Mazzi, a causa delle condizioni delle sue ginocchia, ha fatto il Cammino in bici, riuscendo comunque a procurarsi una tendinite bilaterale all'Achilleo. E' attualmente in corso l'omologazione del record da parte della FIII (Federazione Italiana Infortuni Impossibili).
Io ho avuto una dettagliata relazione del suo viaggio, ma non mi permetto di divulgare alcunchè

(lo farà lui se e quando vorrà). Per adesso mi limito a dire che in terza pagina del Giornale de la Galicia del giorno in cui è arrivato a Santiago c'è una sua foto con una breve intervista. Come ci sia finito, rimane un mistero...
Per quanto riguarda la mia esperienza è una storia lunga...
Concordo con Yari che il Cammino ti dà la misura di quelo che hai lasciato a casa, in termini di frenesia ed "inumanità" della vita moderna.
A differenza di Yari, invece, pur conoscendo anch'io tantissima gente, non ho volutamente instaurato nessuna vera amicizia (nè tantomeno relazioni del tipo

, o anche solo

, anche perchè qualcuno, a casa, avrebbe potuto prendela male...

); tantissima solidarietà, cameratismo, complicità con altri pellegrini, ma niente di più.
Ma a raccontarlo, il viaggio, come si fa? Da dove si parte?
Dalle difficoltà della lingua (non è vero che basta aggiungere una "s" in fondo, e lo spagnolo è come l'italiano! Provate a dire "grazies altrettantos" o "il bagnos ès in fondos a sinistras", e vedrete cosa significa una faccia stupita), o dalla ricetta del "Pulpo alla Gallega"? Dal vestiario del pellegrino o dagli infortuni tipici? Gli spunti sono stati veramente tanti.
Non so, devo riordinare le idee; i ricordi sono ancora troppo vicini e vividi per essere organizzati in un racconto.
Datemi solo un po' di tempo (ore, giorni, mesi?) e vi sforno un resoconto serio, preciso e dettagliato

della mia esperienza.