Dubbi e paure (Orlando Pizzolato)

Non sono ammessi temi politici, religiosi, volgari e offensivi. Leggere il REGOLAMENTO prima di scrivere

Moderatori: runningmamy, Hystrix, Evuelledi, victor76

Avatar utente
gerri_pa
Aspirante Ultramaratoneta
Messaggi: 877
Iscritto il: 1 apr 2011, 22:39
Località: palermo

Dubbi e paure (Orlando Pizzolato)

Messaggio da gerri_pa »

fonte: blog di Orlando Pizzolato (copia/incolla)

http://www.orlandopizzolato.com/it/689.html

L’avevano soprannominato Gesù Cristo. Le gote contornate da una peluria rada e scura sembravano ancora più scavate, i capelli lunghi gli scendevano quasi fin sulle spalle. Del Cristo aveva l’aspetto sofferente, ma era Pasqua e sarebbe dovuto essere un giorno di festa.
Per me non lo era e neppure per lui. Per me era giorno di lavoro: di lì a poco dovevo uscire, sotto la pioggia, per accompagnare i podisti a correre in pineta. Lui non gioiva perché la sua squadra aveva perso in casa la partita della sera prima. Seduto vicino alla macchina del caffè, stava solo e pensava. Era indifferente a ciò che si muoveva attorno a lui, ed il suo sguardo, rivolto all’unica cosa che stava sul tavolo - una tazza di caffè - faceva intendere che i pensieri vedessero cose che noi, in quella sala colazione, non captavamo. Probabilmente riviveva la partita della sera prima, forse pensava a cose sue, o a tutt’altro. Non sembrava felice, o forse era solo un ragazzo timido, oppure riservato, come potevano far intendere i suoi occhi profondi.
Quella mattina facevo colazione con la famiglia, le mie figlie sorridevano per il soprannome che gli avevano dato ed erano contente per aver avuto il suo autografo. Quarantotto ore prima né loro né io sapevamo chi fosse quel giovane, e così come lo avevamo incrociato, lo abbiamo lasciato, ognuno a proseguire per le proprie strade.
Pochi giorni dopo Pasqua, dopo quell’incontro occasionale in un albergo di Tirrenia, sede dei miei stages di primavera e punto d’incontro del pre-partita del Livorno Calcio, la popolarità di quel giovane è arrivata in casa con la forza devastante che solo le tragedie hanno. E tragici sono tutti gli eventi che lasciano a terra un corpo inerme, abbandonato dalla coscienza e dalla volontà. E fa tanto più male quanto più quel corpo ha una vita ancora da usare.
In quell’hotel di Tirrenia mia moglie aveva sussurrato, pochi giorni prima, che quegli atleti erano tutti molto giovani, persone con il bel vantaggio di poter vivere, e tanto. Di cose da scoprire è piena la vita di un giovane, tanto più quando sta passando un momento bello come quello di uno sportivo professionista; perché lo sport, seppur lavoro, è sempre un sogno per un giovane.
La morte è molto più inquietante quando a cedere è un atleta, una persona forte, allenata, preparata. La paura ci assale quando un evento così tragico colpisce un soggetto controllato sotto ogni aspetto fisico, e ci si chiede inevitabilmente se quanto è successo a lui potrebbe capitare a sé stessi.
Sapere che l’Italia è all’avanguardia nei controlli sanitari sugli sportivi non ci dà completa serenità. Gli scienziati che tutelano la nostra salute riferiscono che le indagini cui siamo sottoposti quando si fa la visita di idoneità agonistica non forniscono la certezza assoluta dall’esclusione di un incidente fisico improvviso. Anche se le probabilità che il nostro corpo ceda sotto sforzo sono molto limitate, ridotte al minimo.
E per questi flebili timori dovrei smettere di praticare sport? Dovrei rinunciare al benessere fisico e mentale che consegue ad una faticosa sudata? Una sorta d’istinto di sopravvivenza mi spingerebbe a dire di si, ma sento che non ne sono capace. Sarebbe una rinuncia molto forte, più vitale del rischio cui vado incontro, e mentre sto sbuffando lungo un’erta salita, sento che i dubbi naufragano nelle poche gocce di sudore che colano lungo il viso. La paura non si diffonde, viene anzi respinta.
Potrei rinunciare alle tante positive sensazioni che la fatica di una corsa mi fa sentire? No. E non riesco neppure ad impormi di andare piano, di non stressare il corpo, di risparmiare il cuore. Il piacere dello sforzo prevale, e nei miei pensieri scorrono le immagini di Morosini, che prima di cedere ha reagito una, due, tre volte. Non si è arreso, si è rialzato, ha cercato di continuare a correre, perché… era così bello e così importante correre…
Gerri

PB 42k 3:03'47" (Maratona di Roma, 23 marzo 2014)
PB 21k 1:24'58" (Pergusa - Enna 9 febbraio 2014)
PB 12k 48'54" (vivicittà palermo 2011)
Pb 10k 40'02" (test personale su percorso ben misurato, 23 dicembre 2012)

Torna a “Bar del Forum”