(continua e, grazie a Dio!, finisce)
Trotterello giulivo i pochi km di discesa che precedono forcella Lerosa e come una qualsiasi Alice che precipita inconsapevole nella profondità della tana del Bianconiglio

, mi infilo del tutto ignaro nello stargate di Forcella Lerosa, un tunnel infinito fatto di ventate calde e crisi di sonno, ancora peggiori di quelle notturne, dove sai quando ci entri, ma non sai quando, se, dove e come ne uscirai: porcaputtana, se non fossi già impiccato di mio con i tempi dei cancelli e se, soprattutto, non avessi il terrore di essere risvegliato solo grazie alle pedate nel sedere dalle scope, intente a togliere dal sentiero cadaveri e balise, mi butterei in un angolo a dormire qualche minuto. Invece non posso far altro che continuare a parlare con me stesso, convincendomi che se voglio arrivare a realizzare il mio sogno erotico di una doccia calda e del sedile reclinato di un auto dove poter chiudere gli occhi, le scarpate nel culo me le devo dare da solo e lasciarmi alle spalle anche questo fantasma.
Scollinato il mio personale Golgota, esco dal bozzolo in cui mi sto autostrozzando e mi metamorfizzo definitivamente in qualcosa in grado di volare, non solo perché dotato di ali proprie, ma anche perché abile nello sfruttare le
“termiche interiori” che lo sospingono verso l’agognata meta.
Tolgo dalle orecchie l’ovatta delle mie tante seghe mentali e, come Ulisse, cedo al richiamo della mia amatissima sirena, tuffandomi a corpo morto tra le sue accoglienti braccia:
la val Travenanzes non si spiega, si vive e basta; lei può rosolarmi sotto il sole come una braciola sulla graticola o lasciarmi a terra fradicio come un pulcino fradicio
(ça va sans dire), su cui ha rovesciato secchiate d’acqua e grandine violenta come sassate, ed io continuerò ad amarla senza chiederle nient’altro che questo: poterla amare.
Ed eccoli, me li aspettavo puntuali come un treno svizzero, ed ora già li intravedo da distante: gli ultratrailer del
“sì, vabbè, posso anche correre 120Km in montagna, ma le scarpe vorrei non sporcarmele nemmeno un po’!”, mentre passeggiano su e giù dalla riva del torrente alla ricerca di un guado possibile quanto inesistente. Mi faccio largo scaraventandomi dritto in acqua con la grazia fanciulla di un elefante in una cristalleria, lasciandomi alle spalle i cocci basiti di chi non ha capito che la vita è tutto un gioco e che tornare bambini è fondamentale perché tutto questo abbia un minimo di senso.Tzè!
Tra l’altro, considerazioni retoriche a parte, il meteo sta prosaicamente volgendo al peggio, non ci vuole l’apparizione del colonello Bernacca che da una nuvola mistica o parlandomi da un roveto ardente mi riveli il fatto che da lì a poco inizierà a piovere: tira un forte vento, la temperatura si è (vivaddìo!) abbassata drasticamente e quelle scarpe ingenuamente preservate dai tanti timorosi, verranno inevitabilmente infradiciate a breve!
Un rapido inventario del mio stato psicofisico alla forcella Col dei Bos mi fornisce un incoraggiante responso: fisicamente sto bene come può star bene uno che corre in montagna da più di 90° Km e mentalmente sono in un perenne stato nirvanico di equilibrio tra benessere interiore e felicità, una bolla di orgasmico priapismo emotivo che non scoppierà più fino al traguardo di Cortina (altro che Viagra).
Il col Gallina lo lascio che comincia a far buio, la salita all’Averau la affronto ancora in maglietta leggera ed in assenza di frontale, ma arrivato in cima faccio l’ultimo cambio perché il tempo continua a peggiorare ed è davvero brutto, tuoni e lampi ovunque, la strada da fare è ancora tanta e se devo morire fulminato da una saetta attirata dalle punte dei miei bastoncini, vorrei farlo indossando il look adatto, che siamo qui anche per mantenere un’immagine decente e difendere un certo stile!
Vagamente perplesso quanto affascinato dalle luci folgoranti dei lampi (ok, lo ammetto, mi stavo cagando in mano

) mi ritrovo a sottostimare il vero problema della situazione, ancorché già vissuto al mio battesimo LUT: le nuvole basse, che non solo non ti fanno vedere ad un palmo di naso, ma fanno rimbalzare il fiato e la luce della frontale contro i tuoi occhi, donandoti la percezione visiva di un Mister Magoo qualsiasi.
Un casino totale! Viaggio per un po’ sulle creste in totale solitudine ed in
"modalità U-Boot”: testa china sul sentiero in direzione della prossima balisa, stando attentissimo a dove mettere i piedi,ed una volta raggiunta la bandierina rossa, si alza il periscopio nel mare di nebbia e ruotando la testa di 360°si cerca la successiva su cui puntare per arrivare in fondo a questa Caccia al Tesoro in alta quota. Appassionante quanto vagamente inquietante, ma tant’è, questo passa il convento…
Forcella Giau. Fatta con alle spalle 105 Km ed un fottìo di D+. Che dire?
Forcella Giau. Ho detto tutto.
Forcella Giau. Ecco, già sapete.
Forcella Giau. Devo aggiungere qualcosa?
Forcella Giau. Che me la ricorderò finché campo.
Forcella Giau. Stop.
Ma poi, superata anche questa, mi fumo la sigaretta post coito di una lunga, leggera perché senza pesi né pensieri, discesa verso Boscodemmerda® e le luci di una sonnacchiosa Cortina: corro, continuo a correre pregustando il momento in cui tutto questo si trasformerà in un bellissimo ricordo e al contempo sentendo già la nostalgia di ciò che è stato, perfettamente consapevole purtuttavia che non esistono traguardi che segnano la fine definitiva di un viaggio (niente, non sono riuscito a creare un neologismo diverso!) ma solo gonfiabili sotto cui passare, prendere con gratitudine un sorriso ed una birra, per proseguire
oltre il prossimo Oltre.
Ma questa è già un’altra storia, forse la prossima.