Ho ricordi piuttosto annebbiati della mia infanzia. Ero un bambino non particolarmente felice, conteso dai genitori in una delle tante storie di divorzio. Sono cresciuto con i miei nonni nelle colline parmensi e tutto sommato, tra alti a bassi sono arrivato all'adolescenza senza eccessivi problemi.
Il periodo delle scuole medie per me è stato quello in cui tutta la mia instabilità e la mia insicurezza sono venute a galla. A scuola andavo abbastanza bene, ma ero incostante e soprattutto non mi piaceva nulla di ciò che facevo. Iniziarono forti contrasti con mio padre e il rapporto con lui andò a sgretolarsi rapidamente.
In quel periodo iniziai anche a mettere ai piedi le scarpette d'atletica, quasi per gioco. Feci qualche corsa con un gruppo di amatori e podisti della zona, iniziai a fare qualche garetta in pista e qualche allenamento e dopo qualche mese vinsi il titolo di campione regionale su pista dei mille metri categoria ragazzi in 2:57. Se non vado errato avevo 13 anni.
Dopo un paio di mesi iniziarono le mie prime campestri, quelle scolastiche: vinsi rapidamente il titolo di campione provinciale e poi quello di campione regionale e mi ritrovai nella mia prima finale dei campionati italiani di campestre, dove conclusi con un buon terzo posto. Ero divorato dalla tensione, dalla paura e dall'inesperienza e gestii in maniera pessima una gara che probabilmente sarebbe stata mia. Nel frattempo la mia situazione familiare continuò a peggiorare. Vivevo con un padre che riversava su di me tutto il suo odio represso e che arrivò a cercare di farmi fuori, caricandomi su una macchina e portandomi su una collina, dalla quale scappai di corsa. Questa è la prima volta che racconto questo avvenimento in pubblico.
Da quel momento mio padre decise che sarei andato in collegio con i frati e che avrei continuato i miei studi e i miei allenamenti in quel posto. Iniziai il liceo scientifico e nel frattempo passai di categoria e divenni cadetto. Cedetti definitivamente all'apatia, al nervosismo e alla pressione. Non mi piaceva nulla della mia vita e vivevo tutto in modo molto negativo. Incluso sport e studio. In quell'anno non mi allenai quasi mai (solo nel week end quando tornavo a casa) e studiai pochissimo. Riuscii tuttavia a concludere l'anno vincendo il titolo regionale dei 2000 metri in 6:04, battendo la concorrenza degli atleti più grandi e facendo uno dei migliori crono italiani di categoria. Mi qualificai alla finale dei campionati italiani su pista dove arrivai completamente scarico e conclusi con una prestazione non molto brillante sui 2000 metri, che mi diede circa la decima o dodicesima piazza. Vinsi anche il titolo di campione regionale di corsa campestre. Conclusi l'anno scolastico con buoni voti. Insomma, i risultati c'erano, ma non certo per il mio impegno, dato che non studiavo e non mi allenavo: tutto ciò che sapevo è che volevo semplicemente volare via. Avevo 14 anni.
L'anno successivo, smisi completamente di allenarmi. Salvo qualche eccezione, gareggiavo e basta. Complice il mio talento e un altro anno di sviluppo, riuscii comunque a dominare a livello regionale e a concludere l'anno con il medesimo crono nei 2000 dell'anno precedente: 6:04. Nel frattempo ero sempre più alienato.
L'inverno successivo, iniziai per la prima volta ad allenarmi seriamente. Era l'autunno che precedeva il mio passaggio nella categoria allievi. Mi allenai intensamente per tutto l'autunno e dopo tre mesi di lavoro ben strutturato, iniziai a fare i primi test in allenamento che confermavano che a dicembre (ancora non ero passato alla categoria allievi, ero ancora cadetto), valevo già meno di 9 minuti nei 3000. Andavo fortissimo. Nel frattempo la situazione in casa si deteriorò ulteriormente e decisi che non volevo più vivere con quella tensione addosso. Non ne potevo più. Avevo 15 anni quando, una notte, decisi di abbandonare per sempre la mia casa. E con essa mollai gli studi, l'atletica e ogni altra cosa.
Dissi addio a mio padre e andai a vivere da mia madre. Iniziai a fare i miei primi lavoretti e a guadagnarmi i primi soldi. Iniziai anche a frequentare altre scuole, che sistematicamente abbandonavo appena mi si presentava l'occasione di lavorare. Iniziai a costruirmi la mia semplice quotidianità, a vivere con serenità e a metter da parte un'adolescenza travagliata.
A 18 anni ebbi finalmente modo di intestarmi un affitto. Ricordo quegli anni come un periodo abbastanza vuoto, sereno ma superficiale. Come se avessi tirato il fiato per qualche anno. Ero sereno, finalmente, ma mancava qualcosa.
Come sempre, sono spesso dei piccoli eventi a trasformare le nostre vite. Quando avevo 22 anni, mi recai in Trentino con la mia ragazza dell'epoca per trascorrere le vacanze estive. Iniziammo a visitare castelli e musei. Nel castello di Rovereto, vi era una mostra fotografica. Non so se si trattasse di una mostra permanente e solo temporanea. So solo che fece scattare qualcosa in me che non si è più fermato. Si trattava di scatti che documentavano il genocidio degli Armeni.
Non furono le foto a colpirmi, ma un pensiero fisso: era esistito un evento tanto tragico e brutale da causare la morte di un milione di persone, ma io non ne avevo mai sentito parlare. Mi resi conto di quanto ero piccolo e limitato. Iniziai a chiedermi quante altre cose non sapevo. Era la sete di conoscenza che arrivava impetuosa e che da allora non mi ha più abbandonato. In poche settimane, il ragazzino allergico ai libri, si tramutò in un topo da biblioteca. Leggevo, studiavo, cercavo. In breve tempo divenni un appassionato di geopolitica, di storia e di giornalismo.
Col tempo, iniziai ad essere ancora più curioso, a voler vedere con i miei occhi. Sentivo che i libri non bastavano più. Organizzai il mio primo viaggio e decisi di partire alla volta di quella bella nazione che mi aveva fatto nascere questa forte curiosità per il mondo: l'Armenia. Visitai quasi tutto il Caucaso città per città: Georgia, Armenia, Nagorno-Karabakh e Azerbaijan.
Mentre mi spostavo da una città all'altra, balzando su mezzi scassatissimi, capii che quella incredibile sensazione di libertà era il vero motivo della mia vita e che ad essa avrei dedicato la mia esistenza: il viaggio era diventato il centro del mio mondo. Da allora non ho più smesso di essere un viaggiatore e ho finalmente iniziato a sentire il sapore della mia esistenza. Oggi sono un felice viaggiatore che sogna di aprire la propria agenzia di web design a Yerevan (Armenia).
Il mio amore per il viaggio ha acceso altre passioni ad esso correlate (fotografia, documentarismo ecc.), ma ultimamente mi ha fatto un altro regalo. Andiamo indietro di una decina di mesi. Era agosto e mi trovavo nel sud dell'Iran, in uno delle mie aventure. Mi stavo arrampicando su per una collina insieme ad un viaggiatore polacco conosciuto un paio di giorni primi, quando ho iniziato a sentire una potentissima sensazione di libertà. Ho iniziato a correre, a saltare, ad arrampicarmi come fanno i bambini, senza un motivo, seguendo la gioia e le emozioni che percepivo.
Al mio ritorno, ho rimesso le scarpette ai piedi, dopo un decennio. Senza ambizioni, solo per rivivere quella bellissima sensazione. Tuttavia ho iniziato a sentire un dolore ai tibiali che ha iniziato a impedirmi la corsa. Reputandolo un fatto normale dopo un decennio di inattività, ho deciso di correre più saltuariamente e fare del ghiaccio. Nel corso delle settimane, non sentendo benefici, ho deciso di interrompere per un mesetto per dare al mio corpo il tempo di riprendersi.
A dicembre sono partito per un altro viaggio e al mio ritorno, confidando che la situazione si fosse normalizzata, ho ricominciato a correre. In sole due settimane di corse leggere, mi sono trasformato in un atleta in grado di correre quasi un'ora a circa 4:00 al chilometro senza sforzo. Nel frattempo il tibiale ha ricominciato a farsi sentire e questo mi ha portato a capire che evidentemente non si trattava di un fastidio passeggero, ma di qualcosa che non funzionava. Ho interrotto nuovamente l'attività, mi sono recato a fare un sacco di controlli e ho iniziato a fare la tecarterapia. Tuttavia, accorgermi che riuscivo a correre a 4:00 al chilometro con una semplicità disarmante (sarei già stato in grado concludere una mezza maratona a quel ritmo) dopo un decennio di inattività e in solo due settimane di allenamento, mi ha fatto capire che il motore c'è ancora. Questo ha risvegliato anche le ambizioni agonistiche.
La pausa forzata, mi sta dando modo di riflettere e mi sta facendo nascere una domanda: e se io fossi in grado di riprendere quel filo spezzato dieci anni fa? La voglia di correre è tantissima e ho avuto modo di appurare che il mio talento è intatto. Ero un ragazzino sicuramente destinato al professionismo che non aveva il coraggio di percorrere la propria strada. Ora ho una nuova serenità e una grande passione per il viaggio, per l'atletica e per la vita.
Così, in questi giorni un'idea pazza si è fatta strada: e se riuscissi a costruire un nuovo sogno, ovvero a diventare un atleta/viaggiatore che gira il mondo e che si cimenta nelle maratone e nelle mezze maratone in ogni angolo del globo? Perchè non provarci!

Il mio primo obiettivo è quello di riuscire a superare questo infortunio (anche perchè ormai sono in crisi d'astinenza da endorfine). Spero quindi di riuscire a ricominciare a correre a marzo, mese in cui compirò 26 anni. Sarebbe un ottimo regalo di compleanno!
