La fine del 2016, il mio primo anno di corsa, ha visto due gare dopo l'Islanda. Copenhagen, la gara di casa, con tutte le emozioni del caso, e una gara in Francia. Su di questa ci sarebbe molto da dire, é una di quelle gare che ti lascia tanti ricordi... ma quale non lo fa?
In realtà dovendo parlare di Copenhagen, preferisco farlo partendo dalla gara del 2017. Io credo che ogni runner abbia una gara, quella gara, che ricorderà sempre. Quella del "c'eri anche tu quella volta eh?", seguito da quello sguardo che racconta partecipazione e comunanza.
Ma andiamo per ordine: mattina perfetta. Quell'anno la mia amica Cristina non é venuta a trovarmi per la corsa, e sono solo ad organizzarmi, con i miei tempi. Sale l'eccitazione mentre la macchinetta nespresso grugnisce il suo caffé. Sono le 8:15, tre ore esatte prima della partenza finisco la colazione. Benissimo (é la mia settima mezza, e noto di aver sviluppato una routine pre-gara che ormai va abbastanza bene).
Sono sincero, non mi sono allenato tanto questa estate. Il sogno di scendere sotto le 2 ore é un miraggio. Correrò a sensazioni, spingendo e "que serà, serà". Ma no, quella corsa sarebbe stata diversa.
Faccio in bicicletta i circa 8 km che mi separano dal Fælledsparken, luogo della partenza. Parco di un verde bellissimo e curato come tutti i parchi della città. Parcheggio la bici come migliaia di runner... si respira entusiasmo! Il sole ci degna di un bacio che riscalda i 16 gradi senza vento... condizioni perfette! Le operazioni successive scivolano via veloci, agevolate dalla bella organizzazione... si va nei blocchi, é quasi ora!
Scherzo con una ragazza italiana, e si parla della bellezza della giornata. In effetti era prevista pioggia e non c'é una nuvola manco a dirsi, a parte un piccolo pennacchio grigio lontano. Molto lontano.
Parte il nostro gruppo, finalmente! Mi rendo conto di riuscire a mantenere un 5:40-5:50... iniziano le sensazioni... sto dando troppo, o sono davvero vicino al muro delle 2h?
Al 2km mi prende un dolore al soleo con cui ho imparato a convivere. Bisogna stringere i denti, so che sparirà intorno al sesto. Lo farà. La mancanza di dolore mi fa recuperare quei 5-6 sec/km che avevo perso... corro con scioltezza sui 5:40... vuoi vedere che...? Il vento si é alzato leggermente nel frattempo, ma sono tutto concentrato sui miei calcoli mentali. Intanto il vivace quartiere di Nørrebro é quasi alle spalle, ci avviciniamo alla residenziale, un po' austera, Frederiksberg. 8, 9 km... quasi metà gara. Stesso ritmo, stesse sensazioni. Ma é adesso che sarebbe cominciata tutta un'altra gara.
La pioggia inizia quasi beffardamente esattamente a metà del decimo km. Il tempo voleva avvisarmi, mi aveva dato il lusso di correre una metà in condizioni perfette, prima di scatenarsi. Da pioggerella leggera e addirittura piacevole dell'undicesimo km, inizia a rivelare la sua vera natura poco dopo: i successivi 3 km si scatena un acquazzone di quelli che, onestamente, non ho mai visto in Danimarca. La mia t-shirt dri fit é tutto che dry, e avverto il suo peso ed il freddo. Nessuno parla, l'atmosfera non é quella di festa e gioia di un quarto d'ora fa. Il serpentone si dirige al traguardo in silenzio.
Arriva la grandine. Chicchi grossi. quando incontra il braccio in risalita fa effettivamente male. Si deposita sulla strada, continua a tempestarci. Il suo rumore copre tutto.
Mi guardo, cerco di capire se qualcuno si ritira. Mi vergogno un po' a dirlo, ma se ne vedo due o tre lo faccio anche io. Non lo fa nessuno. Che molti aspettassero il primo? Si va. I tempi a km sono simili a quelli precedenti... ma non penso più al tempo finale. Visibilità e preoccupazione per quello che può succedere occupano la mia mente. Non ho mai corso una gara con la pioggia e ora questo! Un tuono squarcia l'atmosfera con un suono quasi innaturale intanto.
La grandine ora cede il passo di nuovo alla pioggia torrenziale. Sembra una strategia ben definita. Ma siamo al 18simo km... si torna verso la città. La piazza di Kongens Nytorv dovrebbe essere al 19simo, ma non lo so... mi fanno male le braccia per vedere il Garmin, e ho perso il cartello. C'é vento, sono stanco ma non mollo... finirò intorno alle 2 ore, ma probabilmente un paio di minuti in più. Un altro tuono romba furioso come se fosse dietro di me. Pazienza, va bene... portiamola a casa!
L'ultimo tratto ha una pendenza minima per creare fatica. Ma sufficiente perché l'acqua crei in torrente: corriamo gli ultimi 2 km in mezzo metro d'acqua. A parte la sensazione di freddo e fastidio, siamo costretti a camminare. Non vediamo marciapiede, tombini, pendenze, ostacoli sulla strada. Il serpente frena nel suo arrivo e così faccio io. Finisco in un 2h 04'12" che, tutto sommato, mi rende orgoglioso.
Con la medaglia al collo e mentre il sole fa capolino beffardo, ascolto l'organizzazione sancire che la gara é in quel momento cancellata. Scoprirò il perché: 3 runners sono state colpite (indirettamente) da un fulmine e portate in ospedale. Per fortuna, senza conseguenze.
Torno nel parco, dove il verde non c'é più, lasciando al suo posto a quello che sembra l'incrocio tra una risaia e le sabbie mobili. L'adrenalina é a mille per l'impresa: provo vergogna a solo aver pensato di ritirarmi... Paradossalmente dopo lo stop alla gara ora il sole é forte, e non ci sono più nuvole: quasi come se avesse ottenuto il suo risultato.
Mi faccio consolare dal suo abbraccio... in fondo mi ha regalato una grande esperienza e una sfida con me stesso. Ci saranno altre edizioni per il personal best e con condizioni ideali. Ma questa é un'altra storia.
