Io l'ho fatta nel 2011. All'epoca mi ero divertito a scrivere un breve racconto. Non far caso all'esito sportivo della mia gara. La tua andrà sicuramente molto meglio
"Prima o poi sarebbe dovuto succedere. Quando, circa 3 anni fa, mi sono cimentato nella mia prima gara agonistica, l’Appia Run, le mie principali preoccupazioni erano se sarei stato in grado di arrivare al traguardo e cosa sarebbe successo in caso di ritiro. Da quella stupenda domenica, e in tutte le successive innumerevoli gare, comprese 4 maratone, a cui ho partecipato, sono sempre riuscito, pur sopportando fatiche a dir poco disumane, a non dare alcuna soddisfazione a tali inutili preoccupazioni. Tutto ciò fino al 22 maggio scorso.
Prima di partire per la Danimarca mi ero ripromesso di scrivere, al rientro in Italia, un bel resoconto dettagliato della maratona di Copenhagen, simile ai tanti bei racconti scritti da altri colleghi runners. Ma già dal titolo di questo racconto si può ben capire che non di una maratona sono stato attore quella maledetta domenica di una settimana fa, ma al massimo di una mezza-maratona.
Martedì, al rientro in Italia, avevo messo da parte, ovviamente, il mio proposito di scrivere questo resoconto. D'altronde di cosa avrei dovuto scrivere? Della partenza scriteriata, dissennata e da perfetto principiante al ritmo che di solito ho in una gara da 10 km? Della crisi avuta fin dal 16mo km? Del RITIRO (ecco l’ho scritto!) al 24mo km? E, invece, dopo una settimana passata, nei brevi intervalli di tempo concessi dagli impegni familiari e lavorativi, a rimuginare su quanto accaduto, sento molto forte l’esigenza di sedermi davanti al PC e fermare, se possibile, il frutto di tali, spero non troppo sterili, elucubrazioni.
Innanzitutto una premessa: questa è stata la mia prima maratona all’estero ma il viaggio a Copenhagen di sportivo ha avuto veramente molto poco. Dalla preparazione atletica (l’ultimo vero lungo l’avevo fatto alla maratona di Roma di marzo e, ovviamente, a nulla sono serviti i faticosissimi 22 km fatti ad Ostia solo una settimana prima di partire per Copenhagen) alla concentrazione mentale (viaggiavo con la famiglia e, nei due giorni precedenti la maratona, ho pensato a tutt’altro) passando per il regime alimentare (nelle 48 ore precedenti la maratona mi sono nutrito prevalentemente di birra e grassi: sfido chiunque, d’altronde, soprattutto se italiano, a fare altrimenti in Danimarca). Nonostante tutto ciò ero partito con la pretesa di finire la maratona sotto le 3,20 h (Roma, appunto, l’ho chiusa in 3,21 h).
Ma veniamo al punto. Perché mi sono RITIRATO (e sono due!!!)? Questa è la domanda che mi sono posto non appena mi sono fermato e letteralmente strappato, con fare forse un po’ troppo teatrale, il pettorale di dosso. Qui potrei elencare gli innumerevoli quanto banali alibi che mi son cercato ma che non farebbero altro che annoiare lo sventurato lettore di queste righe: tirava vento, cominciava a piovere, ero partito troppo forte, non avevo mangiato bene la sera prima, avevo dormito poco e male complice le poche ore di buio che ci sono in questo periodo nei paesi scandinavi, l’isolamento dovuto all’assenza di un compagno di corsa (sembrava che andassero tutti o troppo forte o troppo piano), la preoccupazione per aver lasciato da sola la mia famiglia per le strade di in una città così “pericolosa” come Copenhagen, la paura (forse l’unico alibi ragionevolmente fondato!) di perdere il treno in partenza alle 14,30 che ci avrebbe portato a Billund (quelli successivi erano tutti sold out), … Che faccio, continuo? No!
Io mi sono RITIRATO (e sono 3!!!) perché non avevo più voglia di correre. Esatto. Proprio così. Non avevo più voglia di correre. Ma come, mi si dirà, hai speso ben 600 DKK (si, sti danesi non hanno neanche gli euri!!!) solo per iscriverti e poi ti ritiri perché non ti va più?!? Ebbene si. Fino a qualche ora fa me ne vergognavo e tenevo ben nascosta la reale motivazione nel mio inconscio. Ma poi, ecco il frutto delle mie elucubrazioni, mi sono detto: “un attimo, io sono solo un runner amatoriale e non un professionista”. Sembra banale ma a volte, anzi troppo spesso, a troppi di noi accade di confondere i due ruoli e di voler interpretare a tutti i costi la parte del runner professionista che corre per migliorare il suo PB, le sue prestazioni atletiche.
Ehi, amico runner, alza gli occhi dal garmin e ammira di più il paesaggio nel quale corri. Sono sicuro che se domenica scorsa fossi partito senza “orologio”, certo non avrei abbattuto il fatidico “muro” delle 3,20 h, ma di sicuro in queste righe avrei potuto scrivere di quanto fosse stato bello tagliare il traguardo alle Island Brigge di Copenhagen.
Ma la lezione mi è servita e dopo essermi “perso” le bellezze scandinave con rinnovato entusiasmo mi accingo a rifarmi gli occhi con le bellezze pontine “Sulle Orme di Enea”."
In bocca al lupo!