6. La Gara. La frazione di nuoto
Ed eccomi in prossimità della partenza, fissata per le 12:00.
Mi sono alimentato abbondantemente: dopo la colazione panino con marmellata verso le 10:00 e, un'ora prima della partenza, due Presport della Enervit.
Entro prestissimo in zona cambio per il gonfiaggio delle ruote della bici e per gli ultimi controlli ai materiali.
Ne esco con quella sensazione di disagio che forse non mi abbandonerà mai, quella sorta di presentimento che, al rientro dopo la frazione di nuoto, mi accorgerò di aver dimenticato qualche componente essenziale per portare a termine la gara…. In ogni caso mi avvio alla spiaggia, dopo un'ulteriore attesa ingannata scambiando quattro chiacchiere con altri triathleti, tutti apparentemente tranquilli.
La spiaggia si presenta già affollata, così come il tratto di mare antistante la partenza: ai circa 2000 partenti, che verranno scaglionati in gruppi di circa 250, si sommano i tanti amici, parenti, curiosi, semplici spettatori. A ciascun gruppo (pro, donne, age group distinti per età) è assegnata una cuffia di un colore predefinito. A me un bel celeste che mi fa assomigliare terribilmente al GRANDE PUFFO.
Saluto con un
in bocca al lupo (o con il più adatto
in culo alla balena) Nomajean e Sydilbradipo per preparare la partenza: dopo i pro e le donne, il mio sarà il primo gruppo numeroso, composto dai 50-54 e dai 18-25. Praticamente vecchi catorci e ragazzini…
Dopo essermi cosparso di vaselina soprattutto il collo, per evitare le dolorosissime abrasioni provocate dallo sfregamento della muta, ed i polsi e le caviglie, per facilitarne la vestizione, chiudo la cerniera della muta e compio una serie di movimenti per verificarne la corretta calzata.
E penso: “Forse la
calzata l'ho fatta io ad essere qui…”
La temperatura interna sale immediatamente di 20°, mi vedo costretto a rimanere “a mollo” in mare, per evitare cuocere prima ancora di partire, fino a quando i giudici ci fanno uscire dall'acqua: stanno per partire i pro. Da lì a 10 minuti inizierà anche la mia gara.
Fischio.
I professionisti, gli unici senza muta per questioni regolamentari, sono relativamente pochi, si sparpagliano in mare per non darsi fastidio, e partono ad una velocità che non riuscirei a reggere per una vasca da 25. Loro faranno 1900 m…
Dopo cinque minuti anche le donne vengono
liberate.
Ci siamo, sta per iniziare il mio 70. 3.
Fischio.
Entro in una sfera emotiva che non riesco a descrivere.
Una specie di
trance (niente a che vedere con i frequentatori di certi vialoni di Milano…).
È come se mi fossi chiuso in me stesso, impermeabile ai suoni ed alle voci che ho attorno. Concentrato sulle sensazioni, sulla respirazione, sui battiti.
Ogni tanto qualche schiaffo di un altro concorrente fuori rotta (o sono io che sto andando alla deriva?) mi richiama ad una realtà più terrena o meglio, più acquatica.
La prima parte del nuoto scivola via bene; ho buone sensazioni; ho indossato bene la muta che pare non darmi fastidio, come certe altre volte, quando mi ha reso più faticosa la bracciata. Come mio solito mi sono messo nelle retrovie, ben sapendo che stando davanti alla partenza dovrei subire numerosi sorpassi che, nel triathlon, in genere equivalgono a numerosi schiaffoni. Prendo il mio ritmo, che vuol essere di una nuotata estremamente facile, lunga, non dispendiosa. Per il primo terzo va così. Nel secondo terzo le cose, se possibile, addirittura migliorano; l'onda diventa favorevole, e ho la netta sensazione di surfarla, faticando veramente poco. Poi, l'incantesimo finisce. L'onda da alleata diventa nemica, è contraria e rende tutto più faticoso. La boa direzionale probabilmente viene trascinata, arando il fondo; i nuotatori si disperdono seguendo varie teorie: chi incaponendosi nel puntare la boa, chi intuendo che meglio puntare direttamente alla boa successiva, attorno alla quale occorrerà virare, chi come me, incominciando ad accusare la fatica, non sa più neppure dove sta andando, e si limita a seguire i piedi di chi lo precede. Quando spariscono i piedi, e sento gridare “oooohhhh!!!” metto la testa fuori dall'acqua e vedo una canoa gialla, sulla quale un addetto mi segnala che sto per arenarmi sugli scogli: sono fuori rotta di almeno 50-100 metri….
Iniziano a superarmi i nuotatori più bravi dei gruppi successivi al mio, che mi hanno gia recuperato 10 minuti...
La fatica incomincia ad essere percepita ed il respiro diventa affannoso: ma dove diavolo è questa spiaggia?
Finalmente vedo uno davanti a me che si mette in piedi: per chi non proviene dal nuoto, è uno dei momenti più belli delle gare di triathlon, quando si può finalmente abbandonare l'elemento acquatico poco familiare e riassumere la posizione eretta (homo sapiens-triathlens) .
E qui commetto un errore che pagherò caramente. Entusiasta di sentire finalmente la sabbia sotto i piedi mi distraggo e mentre respiro a pieni polmoni, in mezzo metro d’acqua, non m'accorgo di un'onda che mi travolge e che mi fa bere un bel sorsone.
Non credete a mai chi vi racconta che l'acqua di mare è un ottimo sistema per integrare contemporaneamente e liquidi e sali minerali.
L'inevitabile conato mi sconquassa le interiora, contribuendo a rendere ancora più faticosa la digestione del mix panino-Presport che, forse a causa dello sforzo, o più probabilmente della ingestione troppo vicina alla partenza, assume la conformazione della tipica mappazza che si conficca irrimediabilmente nello stomaco e lì vi rimarrà a lungo…
Esco dall'acqua, mi avvio simulando una corsetta lungo il tappeto che indica il percorso di trasferimento alla zona cambio, distante svariate centinaia di metri (credo che la mia bici fosse ad oltre 1 km dalla battigia), mi tolgo cuffia ed occhialini e la parte superiore della muta.
In quel frangente definirmi goffo è farmi un complimento. Con le maniche vuote della muta che sbatacchiano a destra e sinistra sembro un polipo ubriaco.
Alcune volontarie dirigono un getto d'acqua sui piedi, per togliere la sabbia: le invito a puntarmelo sulla faccia, nel tentativo di sciacquarmi la bocca dai residui della bevuta di acqua salata.
Ci siamo: si entra in T1….
-segue-