Maratona di Reggio Siberia: ritirato al campo profughi della Mezza.
Fin da quando, mercoledi, un.... biiiiip... di Host Airb&b mi aveva annullato senza motivo la mia prenotazione dell'alloggio a Reggio Emilia fatta (e pagata) un mese prima, avevo intuito che quest'anno sarebbe stato ben diverso dal favoloso 2023 reggiano (P.B., sub 3h, vittoria di categoria). Le pessime previsioni meteo avevano accentuato la sensazione di probabile weekend schifoso in arrivo, ma in realtà tutto è stato anche peggio.
Levataccia alle 4,00, ma tanto ero già sveglio dalle 3,00. Fuori dalla finestra 5 cm di neve coprono la strada. Iniziamo bene. Scendiamo verso Cremona, e Google ci avvisa che il tratto di A1 che dobbiamo percorrere è chiuso: dopo varie verifiche che non chiariscono un cacchio (Autostrade non risponde, Onda verde non dice nulla, Google insiste a dire che la A1 è chiusa) ascoltiamo il navigatore e deviamo nel regno delle nutrie e dello squallore fattosi pianura, le tristissime provinciali buie fra Montevico, Seniga, Cingia de Botti e Casalmaggiore. Rientriamo in autostrada a Parma e arriviamo a Reggio alle 8. Una camminata frettolosa e freddolosa di 10 minuti sotto la pioggia verso il palasport, ritiro pettorale, vestizione e preparativi vari, e poi fuori verso la partenza senza neppure il tempo di fare corsetta di riscaldamento, solo 1 minuto di esercizi di attivazione da fermo contro la balaustra dell'entrata in griglia. Entro infatti in griglia alle 8,58. Due minuti dopo partiamo, fa un freddo becco ma sono come sempre ben attrezzato col completo maglia + pants ciclisti X-Bionic e smanicato antivento Biotex + manicotti + cappellino + bandana al collo + guanti + polpaccere. Il problema maggiore è la pioggia gelida, ma in città (primi 6 km) a parte le gigantesche pozze che completano per piedi e gambe il lavoro della pioggia fatto sulla parte superiore del corpo le difficoltà sono gestibili. Corro al ritmo che ho come obiettivo (4'15"/km) fino al km 13. Ma già dall'uscita dall'abitato di Reggio (settimo km) le cose erano nel frattempo decisamente peggiorate: il vento era comparso raggelando ulteriormente la pioggia, e le strade ondulate erano diventate dei veri e propri ruscelli. In un tratto sterrato fangoso un giovane che corre con la fascia al braccio mi chiede se posso tenergliela (non gli sta più su) mentre si leva i guanti per prendere un gel. Dico ok, e lui ci impiega ben 500 metri per togliersi i guanti e afferrare il gel. Siamo già gelati e poco sensibili. Alla fine dello sterrato gli ridò la sua fascia e un secondo dopo finisco con entrambe le Nike e fino a metà polpaccio in una colossale pozza di fango seminascosta. Scrosto l'intonaco del paradiso con un sonoro porcone mentre il giovane con la fascia al mio fianco commenta serafico: "il coach mi dice sempre che la cosa importante nelle gare lunghe è tenere i piedi asciutti". Penso che una freddura sia quel che ci voglia per stare in tema odierno.
Le folate di vento trasversale a tratti sono dolorose, le gocce diventano proiettili.
A un certo punto, in un tratto di strada clamorosamente allagata, compare un grosso cane fuoriuscito da una cascina: è nervoso e abbaia e rincorre i runners. Quello davanti a me si inchioda impaurito. Io non mi fermo e passo a un metro dal cane che per fortuna mi ignora. I runners dietro di me smadonnano e insultano il padrone del cane. Penso che ormai alle sventure odierne manchi solo l'invasione delle locuste, un fulmine in testa e il terremoto magnitudo 7. Probabilmente arriveranno verso il finale di gara.
Al km 14 devo prendere il mio gel, ma per togliere un guanto (fradicio e gelido) pure io ci impiego 200 metri buoni, altri 200 metri se ne vanno per togliere il gel dal tascone posteriore, e poi non riesco più a rimettere il guanto sinistro, le dita sono insensibili e ho anche timore che mi cada e mi debba fermare. Sto ancora pensando a correre per il sub 3h. Resto con un guanto su e uno no.
Il gruppetto intorno a me si sfalda, anche il tipo straniero strambo con una coda bionda a treccia sottile lunga fino alla vita e che corre con una radio a tutto volume infilata in uno zainetto da trail (un casino rock assurdo!) al km 15-16 perde colpi e poco a poco la musica svanisce dietro le mie orecchie.
Al km 17 inizio a non sentire più la punta del piede sinistro. I quadricipiti sono già due dolenti pezzi di legno dal 12° km, mentre di solito questo mi succede verso il km 35-36. Il freddo bagnato li ha inchiodati. So che ho rallentato un pochino il ritmo ma vedo altri ben più in difficoltà di me, e proseguo anche se comincio a pensare se tutto questo abbia un senso. Al km 19 le forze continuano a esserci, il tronco e la pancia sono ben protetti e non sento freddo ma le mani sono gelate e cosi pure il piede sinistro. Una ambulanza passa vicino a me e si allontana. Una folata crudele in un tratto di salita ci schiaffeggia le guance probabilmente paonazze e strappa un lamento al tizio rimasto con me. Io gli dico: "Alla mezza mi fermo." Lui non dice nulla, forse non ha la forza di rispondere. Poco dopo si stacca. Ormai ho deciso, non trovo nessun senso nel farmi del male per una passione sportiva, e dopo l'abitato di Montecavolo (km 21,1 della maratona e luogo dove parte la mezza maratona che torna a Reggio) so che trovare un punto di riparo sarà molto più difficile. Penso che invece a Montecavolo ci sarà senz'altro una navetta.
Arrivo li e vedo subito un tendone della Croce Rossa e due ambulanze. Una è quella che poco prima mi aveva superato. Entro nel tendone e trovo una scena da film di guerra: ci sono almeno 20 runners nudi o seminudi stesi su lettini da campo o seduti con lo sguardo spiritato e avvolti nel telo "metallico" per non disperdere il poco calore corporeo rimasto. I barellieri cercano di asciugarli e li sfregano per riscaldarli. i podisti, giovani e meno giovani, tremano tutti in modo incredibile, e i volti fanno impressione. Sono tutti atleti che erano davanti a me, a parte quei 2-3 che erano stati raccolti dall'ambulanza che mi aveva poco prima superato.
Mi fanno sedere, mi chiedono se sto bene. Io dico si, ho solo gran freddo alle estremità. Mi dicono che devo comunque spogliarmi dei panni fradici e asciugarmi. Ma i teli sono finiti, e non ci sono magliette o stracci per asciugarmi e coprirmi. Intanto nel tendone entrano altri ritirati. Un calorifero portatile è l'unica fonte di calore al centro del tendone, due podisti tremolanti sono quasi avvinghiati ad esso. Intanto pure io vengo preso dal tremore incontrollabile: recupero un telo scovato sotto un lettino da campo, me lo avvolgo a fatica perchè le mani sono rigide, ma non riesco a frenare il tremore. sto bene, sono lucido, ma tremo e batto i denti come tutti li dentro. Alcuni lo fanno in modo impressionante. Loro sono in ipotermia e qualcuno rischia. Io sto li a inondare di acqua il lettino su cui sono seduto e penso a quando riuscirò a tornare al palazzetto. Una navetta dicono che sia partita con i primi ritirati. Ma che tornerà. Penso che prima di un'oretta non succederà. Non posso fare altro che cercare di non perdere calore e attendere. Intanto continua a entrare gente in ipotermia e i barellieri passano da uno all'altro cercando di dare conforto, ma ormai manca tutto. Penso alla situazione surreale in cui mi trovo. Una addetta croce Rossa comincia a togliermi le scarpe ma si blocca subito: "Hai fatto il doppio nodo?". "Certo!", rispondo. "E allora arrangiati", ribatte con un sorriso. Cercano di non perdersi d'animo, o forse sono solo emiliani imparentati con Bersani. Io aspetto che si allontani e non tolgo le scarpe: ho i piedi gelidi, ma voglio essere pronto a scattare se dovesse arrivare la navetta, e comunque non saprei dove tenere le amate Vaporfly in quella bolgia dantesca. Già ho tolto maglietta e smanicato e bandana e guanti e manicotti e devo tenerli tutti assieme in una grossa pallottola di capi freddi e fradici sotto il telo ma non contro la mia pelle.
Il tempo passa e la navetta non arriva. A un certo punto ci dicono che ci spostano nella palestra a poche centinaia di metri dal tendone. "Li fa più caldo e il tendone ci serve per le emergenze", dicono. Usciamo al freddo, a torso nudo (alcuni anche in mutande) col solo telo avvolto intorno. Per non farci prender troppo freddo ci portano alla palestra 7-8 alla volta con un furgoncino. La palestra non è affatto più calda. E contiene molti altri ritirati. Saremo almeno in 150 li dentro. Comincio a pensare che tornare a Reggio sarà complicato.
E' passata più di un'ora da quando mi sono fermato. Sto bene, il tremore è passato ma non posso dire di non sentire freddo, cosi a torso nudo, i pants zuppi e con i piedi a mollo da due ore. Mi piazzo vicino alla porta della palestra, con la mia pallottola di panni fradici finita nel frattempo dentro un sacchetto di fortuna. Voglio essere fra i primi quando arriverà la dannata navetta. Ogni volta che la porta si apre entra una sferzata di aria cruda. Continua a entrare gente tremolante e soccorritori vari. Fuori sta nevicando. Nevica a Montecavolo, Emilia Romagna, 144 metri sul livello del fottuto mare.
Continua a entrare gente. Tutti su una navetta sola non ci staremo. Ne servono almeno 3 o 4, penso.
Dopo venti minuti arriva la dannata navetta. E' un autobus. Tutti i presenti in palestra di colpo iniziano a pressare alla porta della palestra, ma io sono già lì in pole position. Non è che si invecchia per niente, eh. Un vigile (!) ci fa uscire 5 alla volta, e noi primi 5 scattiamo sotto la neve, sguazzando nei 10 cm di acqua alta del piazzaletto per finire di inzupparci anche l'anima.
Dopo 20 minuti di bus e un ultimo centinaio di metri passeggiando in modalità Zombie seminudi sotto la pioggia nel cuore della città arriviamo al palazzetto. All'entrata c'è una ambulanza con due delle soccorritrici del tendone di Montecavolo che ci riconoscono e salutano. Stanno scaricando un paio di runners con la barella.
Pochi minuti dopo, in uno spogliatoio maschile che è un altro immenso carnaio, trovo finalmente l'abbraccio di una doccia calda.
Ragazzi, come si potrebbe non amare questo meraviglioso sport di merda?

58 anni, 1.77x69 kg. Scarpe: Nike Vaporfly 3, Alphafly 3 e Vomero 18, Asics Novablast 5, Salomon Aero Glide 3, Mizuno Neo Zen, Nike Zegama 2.
P.B. Master 55: 5K= 18''39" | 10K= 38'26" | Mezza M.= 1h24'14" | Maratona= 2h59'36"