@Happyfra, hai centrato il punto: ultimamente ho capito che - almeno per me - l'importante non é solo finire, ma finire bene. D'altra parte, una mezza maratona non dura 21,097 km, ma é fatta anche e soprattutto dei km delle mattine sottratte al sonno, le serate passate ad allenarsi, le domeniche scippate al meritato ozio.
È la chiusura di un percorso che dura spesso qualche centinaio di km. In fondo il bello del viaggio spesso non é l'arrivo, ma il percorso, con le sua fatiche e le emozioni. Io
stavo più o meno negando quella parte a me stesso, senza accorgermene.
Il cambio di rotta o di filosofia ha una data molto precisa, 13 giugno 2019. Giorno in cui ho conseguito un Master in Business Administration alla Danmarks Tekniske Universitet. È stato un momento molto bello, perché ho potuto indossare una toga e un cappello di laurea (o
tocco, che conservo qui a casa

), mia mamma ha superato la paura degli aerei per visitare Copenhagen, trovandola al massimo del suo splendore, e avrei smesso di coniugare studio e lavoro. Ergo, un eccesso di tempo libero da sfruttare.
Lo studio e la preparazione della tesi mi avevano in effetti assorbito completamente, e la corsa ne aveva fatto le spese. Marzo, Aprile, Maggio, quasi 100 giorni senza una singola corsa. Per la prima volta da 4 anni avevo corso una sola mezza maratona - quella di Napoli - prima della corsa di casa, a metà Settembre.
Il percorso di Copenhagen é rapido e studiato bene. Strade larghe, curve lo stretto necessario. Le poche collinette della città sono saltate ad arte mantenendo le condizioni ideali per un personal best. PB che avevo in effetti conseguito a Copenhagen 3 anni prima, con 2 ore, 1 minuto e un bel po' di secondi. Tre anni sono tanti senza migliorare le proprie prestazioni... ma ci avevo mai realmente provato?
Tornando al post laurea, la questione era abbastanza semplice... cosa fare del sopra menzionato eccesso di tempo libero? Per cominciare, sapevo benissimo cosa
non fare: assolutamente nulla. Se non avessi preso una decisione netta, il lavoro avrebbe reclamato il suo spazio. Minuto dopo minuto, mezz'ora dopo mezz'ora, quel tempo libero sarebbe scomparso, diventando parte della routine quotidiana. Ed ogni attimo extra sarebbe andato in attività per spegnere il cervello, serie TV o una compulsiva ricerca su internet di notizie non così interessanti. No, dovevo fare qualcosa di questo tempo.
La mia fortuna é stata proprio il fatto che la laurea sia stata a giugno. Copenhagen mette in quel periodo il suo vestito di festa, che terrà per poche settimane, e la renderà bellissima. Nelle città nordiche si passa rapidamente da giornate cortissime - come ahimé ora che scrivo! - ad altre estremamente lunghe. La non gradualità della trasformazione influisce sulla primavera ed il mutare delle stagioni. La vegetazione, costretta a un sonno lungo e freddo, reclama il suo spazio quasi con violenza, riempendo di colori e profumi il mondo. A fine giugno alle due di mattina é già alba, e il sole andra via, per un breve pisolino, solo verso mezzanotte.
Capirete bene che in questo tripudio di luce e colori, per chi é stato mesi al chiuso, costretto da freddo, lavoro e studio, le attività all'aperto sono un richiamo improvvisamente irresistibile. "E se riprendessi a correre? In fondo la mezza di casa é lontana solo 12 settimane..."
Decido che forse dovrei fare le cose per bene. Questa volta scenderò sotto le 2 ore. Ma per farlo, dovrò impegnarmi. Faccio passare qualche giorno, e scelgo una bellissima giornata per cominciare, il 23 giugno. Farò 7.5 km appena sotto i 50 minuti, a 6:39 di media. Se é vero che non sto spingendo al massimo (del resto cominciare con un infortunio o un affaticamento non sarebbe il massimo...), é comunque 1 minuto a km oltre il necessario. 21 minuti su una mezza maratona. Una vita. Eppure saranno le endorfine, la bellissima esperienza di correre al sole e all'aria aperta, o semplicemente il ritrovare la corsa, ma per me il bicchiere é mezzo pieno! Test positivo!
Scarico un programma che inizierò a rispettare alla lettera. Anzi no. Lo confesso, non ho fatto neache una ripetuta. Nemmeno una. Ho sostituito le ripetute a corsa ai ritmi che mi potevo permettere. E un po' di fartlek, giusto per variare. Lo so, non é l'ideale. Tuttavia, saranno gli ampi margini di miglioramento, ma i tempi al km scendono. Dopo poche uscite le mie medie a km si avvicinano ai 6 minuti. Sento che per me é la strada giusta, quella della regolarità. Metto circa 40 km alla settimana nelle gambe che si lamentano appena, ma rispondono.
A inizio luglio mi iscrivo a una 10K, la Amager Strandløb, corsa vicino la spiaggia del quartiere-isola di Amager. Sará l'ambiente o soprattutto l'atmosfera da gara ma volo, volo veramente. Arrivo distrutto, mettendo a referto 5:20 di media. Sono incredulo... sono passati solo 15 giorni e sono già a ritmi ottimi. Ma devo mettere km nelle gambe.
Intanto parlo con il mio amico Ben, metà francese (si incazza se glielo faccio notare) e metà italiano (dovrei dire veneto, ci tiene!). Odia la corsa e non é in grado di correre più di 3 km. A 8 min/km di media.
Gli parlo del mio ritrovato feeling con la corsa. È una di quelle chiacchierate davanti a una birra dove si prendono decisioni importanti. Gli dico che avrebbe fatto anche lui la mezza maratona di Copenhagen. Non mi crede, ma so come fregarlo. è un ingegnere di quelli della peggior specie (lo sono anche io). Lo freghi con calcoli, dati e fatti razionali. La mia tecnica bypassa tutte le sue difese e ha un colpo finale, uno che colpisce al cuore... letteralmente. Ben é in un periodo della sua vita in cui ha bisogno di vincere una sfida e dimostrarsi capace di un'impresa. Io gliela sto servendo. La sfida ha lo stesso gusto della IPA che sta bevendo... una boccata leggermente amara che rivela un finale fruttato.
Gli disegno un programma di allenamento senza fronzoli. Solo km da mettere nelle gambe per sopravvivere alla sfida. Se lo spaventassi con variazioni, probabilmente mollerebbe. No, molti km e maledetti, fino alla meta. Lo frego dicendogli che ha tempo per decidere fino a metà agosto, quando il costo sale. Le endorfine faranno la differenza, lo so. È spacciato: il piano della IPA ha funzionato.
Tornando a me, le mie medie a chilometro - lasciando perdere l'exploit di Amager - scendono con regolarità disarmante... sono stabilmente sotto i 5:50, e difficilmente faccio parziali sopra i 6 min/km. Le giornate sono bellissime, e correre lunghi in queste condizioni é davvero facile. Il parco in cui corro ha diverse variazioni in cui é possibile passare 2 ore quasi senza toccare lo stesso punto. Cascate, sculture, laghi e meraviglie botaniche ti tengono impegnato per ore... macino chilometri senza accorgermene. Una sorta di doping, ma del tutto legale!
Porto il mio PB nei 10K a 52:37 e ormai colleziono sensazioni sempre più positive. Ma quasi nessun percorso é lineare fino alla fine... e nemmeno lo é questa storia.
A metà Agosto mi iscrivo alla Kastelletløbet, corsa sull'antico bastione in centro di Copenhagen, un saliscendi relativamente impegnativo - del resto io ho fatto tutta la preparazione in piano. Inizio agli ormai soliti ritmi: 5:30... ma al quarto km finisco la benzina. Non ne ho più. In realtà chiudo la gara in 56 minuti, ma é la sensazione di fatica (non legata alle salite, i primi km erano in piano) che mi preoccupa. Stavo andando in overtraining? Molte domande mi iniziano ad assalire, sgretolando false certezze che si erano create un po' presto.
Riprendo gradualmente, ma i giorni successivi saranno così, con le mie medie che salgono inesorabilmente oltre i fatidici 5:40 min/km. Correre un 10K sotto i 55 minuti é diventato un miraggio. Come sembra lontano il personale di qualche settimana fa...
Certo, ho trascurato un particolare importante, l'improvvisa ondata di caldo che ha portato le temperature sopra i 25 gradi. A questo non ero assolutamente abituato, e forse il mio corpo aveva bisogno di imparare a gestire questa nuova variabile.
A fine agosto e in questo clima mi toccava la DHL stafet, una bellissima gara che porta 100.000 runner a correre a Copenhagen in 4 giorni, e in squadre da 5 staffettisti su tratti da 5 km. Una gara dal carattere nazional-popolare dove tante aziende iscrivono dipendenti organizzando grigliate e buffet post-gara. Nonostante ci siano team fatti di runners in grado di completare i 5K in 18-19 minuti, l'atmosfera é molto amatoriale e aperta a tutti.
Causa assenza dell'ultim'ora, mi toccherà coprire due turni. La cosa non mi dispiace affatto, fare 10K si addice più al mio allenamento. Tuttavia é un altro supplizio. Chiuderò in un'ora e rotti i miei 2 giri, con una sensazione di fatica che mi accompagnava già dal secondo chilometro. Le domande diventano tante, mangiandosi ogni briciolo di certezza...e non ho risposte.
Paradossalmente il giorno dopo é quello della partenza per le ferie in Puglia, e spero che il tempo non sia troppo buono. Che a sole e mare preferisca nuvole per un allenamento più clemente, é una cosa che oggettivamente mi fa sorridere. Cosa sono diventato? No, un attimo, il sole ci deve essere, prendiamo tutto quello che viene con spirito positivo. Voglio andare a mare e ho bisogno dell'estate.
Ma un dato di fatto é chiaro: lascerò la Puglia solo venerdì del weekend di gara: tutta la parte finale della preparazione sarà fatta con la calura del tacco d'Italia. Oltre 30 gradi. L'unica possibilità, dato che correre di sera in litoranea non é un'opzione, é cominciare all'alba.
Il lungo finale é di 16 km e 200 metri, cominciato a 26 gradi e terminato a 33 (motivo per cui non ho continuato oltre). Mi devo fermare più volte, con la scusa di fare foto alle spiagge che incontro sul litorale salentino. In realtà recupero fiato. La media di corsa, ammesso che sia calcolabile, é sopra i 6 minuti a chilometro. Inizio a essere preoccupato, ma so che queste condizioni non sono quelle della gara. Ma questo allenamento quanto sarà efficace?
Tuttavia, come un soldato giapponese, mi faccio scudo delle emozioni. Siamo vicini alla gara e non ho molto da rimproverarmi: se ho fatto qualche errore, é per inesperienza. In genere il mio errore era rinunciare, prendere la via più breve. Con orgoglio, mi rendo conto di non aver saltato nemmeno un allenamento.
Arriveremo alla meta con onore, costi quel che costi.
Entrando nella fase di tapering, ormai fare calcoli sui tempi a chilometro non aveva molto senso... ho deciso di fare i km previsti dalle mie tabelle prendendo i tempi come venivano. Oggi so che in allenamento NON é necessario correre sempre a ritmo gara... ma all'epoca non lo sapevo. Mi preoccupava la perdita di prestazione, ma non sapevo come interpretarla. E forse non volevo nemmeno più farlo.
La vicinanza della gara ormai aveva monopolizzato la mia concentrazione. Ieratico come un monaco, avevo smesso di preoccuparmi. Ero in pace con me stesso, la gara sarebbe stata l'unica mia giudice.
Sento Ben, é preoccupato per aver saltato qualche allenamento. Gli faccio da coach, so che ce la può fare. Ha allenato il corpo, e la sua mente é forte. So che negli ultimi 5 km, quando tanti perdono la fiducia, lui ha la capacità di trovare le giuste energie. È una sua virtù. Lo tranquillizzo, e questo aiuta anche me. In fondo, se non sarà questa volta, il personale sotto le 2 ore arriverà. Ora so quello di cui sono capace.
Il giorno della gara la temperatura é freschina, ideale per correre. 13 gradi e clima tutto sommato buono, solo una leggera pioggerellina che onestamente non darà alcun fastidio. Il ricordo di 2 anni prima, con grandine e piogge torrenziali e addirittura fulmini a mandare un fotografo e un corridore all'ospedale, é per fortuna lontanissimo.
Saluto Ben e Samuel, un suo amico eritreo (che finirà la mezza in un incredibile 1h 15'44"), e vado a lasciare la borsa (loro lo avevano già fatto). Prendo il gel (che porto spesso con me, per poi non usarli mai...) nel taschino del pantaloncino, che non trovo. Piccolo dettaglio che sarebbe insignificante, se non ne implicasse un altro che forse non dovrei raccontare qui

.
Dovete sapere che per le mezze maratone uso spesso un pantaloncino Adidas di quelli con retina (ergo, senza usare boxer sotto) che trovo estremamente comodo, e che giuravo di aver indossato quel giorno. Almeno credevo.
Il problema non era in effetti la mancanza del taschino. Avevo indossato un altro pantaloncino senza retina... e senza boxer. Improvvisamente avverto il senso di... libertà della scelta. I primi metri di riscaldamento mi creano un problema legato all'assenza di contenimenti vari. Non indugio oltre su questo dettaglio, ma i pensieri erano vari... come andrà per 21 chilometri con questo assetto? Maledico me stesso e il vestirsi al buio. Curare tutti i dettagli della preparazione e cadere...
come la signora Longari 
?
Troppo tardi per pensare a qualunque cosa in ogni caso. tempo di entrare nelle griglie, che a Copenhagen sono abbastanza facili da accedere. Sale il nervosismo, lo dice la mia vescica. Per fortuna per gli uomini non ci sono file per i cosiddetti "pissoir": ne abuserò.
Si parte, tutti gli occhi su Geoffrey Kamworor e il suo tentativo non troppo nascosto di migliorare il record del mondo (che farà con un fantastico 58:01). Molti in mezzo al gruppo, più umilmente, con l'obiettivo di ritoccare il personal best. Tra questi, questa volta ci sono anche io. Che sia per provare qualcosa a sé stessi, migliorare una prestazione, spingere i propri limiti, ora per tutti é il momento della verità. Lo start é dato, il serpentone di 25.000 anime (evento sold out) é pronto a fare un giro di ventuno km e cento metri per riportarsi al punto di partenza.
Intanto ho deciso di non stare con i pacers, e mettermi al mio ritmo, qualunque esso sia. Non ho idea di come andrà, ma ho lavorato tanto e voglio essere io a dettare il mio ritmo. In fondo me lo devo.
Parto con i primi 5 km in estrema regolarità a 5:30. Bene, dico io... nessun fastidio, l'andatura va bene, la sento anche comoda... ma manca tanto. In fondo non ho fatto un medio più lungo di 16 km. Ma le sensazioni sono buone, guardo il paesaggio, l'entrata a Norrebrø meno colorata del solito, peccato...
Arrivato al primo ristoro, per la prima volta da quando faccio mezze maratone, mi accorgo di... non averne bisogno. Bevo e mi idrato, certamente. Ma tutto avviene rapidamente. Non mi fermo inconsciamente a recuperare respiro. Sto bene. Sto bene. Sto bene. Non é solo un dato di fatto, é un mantra. L'allenamento sta pagando?
Nonostante i secondi persi per il rifornimento chiudo il quinto chilometro a 5:29 e il sesto con 5:15 di media. Non é che decida di spingere di più, le gambe vanno da sé. Chiudo 10K in 55 minuti, abbandonando la bella e austera Frederiksberg, e continuerò con una grande regolarità intorno a 5:25 di media per tutti i successivi 10 km. So che gli ultimi 4-5 saranno duri, perché la benzina inizierà a terminare.
Curiosamente arrivo al rifornimento del 15-16simo chilometro pensando: "di già???". Vi assicuro, non mi era mai capitato. Mi rendo conto che ne ho, che le 2 ore ormai sono cosa quasi assodata. Posso provare a spingere. La benzina sembra esserci.
Passando da Vesterbro alla zona del "diamante nero", come é chiamata la biblioteca reale, ormai ci involiamo verso il centro. Chiudo il 17simo chilometro non credendo ai miei occhi, perché il primo numero del parziale é un 4, seguito da 54 secondi. Calma, mancano 4 km... ma pur rallentando inconsciamente, non riesco ad andare a ...meno di 5:15 per i 2 km successivi. Ed é lì che mi rendo conto che ormai, sotto le 2 ore ci arrivo anche rallentando paurosamente... é ora di sganciare il paracadute. È ora di dare tutto, di volare, almeno per i miei ritmi, per il mio passo. E sto bene! Faccio zig zag tra la gente, non mi sembra vero. Forse una parte di me vorrebbe finire, ma lo ammetto, una grossa parte vorrebbe che quel momento non finisse mai.
Chiudo il 21simo km in 4:55, ma mancano altri 600 metri che farò in 4:38. Tempo finale 1:54:09, con una media di 5:18. Non ci credo.
La prima riflessione é quella più banale, quasi lapalissiana. L'allenamento paga. La corsa paga sempre i suoi debiti, ed allo stesso tempo esige i suoi crediti:
se non ti alleni, soffri e la tua prestazione ne risente. Non ti puoi appellare a un fuorigioco inesistente, a un capo che preferisce un tuo collega, all'allineamento tra Saturno e Giove. È tutto tra te e la corsa, senza fronzoli.
Prendo la medaglia, mi rifornisco, faccio abbondante stretching e aspetto Ben. Controllo la app del tracking, che é molto buona, e vedo che sta avendo uno split negativo. Come previsto, la testa gli sta dando le energie giuste per terminare.
Chiuderà in 2h45' ma il tempo non conta, era una sfida con sé stesso e l'ha vinta. Quando gareggi con te stesso, vinci per definizione se... superi te stesso, se dai il 100%, se vedi dei limiti e li abbatti. Lui aveva fatto tutto questo, mi aveva reso orgoglioso come per il mio superamento dei miei limiti. La corsa non é davvero qualcosa di meraviglioso?
PS L'esperienza con il pantaloncino é andata bene e non ho avuto alcun fastidio... ma ho deciso di provare a non ripetere l'esperienza alle gare successive
