mazzi ha scritto:Credo di potermi rispecchiare in ciò che ha detto Linus...
Ma, oltre che ad un calo motivazionale dovuto ai traguardi già tagliati, nel mio caso ritengo che possa parlarsi anche del desiderio di ritrovare, con l'attività sportiva, certezze e fiducia in se stessi, a dispetto delle disillusioni che hanno accompagnato la "corsa esistenziale" verso quei traguardi e che hanno fatto vacillare valori e/o insegnamenti in cui si credeva fermamente.
(Ri) praticare sport e apprezzare il miglioramento progressivo dei risultati è stato un modo per ritrovare autostima, per dimostrare ai miei occhi che "io valgo", indipendentemente dal fatto che quei risultati possano far sorridere altri atleti.
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Molto belle tutte le risposte ricevute finora, anche se - ribadisco meglio - questo vorrebbe essere una sorta di "thread lento", molto lento, dove le risposte -se arrivano - arrivino in modo del tutto spontanee nei modi e nei tempi che servono a ciascuno per elaborarle. Insomma, una volta tanto sono banditi i cronometri !
Nella frase di Linus trovo una sorta di ammissione che si cela spesso in modo inconscio dietro l'inspiegabile baldanza giovanilistica di molti novelli runner, il cui entusiasmo è spesso DIRETTAMENTE proporzionale all'età.
Dalle risposte già ricevute traggo almeno un paio di spunti di riflessione.
- Siamo istintivamente portati a cercare motivazioni interiori in traguardi complessi rispetto a quelle che sono le nostre potenzialità del momento. A 20 anni correre veloci è un traguardo semplice mentre realizzarsi negli affetti, nel lavoro, nella vita appare un traguardo complesso: e quindi ci si concentra su questi. Da adulti è l'esatto contrario: i traguardi "complessi" o sono diventati definitivamente irraggiungibili oppure sono diventati "semplici" in quanto già realizzati. Viceversa, correre - e farlo velocemente - nel frattempo è diventato qualcosa di terribilmente complicato...e allora viene da buttarsi su quello.
- Come dice il nostro amico sopra, a differenza della "corsa esistenziale" verso i traguardi della vita (efficace metafora), dove la disillusione è sempre lì dietro l'angolo pronta ad appioppare la mazzata, nella corsa i traguardi non tradiscono perchè lì dipendono davvero solo da noi e non anche da altri, da circostanze, da eventi fortuiti, dal caso, insomma da mille variabili che non sono sotto il controllo della nostra volontà. Nella corsa rispodiamo solo a noi stessi, nel bene e nel male.
Comunque la mia curiosità di fondo resta l'impressione (magari errata: chi lo sa) che la scoperta della corsa avvenga di norma terribilmente "tardi" rispetto a quando sarebbe lecito attenderselo. Insomma, come mai i giovani (intendo almeno under 25) "colpiti" da questa passione rappresentano l'eccezione e non invece la norma come sarebbe lecito aspettarsi ? Sarebbe un po' come dire che quelli che giocano a pallone hanno preso confidenza con la palla per la prima volta a 35-40 anni. Perchè da giovani la corsa "non attira" ? Perchè non attira, più in generale, lo "stile di vita" che vi è connesso e che tutti tendono sistematicamente a sottolineare ? Perchè viceversa - come detto all'inizio - l'entusiasmo cresce con l'età (ad onta degli acciacchi, del peso, ecc. ecc.) ?
Per inciso, noto la stessa cosa nelle "anagrafi" delle società dilettantistiche.
Ho provato io a dare una spiegazione sopra partendo dalla prima risposta ricevuta, ma è solo un'ipotesi magari pure un po' teorica. E' questo aspetto che mi incuriosisce e che spero nel tempo venga chiarito dalle vostre risposte.
Di nuovo un saluto.
