A mente fredda ripercorro la Maratona di ieri, la mia prima Maratona.
I prodromi
A marzo comincio a pensare che potrebbe esser l’anno giusto per esordire in Maratona a Firenze. La preparazione va bene, ricorro dopo molti mesi 18km a buon ritmo (la distanza più lunga mai coperta fino a qual momento), ma anche sul breve sento che sto migliorando. Poi decido di fare qualche trail, mi alleno su percorsi in salita, tutto bene, scendo finalmente sotto i 50 minuti in una 10km con inclusa la salita del piazzale Michelangelo, ma a metà maggio dopo un trail di 17 km corso qualche giorno prima rimedio una brutta contrattura al polpaccio. Passo 1 mese fermo, buttando via la preparazione invernale e riparto praticamente da zero. Quando dopo due mesi, a metà luglio ricomincio (finalmente) a correre sopra ai 10km mi imbatto in un articolo di Correre con le tabelle per preparare la Maratona. In un istante decido che ci voglio provare. In quel periodo corro lentissimo per cui mi scelgo il programma dalle 4h alle 4h e 30. Programma con solo tre uscite alla settimana, niente ripetute. Piano piano comincio a svolgere le sedute, aumentano i km, ma la fatica è enorme; corro i 21km a Firenze intorno al 20 di agosto facendo una fatica tremenda e con un tempo molto alto (2:07). Poi ai primi di settembre le cose cominciano a cambiare (in meglio) e infatti a metà mese esordisco in mezza Maratona con 1:48:14. In un momento di euforia decido che la tabella che sto seguendo per la preparazione forse è troppo lenta e che potrei seguire quella più veloce (3h:30 -4h:00), così la cambio. Poi alterno lunghi assolutamente incoraggianti di 30 e 35km corsi a 5:36 al km e con finale in crescendo ad altri meno riusciti, con tempi più lenti di 15/20 secondi al km, veri e propri crolli nel finale e tanta fatica a finirli; l’ultimo (che volevo fare di 38km, forse troppo oppure nel giorno sbagliato…chi lo sa) abbandonato prima della fine per manifesta inferiorità. Così avvicinandosi al gran giorno affiorano i dubbi: ce la farò? Il tendine di Achille che mi ha lasciato correre in questi mesi “abbastanza tranquillamente” (salvo due o tre occasioni) presenta il conto negli ultimi 10 giorni, fa male e non c’è ghiaccio che tenga, continua a dolere. Mi sforzo di pensare che sarà comunque una festa, che il tempo è un optional, che il bello è esserci e poter dire ce l’ho fatta……ma l’ansia cresce.
24 novembre 2013
Suona la sveglia alle 6:45, stanotte ho dormito solo, confinando la mia compagna in camera con nostra figlia nel timore di essere svegliato durante la notte oppure di svegliarla a mia volta al mattino. Mi affaccio, c’è il cielo azzurro, sarà una bella giornata, forse fresca, ma bella. Da oltre 24h rimugino sull’abbigliamento, la parte superiore perché sotto so già che metterò i pantaloni corti (non svolazzini) con cui corro anche in estate, alla fine decido per una maglia a maniche lunghe con inserti termici, ma leggera e scelgo fortunatamente bene. Faccio colazione tranquillamente, mi vesto, indugio un po’ al gabinetto (correre leggero è importante….) prendo una vecchia felpa ed esco. Corricchio fino alla partenza incontrando tanti altri come me. C’è un po’ di ressa all’entrata delle griglie, raggiungo la mia, posta (giustamente), all’ultimo posto ben lontana dallo start. Entro con calma, corricchio dentro perché è molto grande. Sono tranquillo, ma non vedo l’ora di partire. Infine il conto alla rovescia e lo sparo. Passo dalla partenza con circa 6minuti e mezzo di ritardo. I primi km sono lenti, sono (scoprirò poi) al 9000esimo posto più o meno. Trovare il ritmo è impossibile, sorpasso assolutamente in tranquillità senza zig-zag, a momenti vado a 5’40” a momenti viaggio a 6’, ci sono tanti podisti. Mi sento bene, solo il tendine mi fa male, ma spero che una volta riscaldato smetta di rompere….. Alle Cascine siamo in un tratto a doppio senso e un bel po’ strettini e si viaggia a 5’55”, ma non posso superare quindi me ne sto tranquillo, poi si allarga la strada e mi rimetto a velocità programmata intorno ai 5’40”, non voglio spingere troppo ho paura di finire la benzina come mi è già successo in un paio di lunghi per cui sto coperto. E’ proprio verso la fine del tratto delle Cascine che comincia a farmi male la parte bassa del polpaccio destro, un po’ sopra il tendine di Achille. E che cavolo, mi preoccupo del sx e ora mi fa male il dx! E’ il classico dolore pre-contrattura, tipo una lama infilata dentro che pulsa ad ogni passo e che forse solo le calze lunghe a compressione impediscono di arrivare alla logica conclusione dell’indurimento del muscolo. Mi prende paura, manca ancora tanto, come farò?
Usciamo dalle Cascine ed entriamo in San Frediano, c’è gente che applaude, Porta Romana con la curva di quasi 180°, piazzale Pitti con tanta gente e il Palazzo che ci guarda, do il 5 a tanti bimbi, è una festa e la voglio vivere fino in fondo così. Passiamo accanto a Ponte Vecchio e poi i lungarni che ci porteranno al 21esimo km. Davanti a me ci sono i palloncini delle 4h15’ che si avvicinano, acqua e sali al ventesimo (ho appena preso un gel a scopo precauzionale), si passa l’Arno e sfila pure il traguardo della mezza: 2h02 rt. Un po’ lentino, ma l’ingorgo dell’inizio, il continuo variare l’andatura….ci sta. Al 22esimo km raggiungo i palloncini, ragiono sul fatto che essendo passato dallo start con circa 6’30” di ritardo sono al momento in proiezione sotto le 4h10’. Penso che forse dovrei correre con i palloncini, ma c’è molta gente, un po’ di imbottigliamento che non mi permette di correre sciolto per cui aumento leggermente e me li lascio dietro.
Siamo nella zona di Via Aretina e Via Mannelli lungo la ferrovia, c’è meno pubblico, ma sto bene a parte il polpaccio destro che è lì minaccioso, vado comunque tranquillo, poi c’è un mio collega che mi aspetta, mi fa due foto, mi saluta, mi carica. Entriamo in Campo di Marte, siamo dopo il 26esimokm, comincia ad affiorare un pochino di stanchezza mentale. Mi dico che a Piazza d’Azeglio (dove mi aspetta la mia famiglia per incoraggiarmi e passarmi eventualmente uno o due gel) mancano solo 8km (e che sono 8 km….???) così mi riprendo a vado avanti. Il giro intorno allo stadio, poi ancora per il quartiere, 30esimo km ristoro, alla Enervit hanno terminato tutto, bevo avrei necessità (magari solo psicologica) di un gel, ma ho finito i due che mi ero portato dietro e speravo di trovarli al ristoro del 30esimo. Così avverto la fatica, ma è niente rispetto alla botta psicologica che mi aspetta, riparto infatti un po’ legnoso (da ora in poi sarà sempre così dopo ogni sosta) alzo lo sguardo e vedo i palloncini dei 4h15’ avanti a me di 200mt: ma quando mi hanno superato “sti’ malefici”, erano dietro!!??. E vedo anche che non riesco a riprenderli, anzi se ne vanno, si allontanano sempre più, ci provo , ma niente da fare. In fondo al viale vedo invece avvicinarsi il temuto cavalcavia dell’Affrico (siamo al 32esimo km circa), tantissima gente che cammina, mi concentro, aumento la frequenza dei passi accorciandoli e su, lo supero tranquillo senza sentire niente di strano al polpaccio (peggio la discesa) sono contento e continuo a ripetermi di essere ancora in gara. Cerco in ogni modo di correre il meno contratto possibile.
Do un cinque ad un amico in Via Angelico, e mi accorgo che sono gasato perchè manca poco a Piazza d’Azeglio, ma in realtà sono stanco, ho dolori vari alla parte bassa di entrambe le gambe e sono indurito, la corsa è sempre meno fluida. Finalmente ci siamo, vedo i miei genitori, la mia compagna e nostra figlia di 4 anni, rallento prendo i gel e riparto, faccio 3 mt mi fermo e torno indietro, mi piego e abbraccio e bacio Cecilia e la saluto, riparto quasi commosso con un bel passo……, ma dura poco. Mi piombano addosso la stanchezza, i dolori e la fatica ad andare avanti, ma stringo i denti, sono ancora in corsa, dai!!!! Ormai guardo il cronometro distrattamente, conta solo arrivare. Si passa dal centro, bevo i gel e bevo acqua/sali nei pressi del Duomo, poi giù per Borgo Ognissanti fino quasi a Porta al Prato (tratto durissimo, fisicamente non ce la faccio più e anche psicologicamente rischio di mollare), poi giriamo per ritornare in centro e piano piano comincio ad intravedere una luce. Ogni passo mi costa, ho paura che il polpaccio mi pianti da un momento all’altro, ma siamo verso il 38esimo km, non male. Becco mio fratello che rientra a casa con il telo argentato (per lui un ottimo 3h02’) che mi incita, mi da una pacca e mi passa una bottiglietta d’acqua, ma non riesco a dire una parola (dopo mi ha detto che lì per lì si era preoccupato del mio silenzio). Bevo, l’acqua mi rivitalizza, arriva il ponte Santa Trinita, lo passo correndo e vedo intorno a me tantissimi che camminano, questo mi da un’iniezione di fiducia, non sono ancora del tutto cotto, ce la posso fare. Ponte Vecchio è facile, una ragazza mi chiede “a quanto stiamo” a 3km dico io, ma lei voleva sapere la media al km, intorno ai 6 al km le rispondo, ma ormai ho mollato il cronometro da un pezzo e non penso più al tempo, ma solo a finire. Piazza della Signoria, la gente applaude, incita, ci batte le mani, ci grida bravi, vedo due fotografi sdraiati a terra e tento una faccia presentabile. Da parecchi km corro ormai con una smorfia continua che mi stravolge il volto. Il Duomo, mannaggia ci fanno passare da dietro, sono metri in più che si devono percorrere, mi soffermo al ristoro bevo solamente (come per il resto della gara) acqua e sali e riparto, il Bargello e giro in via Ghibellina, cerco con lo sguardo la mia famiglia ma non li vedo, continuo, sto concentrato, corro piano, è durissima, ma continuo a superare podisti in difficoltà, che camminano o sono fermi (è così da tanti km); in fondo alla via c’è un amico, mi incita “non mollare, dai che ci sei, sei arrivato, è finita”, entro nel lungarno e incrociamo gli altri runners che ritirano già i loro sacchi e anche loro ci incitano, la strada comincia un po’ a scendere, siamo alla Biblioteca Nazionale, e allora capisco che ce l’ho fatta, comincio a ridere a tutta la gente che mi batte le mani, rido felice come un bambino, mi sento leggero aumento l’andatura, non per fare lo scatto finale, ma perché improvvisamente non sento più uggie, più fastidi, più dolori, sono leggero e corro, sono in via Magliabechi, vedo Santa Croce dove sabato sono andato per la messa per il povero Andrea, mi si riempiono gli occhi di lacrime quando entro sul tappeto blu, è fatta, alzo le mani, intorno a me tanti altri tutti felici, che gioia, vorrei poterlo fermare quest’istante e farlo durare tantissimo, è bellissimo. Medaglia, chip, “coperta” di alluminio e mi infilo nel fiume dei finisher, bevo acqua, qualcuno si distende stremato,cammino piano, ripenso alla gara, ripenso agli oltre 800km di preparazione, cammino, esco dal “serraglio” e attraverso vie laterali vado verso casa (abito a 500 mt dalla pizza). Cammino come un automa, poi mi sento chiamare è mia mamma e la mia compagna che mi avevano aspettato all’arrivo ma senza vedermi per via del caos. “Allora, ce l’hai fatta?” Sì, dico ce l’ho fatta e mostro la mia medaglia da sotto il telo, ci si abbraccia e si va verso casa. Fino in fondo, lo ammetto, non ci credevo nemmeno io, tanti, forse troppi dubbi e incognite: ora una certezza, il 24 novembre 2013 me lo ricorderò finche vivrò, un giorno magico!
ps scuste il papiro, ma avevo bisogno di scriverne, di parlarne e di condividerla. Non mi offenderò se non la leggerete tutta.............
