con molto ritardo vi faccio il mio resoconto della mia maratona di New York.
premessa: ho iniziato a correre partendo da zero assoluto (nessuno sport praticato ad un livello anche amatoriale fino ai 40) nella primavera del 2015, per evitare di prendere farmaci per il colesterolo alto. Non ero particolarmente in soprappeso, ma nessuna base aerobica o muscolare, quindi ho seguito il consiglio tipico e alternavo 1 minuto di camminata e uno di jogging per 20 minuti, 3 volte a settimana insieme a mia moglie. I miglioramenti e le famose endorfine mi hanno portato ad migliorare passo e ad aumentare i km, e da lì è partito quasi per scherzo il sogno della "Maratona di New York": il regalo per il compimento dei 50 anni, in vacanza con tutta la famiglia, con i figli abbastanza grandi da goderne a pieno.
Quel giorno è arrivato, il 24 ottobre ho spento le candeline, e la settimana successiva eccomi a New York eccitato da morire.
Il pettorale me lo sono guadagnato sul campo: gli incredibili miglioramenti di questi anni mi hanno permesso a Feb'22 di correre la mezza a Treviglio in 1:30:46, sotto il minimo di 1:32 per un over 50, quindi a inizio '23 mi sono messo in fila all'apertura delle iscrizioni per avere il mio pettorale (first in, first serve). Accettata l'iscrizione con qualche giorno di ritardo (iniziavo a temere...), prenotati voli e appartamento, è arrivato il giorno della partenza, e la sera del 1 novembre ero nella Grande Mela.
Ovviamente i giorni antecedenti la gara siamo stati turisti in città, quindi non ho fatto vita da atleta, sia per la fatica che per l'alimentazione. Il venerdì l'ultima uscita, una sgambata lungo l'Hudson, nel pomeriggio sono stato al Javits Center a ritirare il pettorale, e respirare l'atmosfera di gara. Domenica sveglia da ansia, colazione abbondante e via a raggiungere il tragetto per Staten Island.
In città svegli eravamo quasi solo noi maratoneti, e qualche altro folle non tanto diverso da noi, preso il tragetto alle 5:30, quindi niente alba sulla baia, arrivo col buio e poi bus scuola giallo (altra icona della vacanza) fino al parco vicino la partenza, sotto il ponte da Verrazzano.
Devo riconoscere che l'organizzazione è stata esemplare, centinaia i volontari già al traghetto, tutti a incoraggiarci, e anche nei villaggi per l'attesa non mancava niente. Certo, l'attesa è stata lunga, ma per gestire certi numeri capisco ci siano poche alternative.
Puntuali alle 9:10 si parte, io parto dal settore pink, quindi al livello inferiore del ponte (aspetto positivo, meno salita), e inizio la mia gara. Non ho ambizioni di tempo, ho imparato che se non corro a tutta mi godo di più l'evento, non rischio di saltare e di arrivare bruciato al traguardo compromettendo la settimana successiva.
Quindi parto piano, guardo i bpm per confermare le sensazioni, il GPS al livello inferiore da i numeri, e inizio a scaldarmi. Uscito dal ponte mi sento bene, la discesa portava ad accelerare ma mi mantengo in controllo, arrivo al rilevamento dei 5 km e verifico che sto tenendo un passo poco superiore ai 5 min/km, in linea con le migliori attese. Entrando a Brooklyn il tifo si anima, è assordante; ma è ancora più impressionante il lunghissimo serpentone che si vede sulle Avenue in salita. Mi colpisce il quartiere ebraico, sia per i richiami ai rapiti in Israele, sia per l'enorme numero di persone in abiti e cappelli neri, con le treccine che escono fuori. La polizia controlla, e mi colpisce che ti attraversino la strada come se niente fosse. Metà gara si avvicina, nelle gambe inizio a sentire la fatica dei saliscendi, rallento il passo di 5" poi altri 5, e passo alla mezza in 1h47. Sento che sta finendo la benzina, c'è sole e la temperatura sale per cui inizio a fermarmi qualche secondo ai rifornimenti per bere con calma. Entrato a Manhattan decido che devo salvare le gambe, già sulla 1st Avenue verso la fine inizio a inserire qualche spezzone di cammino per tenere i bpm sotto 150, e mi motivo sapendo che mia moglie mi aspetta con la sua amica ad Harlem (prima che inizi Central Park) all'uscita del Gospel che sono andate a vedere. Entrati e usciti velocemente da The Bronx, dove il tifo si concentra all'ingresso e poi latita, di nuovo a Manhattan. Ho rallentato significativamente, tratti di cammino sempre più lunghi, i 5 km tra 30 e 35 scorrono in 30:30, al 36 finalmente scorgo mia moglie che fa il tifo e mi filma. Mi fermo, voglio una foto, Simona accanto a lei ce la scatta e riparto con qualche energia in più. Ma dura poco, la salita della 5th Avenue che costeggia Central Park è tagliagambe, mi rendo conto che non ero preparato per una corsa così muscolare, procedo di conserva, arrivo in qualche modo al 25 miglio e quindi spremo il serbatoio delle energie per gli ultimi 2 km che provo a finire in spinta. Taglio il traguardo felice come un bambino, non vedo l'ora di mettere la medaglia al collo. So che non è la prima maratona, ma era un sogno di quando ho iniziato a correre, e ancora oggi sono felice come un bimbo, nonostante il tempo di 3:53:08 sia forse il peggiore delle maratone corse in questi anni: l'ho portata a casa e chissene... e poi ho salvato le gambe, già il pomeriggio la vacanza è proseguita e la sera ci siamo goduti la cena a Chelsea Market in un ottimo ristorante italiano
