le previsioni non ci davano scampo da quasi due settimane: l'ultimo weekend di novembre sarebbe stato abbondantemente piovoso in tutta Italia ed in particolare in Toscana, ma l'iscrizione alla firenze marathon era ormai stata fatta da quasi sei mesi ed eravamo tutti pronti a partire, per cui lentamente ci siamo "rassegnati" all'idea di correre sotto l'acqua; in fondo -  mi sono detto - è un'esperienza da provare.
Così sabato mattina 
siamo partiti con un pulmino in otto per Firenze.
All'expo - come da accordi - 
ci siamo incontrati con vari amici tra cui 
Airone, Fulgur e Pirata con i quali siamo andati a scambiare quattro chiacchiere degustando qualche specialità locale al Pallaio (i dovuti ringraziamenti al buon Michele che ha provveduto ad organizzare magistralmente il pranzo e la cena!).
Poi è iniziata l'avventura per arrivare all'albergo: infatti tra zone a traffico limitato e cantieri aperti abbiamo impiegato una vita per giungere a destinazione.
Quindi passeggiata di rito per la città e poi puntuali a cena ...
... per fortuna che seguendo giudiziosi consigli abbiamo prenotato, perché quando siamo arrivati alle 19.30 il grande locale era già tutto pieno e con una lunga fila fuori!
Altri due passi, per i più ghiotti e meno scrupolosi (tra cui il sottoscritto 

) la concessione di un gustoso gelato e quindi a nanna.
Sveglia poco prima delle 6, mega colazione, preparazione e via verso il lungarno.
Optiamo per un abbigliamento medio leggero: canotta e short estivi con sotto intimo tecnico oltre al provvidenziale sacco-impermeabile ed i guanti; fondamentale anche l'olio che spalmo con abbondanza su braccia e gambe.
Arriviamo al piazzale Michelangelo ed 
entriamo in griglia sotto la pioggia copiosa e crescente.
Siamo coscienti che la strada è bagnata e viscida e le scarpe presto si inzupperanno di acqua moltiplicando il loro peso; questo ci scoraggia un pò tutti dal provare a perseguire i piccoli grandi obiettivi che ci si è prefissi, ma siamo comunque ansiosi di correre.
Intanto ci accorgiamo che 
fermi in griglia e sottoposti ad acqua e vento la mite temperatura assomiglia piuttosto al gelo.
Finalmente si parte, passo tra i primissimi l'arco del via, ma i compagni di avventura non mi hanno seguito con altrettanto slancio, così tra l'attesa, la lieve salita e la confusione iniziale il primo km è lentissimo; poi inizia la discesa ed il ritmo migliora.
Passiamo i primi 5km in circa 20' come da programma, ma i miei amici mi fanno capire che non se la sentono di proseguire e mi invitano ad andare.
Io proseguo con un runner della mia zona che non conoscevo, ma che - ironia della sorte - aveva già corso praticamente con i miei stessi tempi altre 2 maratone negli ultimi mesi.
Il ritmo è perfetto e la pioggia si dirada, ma il freddo iniziale ha generato qualche inusuale dolorino di stomaco, faccio una prima veloce sosta al 18km, la situazione sembra migliorare, ma è solo una illusione.
Così dopo aver ottimamente passato la mezza avviso il mio compagno di avventura che dovrò fermarmi ancora e lo saluto con un "in bocca al lupo".
Per fortuna trovo un bagno chimico.
Quando riparto sto finalmente bene, un pò demoralizzato, ma bene; ritrovo subito uno dei due amici che avevo lasciato ad inizio gara, spero di porter proseguire insieme, ma mi spiega che non ce la fa.
Così 
inizio, solo, riprendendo il ritmo, 
una lunga rincorsa.
Faccio fatica a trattenermi perché le gambe vorrebbero andare, ma so che c'è ancora tanta strada da fare.
Però 
più passano i km e più mi sento bene.
Passo i due terzi di gara ed il 30mo km, secondo molti runners il vero inizio della maratona.
Tra i tanti che sorpasso mi si accoda un inglese, proseguiamo insieme per alcuni km, ogni tanto si attarda appena, ma preferisco procedere in compagnia.
Le cascine, incubo dei corridori della firenze marathon, e inizio delle mie sofferenze nel 2007, scorrono via come una tranquilla passeggiata al parco la domenica mattina.
Al 33 penso serenamente che potrebbe essere un terzo della più classica delle ultramarathon; è un altro ottimo segnale e continuo ad aumentare leggermente, tanto che l'inglese mi saluta.
Non sento la fatica, l'umidità le scarpe che, ormai, dopo tante pozzanghere sono delle barche, e continuo a spingere: 
gli ultimi km volo a 3'45" min/km in mezzo alla fatica generale (di solito sono anche io in quelle condizioni 

 ).
Cerco gli sguardi e le voci degli amici che dovrebbero aspettarmi nel finale, ma non riconosco nessuno.
Passo il traguardo leggendo con gioia il dato cronometrico; ma soprattutto 
sono soddisfatto perché avevo spinto, ne avevo ancora e stavo bene!
Vesto la medaglia e mi avvio a recuperare la sacca sul lungarno ... la mia è collocata nell'ultimo container ed è decisamente lontana dall'arrivo considerando che una
 volta smesso di correre non fa certo caldo l'organizzazione potrebbe trovare una soluzione migliore (Venezia con tutti i problemi logistici del caso le consegna pochi metri dopo l'arrivo ...).
Qualche telefonata, albergo, doccia ed attendo gli amici per conoscere la loro avvenuta e ripartire alla volta di casa dove 
ci aspettano i festeggiamenti per l'avventura ed il mio compleanno!