Carissimo amico, nel leggerti mi sembra di vedermi allo specchio, almeno in certe scene: la rincorsa del bus con una gamba sola (salvo rassegnarmi come un vecchietto a lasciarlo andare ); gli otto mesi, precisi precisi i miei, per i quali non faccio che ripetere altrettanto precisa precisa la tua frase "credo sfiancherebbero ecc. ecc. "; nonchè il salto del gambero a tradimento.Holden ha scritto:Mi sembrava di percepire un leggero miglioramento: quasi spariti i fastidi camminando, rimaneva il dolore alla palpazione ma ero leggermente piu ottimista anche se non volevo forzare il tentativo di tornare a correre perché non mi sentivo comunque a posto.... poi martedì causa treno in ritardo per non perdere la coincidenza col bus ho fatto uno scatto di 200 mt. e a freddo ho ricominciato a zoppicare leggermente. ieri sfortunatamente si è verificata la stessa scena e puntualmente alla discesa dall'autobus ero di nuovo zoppo. Stamattina lo noto di nuovo affaticato, con difficoltà a muovermi correttamente, insomma un salto indietro di qualche mese.
Oggi ho la terza sessione d'onde d'urto, credo proprio che sarà la definitiva. non ho più forza nè voglia di buttare via altro tempo e denaro. Sono ormai 8 mesi che credo sfiancherebbero anche il più irriducibile tra gli ottimisti...
Se penso che mi sono iscritto in questo forum il giorno del terremoto dell'Aquila (6 aprile 2009) per aprire un thread sulla "Sindrome di Haglund" e dopo la "bellezza" (leggi : sofferenza) di 5 anni mi ritrovo ancora a bazzicare in via quasi esclusiva questa sezione, mentre (giusto per fare un esempio tra tanti che potrei) un mio amico - che ho introdotto io stesso a questo forum - si è fatto a dicembre la prima maratona ed oggi era a Siena a correre l'ultramaratone da 50 km, allora certe volte mi sovvengono addirittura pensieri leopardiani, tipo che la natura faccia nascere certi individui per godere e altri per soffrire.
E la cosa paradossalmente ancora più crudele è aver comunque "assaggiato" a sprazzi cosa significhi,cosa si provi e cosa si riesca a fare stando non dico neppure bene ma anche solo decentemente: è ancora più sadica e crudele perché è un po' come essere diventati ciechi dopo aver avuto la vista rispetto a chi cieco lo è sempre stato, il quale può sì soffrire ma fino a un certo punto perché non ha certe consapevolezze.
A questo si aggiunge, come se tutto questo già non bastasse, l'ulteriore amarezza della sensazione di progressivo "distanziamento" da quelle persone come il mio amico, a cui voglio veramente un gran bene, con cui ho condiviso proprio nella corsa (ma non solo) momenti entusiasmanti ma che, non avendo provato le sensazioni di questo declino in una voragine che ti sposta dalla vita alla sopravvivenza (i momenti invalidanti anche nella quotidianità lavorativa e cittadina sono indescrivibili), non può comprenderle.
Nonostante lui ovviamente sostenga di sì, riferendomi però di passate esperienze il cui parallelo non sta né in cielo né in terra (perfino offendendosi per averglielo appena appena fatto notare) e di contro tacciandomi addirittura di endemico vittimismo: la beffa finale. Insomma, piove non sul bagnato, ma proprio sull'allagato.