. Fermati e fai stretching: la tensione può essere alleviata se si fanno alcuni esercizi di stretching. È sufficiente piegare il busto sul fianco e allungarsi piano piano ad ogni espirazione.
12. Fermati e piega il busto: per rilassare il diaframma e l’addome, si possono mettere le braccia sopra la testa mentre si inspira e piegare il busto in avanti nella fase di espirazione, rilasciando le braccia.
9. Fatto. E in effetti funziona.
10. Fatto. E in effetti funziona.
11. Seee... fuori discussione. Mi fermo e faccio stretching. E poi? Thè caldo con i biscottini no? Magari una bella copertina in pile e 4 coccole da una gentil fanciulla del pubblico non ce le vogliamo mettere?
12. Aridajeeeeee..... Non mi fermooooo!!!!!
Vabbè, ho scherzato un po' dai... Vedrò di capire cos'è successo, è stata la prima volta, mi ha colto alla sprovvista.
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Miro 69
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Re: [DIARIO] L'improbabile corridore.
Manca una virgola, era un vecchio utente con il dono della sintesi
si scherza neh ?
Ciao Jo
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Re: [DIARIO] L'improbabile corridore.
Ahah... si, hai ragione, sto diventando un vecchiaccio prolisso...
Una foto di ieri, io e i mitici Shasha e Max Grantuking!!

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