Ed eccomi qui, finalmente, a raccontare come è andata la mia avventura all'Ultra Trail Li Foj.
Vista la lungaggine del racconto, lo ho diviso in 4 parti così magari lo si può leggere a puntate
Grazie a tutti per il supporto e i consigli che sempre mi date, senza di voi e il forum in generale di sicuro non avrei mai fatto di queste esperienze fantastiche
PARTE I
Quando a inizio 2020 ho visto che stavano organizzando un'ultra trail a poche ore di macchina da casa mia mi sono detto che una gara così non me la potevo lasciare scappare. Poi invece è arrivato il Coronavirus e tutto il mondo si è fermato, comprese naturalmente anche le attività sportive.
Per fortuna la gara è stata riorganizzata per l'annno 2021 e così ho fatto click non appena ad inizio anno hanno aperto le iscrizioni.
Per quanto riguarda la preparazione, ho deciso di seguire la stessa tipologia di allenamento già fatta con successo per il Cortina Trail, ossia tanti km (per i miei canoni almeno) ma con pochi lunghi. Per Cortina avevo anche inserito delle gare di trail intermedie, ma causa pandemia sono riuscito a fare solo una breve gara di cross stavolta.
Da gennaio sono riuscito a tenere una media di chilometraggio mensile di poco superiore a 300 km, anche se purtroppo ho fatto pochi lunghi, di cui il più lungo di 38 km ma con soli 1.000 D+. In altri allenamento più brevi sono riuscito a fare anche D+ superiori ai 1.000 m, ma sempre meno di quanto avrei voluto e dovuto.
Detto questo, avevo deciso che a tre settimane dalla gara me la sarei presa molto comoda, in modo da arrivare sano e riposato all'evento. Non l'avessi mai fatto.
Il secondo giorno delle mie 3 settimane di relax, mentre faccio defaticamento davanti casa, prendo una storta al piede dx.
Il quarto giorno, durante la solita uscita infrasettimanale di corsa lenta di 40', sento improvvisamente una fitta all'adduttore sinistro.
Dopo altri 2-3 giorni si aggiunge anche un dolore al femore sinistro in corrispondenza del gluteo.
Nemmeno il tempo di essere contento che la storta e il dolore al gluteo sono rientrati che mi ritorna, improvvisamente e dopo un paio di mesi di totale assenza, il dolore alla zona destra dell'inguine che era comparso ad inizio estate 2020 e mi aveva saltuariamente fatto compagnia per diversi mesi.
Non credo si tratti di sfortuna, ma magari la storta mi ha fatto poi correre nei giorni successivi con un postura diversa che poi ha causato il resto dei guai.
E potrei aggiungere anche che la sera prima della gara, mentre stavo per andare a letto, mi è improvvisamente venuto male alla caviglia sinistra, che mi faceva imprecare ad ogni passo che facevo...
Con queste premesse arrivo alla notte prima della gara abbastanza agitato e non tranquillo come al solito sono, tant'è che dormo poco e male. La sveglia è alle 6 ma mi sveglio già alle 4:30, alzandomi alle 5 e mettendomi a leggere un libro non sapendo che fare visto che avevo già preparato tutto dalla sera prima.
Faccio una colazione abbondante e mi porto dietro anche roba per fare un secondo round in macchina a tre ore dallo start.
Verso le 6:15 carico borsone e attrezzature in macchina a parto, arrivando sul posto poco prima delle 9. Qua passo prima dal punto di controllo Covid, dove esibisco il mio certificato di avvenuta vaccinazione (prima dose) e mi danno un pass per andare avanti. Poi, dopo aver lasciato scorrermi davanti alla macchina un grosso gregge che in pratica poi è passato sotto il gonfiabile dello start, vado a ritirare pettorale, pacco gara e tracker gps e torno in macchina a prepararmi.
Noto subito che chi ha organizzato la gara ha stampato sul pettorale anche l'altimetria del percorso, cosa di grande utilità e molto apprezzata, soprattutto alla luce del fatto che solo due giorni prima è stato creato il nuovo e definitivo percorso.
In questa fase faccio un primo errore che avrei potuto evitare. Sul regolamento c'era scritto che il pettorale doveva obbligatoriamente essere affisso con le spillette alla maglietta. In pratica niente utilizzo della comodissima cintura porta pettorale. Prima di mettere le spille guardo anche i miei vicini di parcheggio e noto che anche loro lo hanno applicato alla maglietta, così mi rassegno e faccio lo stesso. Mi accorgerò solo in seguito che in tanti invece hanno utilizzato il porta pettorale, strumento che in seguito mi sarebbe stato molto utile ad avere dietro.
Mentre mi cambio vedo anche il mitico Marco Olmo salire "in borghese" verso l'area di partenza, mi piacerebbe molto conoscerlo dal vivo ma è letteralmente accerchiato da altri atleti e così preferisco non portagli anche il mio di disturbo. Rimando l'eventuale saluto al post gara (che però non ci sarà, in quanto non sono riuscito a rivederlo in giro).
Poco prima della partenza fanno il controllo del materiale obbligatorio: controllano tutti ma più che voler vedere fisicamente le cose si fidano della parola degli atleti (cosa che avevo già visto fare in parte a Cortina) e che per quanto mi faccia piacere, perchè riaprire tutto lo zaino sarebbe stata una seccatura, mi fa un po' riflettere a come poi gestire eventuali problemi sul percorso senza l'adeguata attrezzatura dietro.
A seguire ci fanno accendere il tracker (è la prima volta che ne uso uno), ci illustrano il percorso con un breve briefing e puntualissimi ci fanno partire!
PARTE II
Dopo aver percorso qualche centinaio di metri in single track, in modalità di controllo perchè non ho idea di come reagiranno i miei problemi fisici, si inizia subito col primo vertical che ci aspetta sul percorso: la parete della Leonessa. Il tratto è ripido tant'è che in circa un km guadagniamo già 200 m di d+, con dentro almeno un muro in roccia da superare arrampicandosi con le mani. Salgo agevolmente e per fortuna non avverto alcun problema alle gambe.
E siamo già in cima a Monte Li Foji, che offre una splendida visuale su tutta la vallata circostante. Ma purtroppo non posso ammirarla più di tanto perchè si cammina a ciglio scarpata...
Da lì inizia una lunga e quasi continua e ripida discesa che ci porterà da quota 1.300 a 680 m in circa 6 km nei pressi dell'abitato di Picerno. Anche nella discesa cerco di controllare la falcata perchè ho paura di farmi male, ma avverto i femorali sforzarsi un po' troppo a causa del freno a mano tirato e del fatto che molti tratti di strada sono purtroppo in cemento aumentando esponenzialmente le sollecitazioni alle mie gambe.
Dal paese di Picerno si ricomincia a salire e si percorre una stradina molto ripida e cementata dove, ironia della sorte, si svolge la via crucis. Ogni tot di metri c'è una stazione rappresentata da una lastra in pietra con un testo e il numero, fino alla 14esima che si trova in prossimità della chiesa. Massima ammirazione per i fedeli che si fanno un giorno all'anno questo vertical per seguire i principi della loro fede.
Risaliti fino a quota di circa 950 m, ci troviamo al km 10 e al primo ristoro. Qua riempio di acqua le mie borracce e proseguo. Nel tratto della via crucis mi sono reso conto di aver sudato molto e perso molti sali, ma rimando l'assunzione degli stessi al primo punto utile (il 2° ristoro) non avendone portato dietro e non usandone mai in allenamento.
Si ricomincia a scendere, anche se il percorso è talmente mosso che in pratica non ci si riposa mai, e si raggiunge prima il punto più basso del percorso a quota 580 m e poi il ristoro intorno al 18° km. Qua riempio di nuovo le borracce d'acqua e bevo i sali offerti presenti al rinfresco. Non sono un esperto ma credo che li abbiano diluiti un po' troppo dal sapore che hanno...
Riparto dopo poco, insieme al ragazzo pugliese con cui corro in pratica da una decina di chilometri. Noto che ci sono già alcuni ritirati al ristoro e mi sembra strano dopo neanche metà gara.
C'è una nuova e ripida salita ma passa tranquilla, almeno nei km iniziali, in quanto col collega runner parliamo di gare comuni fatte e di come ci alleniamo. Raggiungiamo e superiamo diverse persone, pur avanzando quasi sempre solo in modalità camminata.
Arrivato intorno al 23° km inizio a sentire delle fitte di dolore a quelli che internet mi indica come "vasto mediale" e "vasto laterale". Sono dolori per me nuovi e non so che fare, così continuo a camminare e a correre lentamente nei tratti in piano, sperando che il fastidio passi in qualche modo.
E invece arrivato intorno al 24° km succede il patatrac: il muscolo mi resta contratto e mi devo fermare per il dolore. Mi sono capitati in passato crampi simili al bicipite femorale, ma mai dalla parte davanti della coscia e non so come gestirli. Il ragazzo pugliese mi aspetta e mi incita per forse un km, ma io riesco a tratti a malapena a camminare così poi mi sta a sentire e prosegue con la sua andatura.
Vado avanti zoppicando, poi mi fermo a cercare di stendere il muscolo e ripartire a camminare, tirando fino al successivo blocco del muscolo. Provare a correre non è possibile perchè altrimenti il blocco mi arriva subito.
Non mi sono mai ritirato in una gara e il pensiero di farlo, anzi, la quasi certezza mi demoralizza. Gli altri atleti che mi raggiungono e mi vedono in difficoltà mi cercano di dare consigli e mi offrono i prodotti che hanno dietro, li ringrazio ma continuo a pensare ad un modo di uscire da questa situazione da solo. Fosse stato possibile ritirarmi subito lo avrei fatto al volo, ma dovevo comunque e in ogni modo prima arrivare al 30° km per farlo.
Mi metto in modalità lumaca e proseguo, evitando di correre in qualsiasi condizione di pendenza e fermandomi ogni tanto a fare stretching alla gamba. Per fortuna i crampi di dolore sono più diluiti nel tempo rispetto all'inizio.
Arrivo di nuovo sopra quota 1.100 m intorno al 26° km e poi si scende di nuovo. Vorrei correre perchè stavolta il percorso è ideale, non troppa pendenza e tutto su sentiero, ma riesco a farlo solo per pochi metri alla volta. Ma in questa fase mi accontento pure.
Nel successivo tratto sotto il sole e su cemento prima e poi asfalto, vicino ad alcune case di contadini, mi ritrovo all'improvviso davanti ad un altro mini vertical: in 500 si sale di 100 m D+, su un sentiero in terra mossa su cui faccio una fatica assurda anche a solo camminare. Stavolta sono costretto più volte a fermarmi proprio per la stanchezza, anche se a sentire le imprecazioni dell'atleta campano che mi precede non sono il solo a soffrire.
Finita la salita finalmente si arriva al ristoro del 30°. Qua trovo una decina di membri dell'organizzazione che offrono agli atleti una discreta varietà di cibo. Ma io ci arrivo così stanco che ho solo la forza di prendermi una bustina di sali e andarmi a stendere al fresco su una delle strutture dell'area attrezzata per picnic.
PARTE III
Prendo il telefono dello zaino e mando un messaggio a mia moglie, dicendole del problema alla gamba e che non so se fermarmi qui o continuare la sofferenza. Bevo i sali, acqua, mangio un po' di insalata di riso (scartando però i funghi di cui non mi fido ad averli nello stomaco) e, rinfrancato dal riposo, riparto. Neanche avviso casa della mia decisione, tanto so che mi stanno seguendo online tramite il tracker. E so che conoscono la mia voglia di non arrendermi mai.
Il tratto successivo è stupendo, in piano e si costeggia un laghetto fantastico che credo sia un'oasi naturalistica. Correre lì sarebbe il massimo, ma la mia gamba sinistra non ne vuole sapere. Non appena provo a correre sento subito l'irrigidimento al solito punto e mi devo fermare per evitare il blocco muscolare. E il relativo dolore.
Dopo tanto cammino però un po' la gamba si sblocca e riesco a correre un po' nei tratti in leggera discesa e in piano. In salita o in discesa ripida invece non riesco perchè lo sforzo maggiore mi fa bloccare il muscolo.
Al 38,8° km arrivo al tratto secondo me più brutto e più duro del percorso: 300 m di ennesimo vertical con dentro 100 m D+. Questo tratto lo faccio con fatica estrema e sono costretto a fermarmi più volte e addirittura sedermi a terra per recuperare le forze. E oltre al dislivello arrivano altri due problemi: 1) siccome è una zona molto umida e sottobosco c'è pieno di zanzare che mi pungono ovunque; 2) essendo già dopo le 16 inizia a farmi freddo.
Ma dopo un tempo che mi sembra interminabile arrivo in cima alla salita e di nuovo sopra i 1.400 m di quota.
Si scende fino al ristoro del 40° e qui mi fermo su una panchina a rifiatare, riempiendo di nuovo le borracce (di cui una con sali e una con acqua per come già fatto anche al 30° km) e mangiando ben 3 pezzi di una squisita crostata. Accarezzo anche l'idea di fermarmi là a mangiare crostata fino alla fine dei miei giorni, ma poi gli organizzatori mi convincono che mancano solo 9 km all'arrivo e che le salite sono terminate. Due falsità belle grandi e grosse, a cui per fortuna non credo minimamente, visto che ho studiato l'altimetria e il percorso abbastanza bene. E poi vedo visivamente in lontananza Monte Li Foj e so che per giungere al traguardo dovrò in qualche modo di nuovo scavalcarlo.
Dopo il ristoro si scende di nuovo fino a quota 1.200, per poi risalire fino a quasi 1.500 m al 45° km, punto più alto del percorso credo.
Sono quasi le 18 e sono quindi trascorse quasi 8 ore di gara, il cielo è nuvoloso e si alza un bel venticello. Sto gelando dal freddo, ma non ho la volontà di cacciarmi lo zaino e mettermi qualcosa, pur avendo dietro manicotti, scaldacollo e un gilet antivento, che per indossarlo però avrei dovuto anche poi applicarci sopra il pettorale di gara (quanto avrei voluto avere il porta pettorale in quel momento!). Ho paura che se mi fermo poi non riprendo a camminare più e quindi preferisco conservare le ultime energie per andare avanti.
Si scende nuovamente per un paio di km e poi ancora salita. Prima del 40° ero stato superato dal primo della 100 km, mentre intorno al 48° mi passano il secondo e il terzo, col quale riesco anche a scambiare qualche parola. I miei complimenti ai primi 3 che ancora corrono in salita e in discesa con una freschezza e una agilità come se avessero appena iniziato la gara (mentre sono in corsa da 2 ore e mezza più di me e con un maggiore chilometraggio!).
Nel mio piccolo raggiungo incredibilmente anche io uno della mia gara e dopo averci scambiato qualche parola (di sconforto reciproco) poi lo stacco. E il mio ritmo non è neanche di camminata svelta.
Arrivato ai piedi del Monte Li Foj intorno al 49° km vado di nuovo in crisi mentale. Ennesimo vertical: in 700m 100m di D+ che in quella fase di gara sono una mazzata. Per di più si corre nel fitto bosco, quasi al buio e al freddo essendo vicini ai 1.500 m slm. Comincio a capire il perchè dell'obbligo di portare dietro la frontale e le pile di ricambio anche per noi della 50 km... E poi non vedo più nessuno da molto tempo, ne davanti ne dietro di me, quindi nonostante le segnalazioni sempre presenti ogni tanto mi viene pure il dubbio di aver sbagliato strada.
PARTE IV
Al 50° sono di nuovo in cima al Li Foj e qua termina l'altimetria stampata sul pettorale, ma non il percorso di gara. Analizzando nei giorni precedenti la traccia so che i km sono circa 52. Ma so anche che il traguardo si trova in basso, quindi inizio a rendermi conto che la gara la finirò davvero.
Dall'altro verdsante del Foj finalmente si scende. I tratti sono tutti corribili e cerco di fare quello che posso per velocizzare la durata di gara, forzando però il meno possibile la gamba. Sto sempre con l'orecchio teso cercando di sentire qualche voce o la musica dell'area di arrivo ma niente. Solo nelle ultime centinaia di metri finalmente incontro prima un gruppo di persone intende a farsi delle foto e poi intravedo il traguardo a qualche centinaio i metri.
E proprio qui alla fine sbaglio strada perchè invece di mirare dritto verso il traguardo, lascio la larga e comoda strada carrabile e giro a destra intravedendo delle fettuccie di segnalazione. Dopo qualche centinaio di metri incontro due ragazze e chiedo se per il traguardo è quella strada da seguire. Loro, sicuramente prendendomi per uno uscito di testa, mi indicano semplicemente con la mano che la via da seguire è quella che avevo da poco lasciato.
Effettivamente poi mi rendo conto che avevo intrapreso di nuovo la prima parte del percorso... magari con la voglia inconscia di fare un altro giro

Taglio nel prato e raggiungo nuovamente la strada di prima e mi metto a correre, sperando di riuscire ad arrivarci fino al traguardo. Poi lo speaker annuncia il mio arrivo e come al solito la stanchezza e i dolori spariscono, sostituiti dalla gioia che solo il raggiungiumento del traguardo ti può dare, dopo tanta fatica fatta. Chiudo la prova 25° (su 50 arrivati e 9 ritirati) in 8h53'09'', su un totale di 52,36 km e 3.634 m D+.
Mi danno la medaglia, una bottiglietta d'acqua e un biglietto per andare a mangiare nella zona adibita. Dico allo speaker che mi chiamo "Vittorio" e non "Vincenzo" come da lui annunciato e mi avvio verso l'area di ristoro.
Qua mi dicono l'elenco delle cose che posso prendere gratis, glielo faccio ripetere più volte perchè non riesco a concentrarmi su quello che mi dice. Capisco solo che mi vuole dare del vivo e gli dico che preferisco evitare perchè devo fare un viaggio lungo in macchina. Quindi mi dicono di andarmi a sedere che ci pensano loro a portare tutto al tavolo. Dopo pochi minuti, e dopo aver avvisato casa che la gara è finita e sono sopravvissuto, mi arriva un vassoio con sopra una fagiolata con salsiccia + un mega crostino a bagno e un "contorno" fatto composto da un piatto con affettati e formaggi, con un panino e una bottiglietta d'acqua a completare l'opera. Non ho fame per niente ma mi sforzo di mangiare quasi tutta la fagiolata con la salsiccia, giusto per stare leggero. Il resto me lo porterò invece a casa.
Poi saluto il ragazzo con cui avevo fatto la prima parte della gara, il quale mi dice che è arrivato un'oretta prima di me e quinto in classifica, e raggiungo finalmente la macchina per cambiarmi e ripartire. Nel post gara come al solito già sto iniziando a dimenticare le fatiche fatte e a fantasticare su quelle future...