Tornando da NY
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- Novellino
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Tornando da NY
Dieci righe buttate giù, sul volo di ritorno da New York, dopo la prima maratona della mia vita.
Le condivido con voi.
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Sono tante le cose contro cui un uomo può decidere di combattere. Io credo che la maratona le racchiuda tutte.
Si combatte contro qualcosa che a prima vista appare impossibile, contro un’idea di irraggiungibilità con cui fare a pugni, chilometro dopo chilometro e giorno dopo giorno. Si combatte contro la fatica, contro un corpo stremato che ti urla di fermarti, muscoli stracciati che smettono di lavorare, un cuore che batte in gola e una voglia di mandare tutto al diavolo prima che sia finita. Si combatte contro il dolore, l’irragionevolezza, la sofferenza. E al termine di quei 42195 metri hai sconfitto ogni cosa. Sarebbe facile dire che, dopo, ci si sente più forti: che ogni parte del tuo corpo è distrutta ma la tua testa e il tuo cervello sono trionfanti e vincitori, che si ha la consapevolezza di essere uomini migliori. No, non migliori rispetto agli altri: migliori rispetto all’uomo che era alla partenza della maratona.
Ho sofferto. Ho faticato più di quanto pensassi. Ho faticato più di quanto credevo sarei stato capace di faticare. In quelle 4 ore 59 minuti e 49 secondi ho riso, pianto, parlato, amato, bestemmiato, pregato, ricordato, progettato, promesso. Ho corso di fianco a persone, dietro a persone, davanti a persone. Ho corso abbracciato a chi a casa stava pensando a me e da loro mi sono fatto trascinare in quei chilometri terribili quando il ginocchio era in fiamme e ogni passo sembrava una coltellata.
Ho tagliato un traguardo, sfinito. Talmente distrutto che mi sono dimenticato di fare quelle cose che avevo in mente di fare, di pensare quello che mi ero prefissato di pensare. Ricordo solo di avere detto: “sì”. Poi, dalla fatica ho vomitato.
Non avevo bisogno di portare a termine una maratona per dimostrare a me stesso di avere i coglioni. E nemmeno per dimostrarlo agli altri. Avevo bisogno di portare a termine una maratona perché i sogni vanno raggiunti, quando si può: e la maratona di New York era un sogno. Avevo bisogno di portare a termine una maratona per spostare un po’ più in là i paletti del limite “oltre il quale non si va”. Avevo bisogno di portare a termine una maratona per applaudire e alzare le braccia, in tutti i sensi.
Grazie a chi è stato con me, di fianco a me, dietro di me, davanti a me.
Alla prossima maratona, questa volta per combattere anche contro un cronometro da fermare il prima possibile.
Io, come sempre, ci sarò.
F.
Le condivido con voi.
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Sono tante le cose contro cui un uomo può decidere di combattere. Io credo che la maratona le racchiuda tutte.
Si combatte contro qualcosa che a prima vista appare impossibile, contro un’idea di irraggiungibilità con cui fare a pugni, chilometro dopo chilometro e giorno dopo giorno. Si combatte contro la fatica, contro un corpo stremato che ti urla di fermarti, muscoli stracciati che smettono di lavorare, un cuore che batte in gola e una voglia di mandare tutto al diavolo prima che sia finita. Si combatte contro il dolore, l’irragionevolezza, la sofferenza. E al termine di quei 42195 metri hai sconfitto ogni cosa. Sarebbe facile dire che, dopo, ci si sente più forti: che ogni parte del tuo corpo è distrutta ma la tua testa e il tuo cervello sono trionfanti e vincitori, che si ha la consapevolezza di essere uomini migliori. No, non migliori rispetto agli altri: migliori rispetto all’uomo che era alla partenza della maratona.
Ho sofferto. Ho faticato più di quanto pensassi. Ho faticato più di quanto credevo sarei stato capace di faticare. In quelle 4 ore 59 minuti e 49 secondi ho riso, pianto, parlato, amato, bestemmiato, pregato, ricordato, progettato, promesso. Ho corso di fianco a persone, dietro a persone, davanti a persone. Ho corso abbracciato a chi a casa stava pensando a me e da loro mi sono fatto trascinare in quei chilometri terribili quando il ginocchio era in fiamme e ogni passo sembrava una coltellata.
Ho tagliato un traguardo, sfinito. Talmente distrutto che mi sono dimenticato di fare quelle cose che avevo in mente di fare, di pensare quello che mi ero prefissato di pensare. Ricordo solo di avere detto: “sì”. Poi, dalla fatica ho vomitato.
Non avevo bisogno di portare a termine una maratona per dimostrare a me stesso di avere i coglioni. E nemmeno per dimostrarlo agli altri. Avevo bisogno di portare a termine una maratona perché i sogni vanno raggiunti, quando si può: e la maratona di New York era un sogno. Avevo bisogno di portare a termine una maratona per spostare un po’ più in là i paletti del limite “oltre il quale non si va”. Avevo bisogno di portare a termine una maratona per applaudire e alzare le braccia, in tutti i sensi.
Grazie a chi è stato con me, di fianco a me, dietro di me, davanti a me.
Alla prossima maratona, questa volta per combattere anche contro un cronometro da fermare il prima possibile.
Io, come sempre, ci sarò.
F.
"Bisogna compiere fino in fondo il proprio dovere,
qualunque sia il sacrificio da sopportare,
costi quel che costi,
perché in ciò sta l'essenza della dignità umana".
Giovanni Falcone
qualunque sia il sacrificio da sopportare,
costi quel che costi,
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- Mezzofondista
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Re: Tornando da NY
Senza parole..... Complimenti e grazie per la condivisione
Non c'ė cattivo più cattivo di un buono quando diventa cattivo
10km 48'45" Stravicenza 2012
21km 1h34'32" Mezza maratona di Treviso 2016
42km 3h36’42” Tokyo marathon 2018
Ultra Trail 12h 41' UTMB OCC 57km 3500+
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- Top Runner
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Re: Tornando da NY
bellissime le tue parole e l'emozione che con esse trasmetti!!grazie 

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- Top Runner
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Re: Tornando da NY



Grazie per le emozioni....
Ciao, "IL BOTTIGLIARO", non ti dimenticherò mai. BUONI SOGNI.
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- Mezzofondista
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- Aspirante Ultramaratoneta
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- Località: Romagna
Re: Tornando da NY
Grandissimo !
5: 22'01" 10: 44'34" 21: 1h39'22" 30: 2h34'18" 42: 3h56'01" 50: 4h58'33" 100: 11h52'02" (Passatore 24) UTLO 60k D+3200 (17-23) Cinghiale 62k D+3300 (17)
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- Aspirante Ultramaratoneta
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Re: Tornando da NY
Hai descritto perfettamente molte sensazioni che anche io ho provato
E una mezza lacrimuccia e' scappata
E una mezza lacrimuccia e' scappata

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- Novellino
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Re: Tornando da NY
Ho provato a mettere su carta (beh...ammetto: scrivere è il mio mestiere) tutte quelle cose che si pensano mentre si corre, mentre si soffre. Quei giochi che si fanno con la mente per non pensare alla fatica.
Credo che correre sia bellissimo anche per questo: ti permette di immaginare cose che non immagineresti mai, standotene sempre seduto.
Credo che correre sia bellissimo anche per questo: ti permette di immaginare cose che non immagineresti mai, standotene sempre seduto.
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Giovanni Falcone
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- Aspirante Ultramaratoneta
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Re: Tornando da NY
...niente di più vero !Jeremiah Johnson ha scritto:...quei giochi che si fanno con la mente per non pensare alla fatica...
5: 22'01" 10: 44'34" 21: 1h39'22" 30: 2h34'18" 42: 3h56'01" 50: 4h58'33" 100: 11h52'02" (Passatore 24) UTLO 60k D+3200 (17-23) Cinghiale 62k D+3300 (17)
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Re: Tornando da NY
Grande!Jeremiah Johnson ha scritto:
Sono tante le cose contro cui un uomo può decidere di combattere. Io credo che la maratona le racchiuda tutte.
Si combatte contro qualcosa che a prima vista appare impossibile, contro un’idea di irraggiungibilità con cui fare a pugni, chilometro dopo chilometro e giorno dopo giorno. Si combatte contro la fatica, contro un corpo stremato che ti urla di fermarti, muscoli stracciati che smettono di lavorare, un cuore che batte in gola e una voglia di mandare tutto al diavolo prima che sia finita. Si combatte contro il dolore, l’irragionevolezza, la sofferenza. E al termine di quei 42195 metri hai sconfitto ogni cosa. Sarebbe facile dire che, dopo, ci si sente più forti: che ogni parte del tuo corpo è distrutta ma la tua testa e
il tuo cervello sono trionfanti e vincitori, che si ha la consapevolezza di essere uomini migliori. No, non migliori rispetto agli altri: migliori rispetto all’uomo che era alla partenza della maratona.