La grotta in cima al monte

Racconta le tue storie di passione e sudore

Moderatori: grantuking, HappyFra, Doriano, victor76

Alex Geronazzo
Mezzofondista
Messaggi: 72
Iscritto il: 31 ago 2012, 16:08
Località: Alano di Piave (BL)

La grotta in cima al monte

Messaggio da Alex Geronazzo »

La grotta in cima al monte

Era il 24 dicembre, vigilia di Natale. Primo pomeriggio di una giornata freddina, non fredda, con un cielo levigato da uno strato grigiastro di tempera, quella che i pittori abbozzerebbero spalmando la grafite in tratti piu' o meno sfumati. Ecco, il cielo era così ieri.
Due compagni di viaggio, alla scoperta di un sentiero vecchio, non antico, lasciato ai posteri, su di un monte, dalle truppe tedesche guidate da Rommel, negli antri piu' reconditi della conca delle medaglie d'oro.
Ore quattordici, incontro dei due, dopo il "tombal" della valle di San Lorenzo.
I due chi sono? ArGo sarà condotto da Tiziano, che conosce la traccia ma non la percorre da anni e forse è proprio questo a rendere il tutto piu' avventuroso, in tono fiabesco.
In breve con la seconda auto ci spostiamo al Punto di partenza, al capitello ai recuperanti del Pont de La Stua, eretto a picco su una insenatura carsica della valle del Calcino, dove l'acqua per quanto poca, è perenne, in corso verso fondo valle, per poi regalarsi al Tegorzo e dunque al Piave, che la porterà sino al mare.
L'acqua è fredda, gelida, dal letto insenato tra la bianca gola rocciosa, emette una piccola coltre di vapore che rapida si mescola all'aria e scompare, inseguendo i venti che soffiano pungenti.
Siamo partiti da poco e ci troviamo subito a ridosso del guado. In alto, rocciatori appesi sifidano la parete verticale. Sulla nostra destra, come soilta essere nei tempi, la casa della strega giace silenziosa in quello spicchio di mondo dimenticato dalle rumorose genti festanti.
Il tratto che percorriamo è per me un antico ricordo di viaggio con il nonno. Saranno passati trent'anni ma nulla è cambiato, i ricordi di bambino riaffiorano come per magìa ed io mi ritrovo a seguire Tiziano, sopra un muretto, in equilbrio precario, tra la stretta traccia e quel lembo di sottile ghiaccio generato dal gocciolare perpetuo delle cavità a ridosso.
In breve siamo ad un secondo guado, che guarda ad una sorta di griglia per la raccolta delle acque.
Il mio mentore, invero poco piu' anziano di me mi spiega che seguiremo la traccia tedesca di quel "troi" che poi, nel tempo, italiche menti avrebbero trasformato con mille scorciatoie tra i numerosi tornanti che risalgono il crinale dolcemente.
Una via progettata da cervelli sapienti e mani laboriose, sorretta da muretti a sasso eretti a secco. Certamente un tempo molto ben marcati, ma oggi intrisi di una vegetazione selvaggia e rapida, che tenta l'invasione e forse la cancellazione di una pagina di storia. Niente da fare, noi siamo lì per questo motivo. Io specialmente, dispettoso uomo dei monti che scavalca le regole di madre natura e cerca di ridare senso a ciò che la modernità cataloga come vecchio, obsoleto ed inutile. Io che me ne frego della critica e dei paletti che ingenerose pseudo sapienze locali vorrebbero pormi innanzi. Io che nelle mie intenzioni accompagnerò le genti su questa antica e storica via.
Il Mondo Stret è sul nostro fianco destro, formato dai secoli, sin dalla preistoria, in canaloni stetti e salti di decine di metri, sovente teatro di imprese di canyoning e talvolta scenario drammatico di incidenti alpinistici sul generis.
Ad un tratto la traccia si fa invisibile, cancellata da un corso d'acqua laterale che scende aggressivo dal lato sinistro del Madal. Una bottiglia di plastica, rossa, è messa lì per indicare un punto di riferimento. Sbagliamo, prendendo la via italiana e dopo essere saliti per una buona mezz'ora giungiamo su un terrapieno erboso. Tutto attorno è estremamente silente; alberi rinsecchiti, vecchi casali diroccati al punto d'essere un ammasso di sassi ricoperti dal fogliame. Eppure l'atmosfera non è triste, è anzi poetica. Tiziano mi porta giu' per la scarpata ed aggiriamo il terrapieno lasciandocelo sulla destra, alle spalle. E' incredibile ciò che mi si para innanzi. Tre tornanti, praticamente una zeta erbosa che è quel tratto originale che avremmo dovuto seguire sin dalla bottiglia rossa.
Io sono rapito dall'immagine che ho di fronte e non mi rendo conto...ma le mie gambe sì...Barcollo per qualche attimo, poi chiedo:
<Tiziano ma cosa abbiamo sotto di noi?> Non è che ci potessero essere molti dubbi, osservando il muro naturale che immenso è fotografato dal mio sguardo e che dista in linea d'aria circa venti metri dai miei piedi, proprio lì, maestoso tanto da incutire severo timore.
Egli mi risponde che sotto di noi ci saranno cinquanta metri di vuoto, al di là di quel metro di base che il sentiero inerbato nasconde alla vista ma non può imbrogliare il senso di vertigine che ormai mi ha pervaso...Eppure mi avvicino, non guardo giu', ma mi sento rassicurato, tanto che il mio accompagnatore mi fa presente di avere moschettoni e corde per cingermi e legarmi al bisogno. Lui è uno scalatore e conosce i limite del trekker semplice quale sono io...ma lui conosce il genere semplice del camminatore, non la testardaggine acuta di ArGo.
Arrivo fino a dove mi sento sicuro e specifico che le corde non servirebbero a nulla, giacchè sarei un mulo piantato se non riuscissi a vincere la paura, mi porrei in ginocchio e retrocederei lentamente.
Ripartiamo e continuiamo a salire. Piu' si va in alto e meno la via è visibile. Troviamo, di tanto in tanto, ometti in pietra, rinfrancati dall'aggiunta saltuaria dei viandanti coraggiosi. Mucchietti di sassi a forma piramidale che sono una indicazione inventata dal camminatore d'ogni tempo, bisognosi di riferimenti immediati, che null'altro sono che arcaici segnali a passata e futura memoria cardinale.
Saliamo, saliamo e dall'altra parte della valle intravvediamo gole profondissime, selvagge e buie che si incuneano sotto il promontorio che sottostà a "Le olte taliane".
Due ore di cammino sono andate quando incrociamo la strada carraia, che inesorabile ed illegalmente tronca il sentiero e ne copre l'imbocco, cosa che da un punto di vista della salvaguardia forestale è oltremodo dannoso, anzi non consentito. Lì, penso e dico, piazzerò una freccia, serve!
Ci fermiamo laddove scnde un rigagnolo che si getta in una vecchia vasca da bagno posata dagli scavatori. Il mio compagno d'avventura mi consiglia di abbeverarmi quanto lui...i miei bifidus interiori non approverebbero e approfitto della borraccia che ho nello zaino. Un pezzo di cioccolato e ripartiamo.
Saltiamo sopra l'ennesima scarpata e cerchiamo il sentiero del monte Zoc, monte Spinoncia...Lo troviamo.
Quì inizia la favola, il buio non è sopraggiunto ma l'imbrunire incombe.
Dopo poche decine di metri ritroviamo un bosco con un fogliame fitto fitto...Traguardo verso sud est e tra i monti prealpini spunta una cima innevata. E' il Serva, proprio sopra Belluno. Siamo circa a quota 850...
Un risalire , spezzettato da un rapido pulire rametti alla base , che Tiziano fa in via preventiva, spiegandomi il senso e le metodiche. Incamero! Mai troppa è la cultura della montagna, del rispettarla. Quel ragazzo che pare tutto legato al suo particolare essere, è un pozzo di insegamnenti che a sua volta spiega incamerati dal suo papà...Un padre legato alla pulizia dei sentieri di montagna, come pochi altri. Lo invidio, in maniera sana...
Egli, in un tratto nuovamente esposto mi sprona a spegnere quel mio io che tarla il cervello irritando il corpo, imprimendogli paura.
E quì provo a spiegare. Chissà poi se riesco? Molte sono le volte, in vita, in cui ho spento quella vocina, impegnato a difendere con la ragione le mie idee, ma a volte il fisico...Lui è colpito e pare capire. Non è facile, guardandomi, pensare ad un bambino che doveva talvolta sollevare i pugni e difendersi dalla vita, a mani nude, lì dove si fermò la ragione. In questo sta forse una delle mie forze, aver vissuto molto intensamente, tanto fisicamente quanto intensamente e ad avere un accumulo di paure e coraggio che non mi renderà invulnerabile, ma certo difficilmente attaccabile per tanti versi, per altri complicati...E' la vita ed oggi, alla vigilia di Natale, ricordarla fa bene, ti riavvicina all'autostima e alla consapevolezza di essere diversamente forte, particolarmente abile, quanto emotivamente piuttosto coinvolto da ogni cosa che sia morale.
Saliamo, non dovrei parlarne, ma prima dello scollinamento , mi si pongono davanti cinque "calibro 75", praticamente intatte, inesplose, da non toccare, guardando con rispetto e attenzione. Pochi passi e un altro mucchietto. E' evidente che il teatro di guerra che stiamo percorrendo, sia particolarmente pregno di reperti a ricordo ed evidentemente poco "battuto" dai cercatori di residui bellici.
Ora siamo sotto la cima e il miracolo si compie, innanzi a noi una grande cavità, di cinque metri di larghezza e due di altezza, per una profondità che non lascia intravvedere il fondo...E' buio quì dentro...è buio ma intenso e magico.
E' la vigilia di Natale e lassu', a quota mille, con uno sfondo a sinistra, piu' in alto, che dipinge la croce di Cima Zoc ed una grotta ampia, fredda e buia, tutto ha un senso.
Continuerò a ripeterlo sino all'ultimo fiato...Nulla è a caso. Nulla lo è. Il mio accompagnatore non sa di avermi regalato un giorno tra i piu' belli, ma io so che da lì in poi ho visto molto altro, immagazzinato sentieri e vie, ancora a picco sul vuoto...Ho camminato nell'oscurità ed ho visto come se fosse stato chiarore tutt'intorno, perchè vedere non è semplicemente guardare e sentire è tutt'uno con il vedere.
La notte è sopraggiunta, dopo quattro ore..è una notte anticipata, perchè il buio che avvolge il Natale arriva di buon'ora...Quello stesso buio che la grotta aveva anticipato...
Una favola di Natale per un uomo che vive la sua montagna come fosse la sua Betlemme, per un uomo che fa simpatia e anche antipatia, proprio perchè è così, imperturbabile e certo di ciò che vuole...
Se attraversi il bosco e il freddo ti accarezza lungo il cammino, le anime che lo portano, quelle che ami ed a cui pensi, senza magari parlarci piu', ti fanno sentire che se vuoi ogni giorno è Natale.

ArGo (Natale 2011)
"Un uomo che segue la sua strada è già sul sentiero della libertà"

Torna a “Storie di Corsa”