Foto grandiose Claudio, io son stato selvaggiamente cazziato da Alvin per non averle fatte!
Le mie impressioni, ancora "a caldo":
So che mi verrebbe spontaneo, visto la vicinanza con la gara di Treviso, ma non indurrò troppo nella tentazione di fare paragoni con le maratone su strada, anche perché quello del trail è tutto un altro mondo, un mondo che sempre più mi affascina e mi attira: dico solo che per 6 ore ho corso e faticato con un sorriso a 30 denti (due del giudizio mi sono stati tolti), in beata sintonia con la natura e con me stesso (e per uno in costante conflitto interiore questo non è poco).
Prima, durante e dopo ho continuato a ripetere
“Bello…bello…bello…” ed ora, anche se non c’è un solo muscolo delle gambe che non rivendichi un po’ di massaggi e coccole, sarei pronto mentalmente per correre un altro trail, lasciando volentieri il bitume dell’asfalto a chi lo apprezza!
Alla partenza insieme a rennino e sbarbi, incontriamo cimaposta, rondo e march e dopo le foto di rito, partiamo baldanzosi (si, vabbè!).
Siamo nei pressi dei trailpacer delle
“Sei ore più o meno”, all’inizio un po’ intruppati, ma in un’atmosfera davvero unica, che, complice anche gli scenari da favola, ti consente di scambiare anche due chiacchere con i compagni di salita…
Da neofiti della materia trailrunning e ignoranti di quello che ci attende, adottiamo la tecnica prudente di correre nei tratti di piano o discesa e di andare al passo in quelli in salita, anche perché è la stessa tecnica usata dai pacer e questo conforta non poco.
L’allegro trio Quiquoqua viaggia compatto per i primi 15 Km poi, mea culpa!, perde un pezzo per strada: ad ogni ristoro ci fermiamo per idratarci e mentre sorseggio un po’ di thè caldo, mi giro e non vedo più Claudio e Giuseppe. In lontananza vedo i pacer e, credendo che i miei due compagni di avventure siano con loro, riparto di slancio al loro inseguimento.
I pacer non li raggiungerò mai e dopo una decina di chilometri inizio a sospettare (bravo Fat, hai la prontezza di riflessi di un bradipo imbalsamato!) che FORSE i miei compagni non sono davanti, ma dietro me.
Contrariamente a quello che avrei pensato alla vigilia, benedico le salite che sono un’ottima occasione per riprendere fiato. Anche la temutissima salita della Madonna non la trovo così drammatica, se non per il fatto che è l’unico tratto esposto e che quando la affronti hai non solo 33 Km nelle gambe, ma soprattutto sulla testa un sole che ti cuoce come un uovo al tegamino.
Abbondanti e provvidenziali i ristori, perfetta e cordiale l’organizzazione e lo stuolo di volontari lungo il percorso, quando arrivo al traguardo nonostante le mie gambe siano ormai divelte dalla fatica mi accorgo di avere ancora sul volto quel sorriso che mi sono portato a spasso per 6 ore.
Il minestrone caldo e la birra fredda del dopo gara sono la ciliegina su una torta indimenticabile!
La sera quando rimetto via le mie A5 impolverate sospiro aspettando con ansia il momento di infilarmele nuovamente ai piedi: ho lasciato l’asfalto per seguire la traccia e non ho la minima intenzione di voltarmi indietro.
